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SAN GENESIO
TRA PONTE A ELSA E LA SCALA: IL SITO ARCHEOLOGICO DI SAN GENESIO
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Fig.1. San Genesio così come si vede dalla Tosco Romagnola |
Sul fatto che in passato fosse esitito un borgo denominato San Genesio non era un segreto per nessuno, della consapevolezza che, a più riprese, ad opera di agricoltori locali fossero riemerse dai terreni delle tracce evidenti che in quella precisa area del Comune di San Miniato ci fosse stato qualcosa per la quale sarebbe valsa la pena concentrare un po' più di attenzione, anche questo era un fatto risaputo, ma che lungo la SS67 Tosco Romagnola Est, tra le frazioni di Ponte a Elsa e La Scala esistesse una vera e propria necropoli, le cui origini più remote si fanno risalire niente di meno che al VII secolo a.C. questo certamente era sconosciuto a tutti.
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Fig.2. la targa in corrispondenza del sito |
La
sua riscoperta, avvenuta in maniera fortuita in seguito a dei lavori di
sbancamento che nel 2001 vennero effettuati in quest'area, ha
riportato alla luce un capitolo di storia e di una civiltà antica,
lontanissima da noi nel tempo, ma vicinissima nello spazio, tale che
dovremmo andare orgogliosi e al tempo stesso testimoni della sua
importanza.
Di
fatto, interrotta frettolosamente l'attività di sbancamento, che fin da
subito ha riportato alla luce oggetti dei quali si è compreso ben
presto l'importante valore archeologico, è iniziata la lenta opera di
indagine, scavo e catalogazione dei reperti che a poco a poco il terreno
restituiva dopo un oblio di almeno 700 anni!
La
cosa interessante è stato riscoprire che in questo luogo non è esistito
il solo insediamento di San Genesio, bensì più insediamenti, Vico
Wallari appunto ne è un esempio, questi si sono sovrapposti con fasi
alterne di fortuna, importanza e durata, e con una sola data certa, anno
1248, quello che sancirà la fine di borgo San Genesio, è documentato
infatti che in quell'anno, i sanminiatesi, per sottrarre a Lucca i
domini ritenuti di propria pertinenza, decisero di porrè definitivamente
termine alla comunità che viveva ai piedi del colle, ritenuta ormai da
tempo una rivale scomoda e una spina nel fianco per gli interessi della
roccaforte federiciana, arrivando così a prendere la drammatica
decisione di radere al suolo l'intero abitato.
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Fig.3. Parte degli scavi nei pressi dell'antica pieve. |
L'abitato,
per la sua favorevole centralità rispetto ad altri importanti centri
della Toscana, conobbe intorno al 1100 un notevole sviluppo, qui fu
eretta un'importante pieve nella quale furono, a più riprese indetti
degli incontri con quelli che oggi chiameremo i "vertici del potere",
per dirimere importanti questioni di carattere politico e religioso,
verrebbe quasi da dire che a pochi metri da casa è passata la grande
storia, quella che nello scacchiere geopolitico di quei tempi ha
inevitabilemente influenzato anche quegli eventi che si sarebbero
succeduti da dopo di allora.
Non
vorrei dilungarmi oltre in spiegazioni che meglio di me potranno dare
coloro che in prima persona si sono prodigati sul campo nella ricerca
della verità storica, degli avvenimenti e dei fatti che hanno riportato
alla luce in nome della "conoscenza" per noi cittadini del terzo
millennio, offrendoci uno spaccato delle vicissitudini di quelle lontane
genti che molti secoli prima della nostra epoca hanno vissuto su quelle
stesse terre che noi ci accingiamo ogni giorno a percorre avanti e
indietro; rimando pertanto con questo link ad approfondimenti sulla
materia trattata. http://www.paesaggimedievali.it/luoghi/genesio/index.htm
CASTELVECCHIO
LA CITTA' PERDUTA
la prima parte del sentiero |
La Toscana come sappiamo è una regione che ha conosciuto sul suo territorio l'avvicendarsi di molte civiltà ed epoche storiche, dal remoto passato etrusco per passare al dominio romano e ancora il Medioevo, il Rinascimento e così fino ad arrivare all'epoca contemporanea.
Ogni epoca ha regalato ai cittadini del XXI secolo un patrimonio dal valore inestimabile del quale troppo spesso si è portati a dimenticare, gioelli di arte urbanistica e archiettonica che sono il risultato del genio dei nostri predecessori, della loro necessità di trovare un'armonia con un'ambiente che già porta con se un valore intrinseco immenso e che dall'ambiente hanno ricavato le materie prime semplici e durevoli per costruire grandi città, castelli, borghi e insediamenti che sono giunti fino a noi.
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Le rovine del mastio |
La città di cui però vi voglio parlare non rientra in nessuna di queste categorie, questa città è ormai tornata a far parte della natura, inghiottita da essa ormai da lungo tempo, una città che ha conosciuto intorno al 1200 un periodo di splendore e che ora è solo un insieme di rovine in balìa degli elementi, vi voglio parlare della città perduta di Castelvecchio.
Quando mi ci hanno portato per la prima volta, nel momento esatto in cui, alla fine di un sentiero sconnesso nel folto della selva mi sono trovato davanti agli occhi una torre che svettava da una mare di verde sono rimasto meravigliato, una meraviglia dettata dal fatto che semplicemente non te l'aspetti!
La prima sensazione che pervade l'osservatore è lo stupore, non di rado infatti, per chi ama fare lunghe passeggiate in mezzo alla natura capita di imbattersi in ruderi di vecchie fortificazioni medievali, di pievi isolate, o di qualche avamposto d'avvistamento, ma Castelvecchio no, qui c'è molto di più, scendendo dal sentiero per poi risalire lungo lo sperone roccioso che ospita il mastio, si offre infatti al visitatore la vista di un'autentica città perduta, una Angkor in piccolo nelle foreste di casa nostra!
La chiesa |
Cisterna per l'acqua |
Ora come allora, le case, ormai crollate, erano lo spazio quotidiano entro il quale si svolgeva l'attività delle famiglie, al suo interno avremmo visto bambini e adulti che animavano l'intimità del focolare, mentre affacciandosi per le strade prendeva vita ogni giorno il via vai dei cittadini che movimentavano la piazza, le botteghe, i luoghi di culto e gli edifici dedicati alla vita istituzionale, avremmo visto certamente mercanti e artigiani, maestranze impegnate nelle loro attività, guardie di presidio sulle mura di cinta, uomini di chiesa intenti a diffondere il Vangelo; ma tutto ciò, se mai corrispondesse anche alla realtà di quei tempi, prende forma solo nelle menti più fantasiose, di fatto, di tutta questa vita decantata non resta nient'altro che la fredda pietra, rovinata su se stessa dopo secoli di silenzio e solitudine, interrotta sporadicamente dalle voci sommesse dei rari visitatori del luogo.
L'ultima considerazione ha un sapore amaro, dettato dalla constatazione che un sito archeologico di così alto valore culturale e storico conosca ancora ai giorni nostri il quasi totale abbandono da parte di tutti quegli organi preposti a mantenere, sorvegliare e valorizzare un luogo che è testimone diretto del nostro passato, confidando in un rapido cambio di rotta prima che anche le ultime tracce vadano perdute per sempre, invito chiunque a dedicare un ritaglio del proprio tempo per andare a vedere le rovine di Castelvecchio!
LAGO SCAFFAIOLO
Fig.1. Il lago Scaffaiolo visto dal Rifugio Duca degli Abruzzi. |
Scritto da Fabio Cappelli
Il Lago Scaffaiolo (1775 m slm) è un piccolo e suggestivo specchio d'acqua incastonato in una conca naturale dei rilievi dell'Appennino Tosco-Emiliano.
Il Lago Scaffaiolo (1775 m slm) è un piccolo e suggestivo specchio d'acqua incastonato in una conca naturale dei rilievi dell'Appennino Tosco-Emiliano.
La bellezza dei luoghi è
dettata dall'amenità del paesaggio, semplice e magnificente al tempo
stesso, in concomitanza di giornate particolarmente limpide lo
sguardo dell'osservatore può muoversi a tutto tondo, le distanze
sembrano annullarsi tanto che in un istante la grande Val Padana
sembra rimpicciolita e le lontane Alpi quasi a portata di mano, la
tavolozza dei colori è ampia “il giallo del sole, l'azzurro del
cielo, l'indaco del lago, il verde dell'erba, il grigio della roccia,
il bianco delle nubi”, accentuati per di più da una nitidezza e
un'intensità fuori dall'ordinario.
Al Lago Scaffaiolo, dal
versante toscano, vi si arriva dalla SS 12 dell'Abetone, in località
Casotti si oltrepassa il ponte sul torrente Lima diretti verso il
pittoresco borgo di Cutigliano (sosta consigliata), attraversato il paese continuiamo per
almeno altri 15 km verso la Doganaccia, giunti sul grande piazzale
sottostante gli impianti di risalita, procediamo a piedi per dei
sentieri ben segnalati.
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Fig.2. Panorama su un segmento del tragitto |
Il tragitto fra andata e
ritorno, misura non più di 7 km, ed inizia con una tortuosa e
sconnessa strada panoramica, percorribile peraltro in auto anche in
doppio senso di marcia; la strada conduce al Passo della Croce Arcana
e da li, proseguendo, entreremmo in Provincia di Modena; per giungere
al Lago Scaffaiolo esistono almeno due possibilità, la prima
(percorribile solo a piedi) ci viene data quando, in prossimità di
un tornante della strada sopracitata, troviamo alla nostra destra
proprio l'indicazione verso il Lago, trattasi di una mulattiera che
s'inerpica breve, ma vertiginosa, lungo il versante sud della
montagna, l'altro invece, più a monte e meno aspro, lo intercettiamo
pressapoco all'altezza del già citato Passo della Croce Arcano, da
qui proseguiamo sempre a destra lungo il crinale prendendo come
riferimento delle antenne/ripetitori, in ambedue i casi i sentieri
vanno a convergere successivamente in uno solo che porta infine al
lago.
Nella stagione invernale
il Lago Scaffaiolo è coperto completamente dalla neve e dai ghiacci,
il periodo più adatto per visitarlo è senza dubbio l'estate, ad
ogni modo assolate giornate di di tarda primavera o di inizio autunno si
prestano benissimo per delle belle escursioni a piedi o in mountain
bike; sulle basse acque del lago si specchia, monolitico, il Rifugio
Duca degli Abruzzi, una solida struttura in pietra e cemento in grado
di offrire al visitatore un piacevole momento di relax, tutto intorno
si aprono ampi prati a mo di terrazza sulle vallate sottostanti che
inducono in maniera spontanea grandi e bambini a sdraiarsi sotto i
caldi, quanto subdoli raggi solari che a queste quote risultano
oltremodo ustionanti!
Fig.3. Al lago a piedi |
I tempi di percorrenza
per raggiungere il Lago Scaffaiolo sono ovviamente variabili!
Normalmente a piedi si può impiegare circa 1.00 h all'andata e poco
meno per il ritorno, in mountain bike i tempi sono pressoché
dimezzati.
Chiunque abbia intenzione
di cimentarsi in questa escursione, per quanto di modesto impegno, è
bene che consulti il meteo prima di mettersi in cammino, i
cambiamenti climatici in montagna non sono rari e spesso sono
caratterizzati da violenti acquazzoni e repentini
abbassamenti della temperatura, l'abbigliamento deve essere comodo e
leggero, tuta e scarpe da ginnastica andranno bene, da evitare
indumenti troppo stretti e pesanti e calzature col tacco o i sandali,
per i bambini prevedete anche un cappello; abbiate l'accortezza di
portare con voi dell'acqua e qualcosa da mangiare, da non scordare un
po' di contante e il cellulare (carico!), e per chi non teme i
carichi in eccesso e cela dentro di se lo spirito dello sherpa, ogni
altro accessorio o indumento (bastoncini da montagna, zaini, k-way,
telo mare, crema solare, thermos) può risultare utile.
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Fig.4. Al lago in mountain bike |
In mountain bike state
leggeri, la salita non manca e non mancheranno neppure le insidie
dovute a rocce scivolose, brevi passaggi tecnici e non ultimo gli
escursionisti a piedi che vi obbligheranno sovente a dover scendere
dalla bicicletta; casco, vettovaglie e giacche antivento sono
d'obbligo, per il resto valgono gli stessi principi degli
escursionisti a piedi.
LUCCHIO
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Fig.1 Panoramica di Lucchio |
Scritto da Fabio Cappelli
Narra la leggenda che in questo borgo, tenacemente abbarbicato sulla sommità di uno sperone di roccia al confine tra le provincie di Lucca e Pistoia, le galline vadano in giro con le mutande! La leggenda trarrebbe origine dal fatto che l'abitato, sviluppatosi quasi verticalmente sullo scosceso costone di roccia, avrebbe indotto i suoi abitanti, per evitare che le uova, preziosa fonte di sussistenza andassero rovinosamente perdute rotolando a valle, ad imbragare i mansueti pennuti! Verità o leggenda metropolitana? E chi lo sa? Non resta che andare a verificare di persona!
Narra la leggenda che in questo borgo, tenacemente abbarbicato sulla sommità di uno sperone di roccia al confine tra le provincie di Lucca e Pistoia, le galline vadano in giro con le mutande! La leggenda trarrebbe origine dal fatto che l'abitato, sviluppatosi quasi verticalmente sullo scosceso costone di roccia, avrebbe indotto i suoi abitanti, per evitare che le uova, preziosa fonte di sussistenza andassero rovinosamente perdute rotolando a valle, ad imbragare i mansueti pennuti! Verità o leggenda metropolitana? E chi lo sa? Non resta che andare a verificare di persona!
A Lucchio, questo è il
nome del piccolo nucleo di case in scuri conci di pietra grigia, di
galline non ce n'è neppure l'ombra! Solo qualche sparuta colonia
felina si aggira guardinga e sorniona qua e la per i vicoli stretti e
ripidi e che con'inesauribile pazienza si arrampicano da valle fino a monte; il paese
colpisce subito per la sua semplice e al tempo stesso ardita
urbanistica, al culmine di esso domina su tutta l'area circostante
ciò che resta di una antichissimo fortilizio, eretto forse già in
epoca romana, a valle invece, incastrate in un gola stretta e
tortuosa scivolano fragorose le acque del torrente Lima; a Lucchio, per quegli
edifici lasciati in balia degli elementi ve ne sono altri in un
ottimo stato di conservazione, il paese, inserito in un contesto di
media montagna, si è nel tempo progressivamente spopolato, chi infatti fu
giovane alcuni lustri or sono, emigrò altrove in cerca di condizioni
di vita migliori lasciandosi alle spalle una realtà fatta di
stenti, miseria e isolamento, come pure però un gioiello di borgo che oggi aspetta soltanto di essere riscoperto; gli archi che passano sotto le case, le strade di ciottoli consumati, i piccoli giardini pensili affacciati sulla vallata, i tetti in cotto coperti di muschio, la roccia modellata per far passare vie che si dipanano ovunque nel paese con una trama irregolare e che stanno li da tempi immemorabili arpionate alla verticalità del colle con gli edifici a far loro da cornice.
Oggi il paese conta circa
una cinquantina di abitanti che aumentano leggermente di numero con
l'arrivo della bella stagione, la povertà, un tempo dilagante ha
lasciato spazio nella zona, al fiorire di nuove realtà economiche, prima fra
tutte il turismo, sia in inverno che in estate; la vicinanza di
rinomate stazione sciistiche, la possibilità di inoltrarsi a piedi,
in bicicletta o a cavallo lungo sentieri immersi nel verde di
magnifici boschi secolari, muovono durante tutto l'arco dell'anno un
cospicuo numero di persone, d'altro canto la sempre più
ritrovata sensibilità nell'apprezzare luoghi fuori dai classici itinerari del turismo di massa e la più
pressante esigenza dell'uomo moderno di fuggire dalla quotidianità alienante della
città, diventano motori trainanti e fattori di investimento che
hanno portato ad un progressivo miglioramento della viabilità, dei
servizi e dell'offerta di questo comprensorio, innescando così un circolo vizioso che
invoglia ulteriormente le persone a spostarsi, e facendo si che in
tal modo luoghi come Lucchio, un tempo abbandonati, possano, perchà no, conoscere una stagione di rinascita.
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