LUOGHI

Elenco dei luoghi:

- SAN GENESIO
- CASTELVECCHIO
FONTI ALLE FATE
- FONTI DI PANCOLE  
- LAGO DI SCAFFAIOLO
- LUCCHIO
MONTEFALCONE 
MORIOLO
PANIA DELLA CROCE




SAN GENESIO 
TRA PONTE A ELSA E LA SCALA: IL SITO ARCHEOLOGICO DI SAN GENESIO



Fig.1. San Genesio così come si vede dalla Tosco Romagnola
scritto da Fabio Cappelli

Sul fatto che in passato fosse esitito un borgo denominato  San Genesio non era un segreto per nessuno, della consapevolezza che, a più riprese, ad opera di agricoltori locali fossero riemerse dai terreni delle tracce evidenti che in quella precisa area del Comune di San Miniato ci fosse stato qualcosa per la quale sarebbe valsa la pena concentrare un po' più di attenzione, anche questo era un fatto risaputo, ma che lungo la SS67 Tosco Romagnola Est, tra le frazioni di Ponte a Elsa e La Scala esistesse una vera e propria necropoli, le cui origini più remote si fanno risalire niente di meno che al VII secolo a.C. questo certamente era sconosciuto a tutti.
Fig.2. la targa in corrispondenza del sito
Vico Wallary, così come riporta una targa con scritta bianca su sfondo marrone, è uno dei toponimi con il quale il borgo di San Genesio è stato denominato nel corso dei secoli con l'avvicendarsi delle popolazione che qui si sono stanziate.
La sua riscoperta, avvenuta in maniera fortuita in seguito a dei lavori di sbancamento che nel  2001 vennero effettuati in quest'area, ha riportato alla luce un capitolo di storia e di una civiltà antica, lontanissima da noi nel tempo, ma vicinissima nello spazio, tale che dovremmo andare orgogliosi e al tempo stesso testimoni della sua importanza.
Di fatto, interrotta frettolosamente l'attività di sbancamento, che fin da subito ha riportato alla luce oggetti dei quali si è compreso ben presto l'importante valore archeologico, è iniziata la lenta opera di indagine, scavo e catalogazione dei reperti che a poco a poco il terreno restituiva dopo un oblio di almeno 700 anni!
La cosa interessante è stato riscoprire che in questo luogo non è esistito il solo  insediamento di San Genesio, bensì più insediamenti, Vico Wallari appunto ne è un esempio, questi si sono sovrapposti con fasi alterne di fortuna, importanza e durata, e con una sola data certa, anno 1248, quello che sancirà la fine di borgo San Genesio, è documentato infatti che in quell'anno, i sanminiatesi, per sottrarre a Lucca i domini ritenuti di propria pertinenza, decisero di porrè definitivamente termine alla comunità che viveva ai piedi del colle,  ritenuta ormai da tempo una rivale scomoda e una spina nel fianco per gli interessi della roccaforte federiciana, arrivando così a prendere la drammatica decisione di radere al suolo l'intero abitato.
Fig.3. Parte degli scavi nei pressi dell'antica pieve.
Fino a quel momento la vita di questo nucleo era stata relativamente fiorente, famosa è la sua citazione ad opera dell'Arcivescovo di Canterbury Sigerico, che ne farà menzione come tappa lungo la via Francigena al suo ritorno da Roma.
L'abitato, per la sua favorevole centralità rispetto ad altri importanti centri della Toscana, conobbe intorno al 1100 un notevole sviluppo, qui fu eretta un'importante pieve nella quale furono, a più riprese indetti degli incontri con quelli che oggi chiameremo i "vertici del potere", per dirimere importanti questioni di carattere politico e religioso, verrebbe quasi da dire che a pochi metri da casa è passata la grande storia, quella che nello scacchiere geopolitico di quei tempi ha inevitabilemente influenzato anche quegli eventi che si sarebbero succeduti da dopo di allora.
Non vorrei dilungarmi oltre in spiegazioni che meglio di me potranno dare  coloro che in prima persona si sono prodigati sul campo nella ricerca della verità storica, degli avvenimenti e dei fatti che hanno riportato alla luce in nome della "conoscenza" per noi cittadini del terzo millennio, offrendoci uno spaccato delle vicissitudini di quelle lontane genti che molti secoli prima della nostra epoca hanno vissuto su quelle stesse terre che noi ci accingiamo ogni giorno a percorre  avanti e indietro; rimando pertanto  con questo link ad approfondimenti sulla materia trattata. http://www.paesaggimedievali.it/luoghi/genesio/index.htm


CASTELVECCHIO 

LA CITTA' PERDUTA


la prima parte del sentiero
 scritto da Fabio Cappelli

 La Toscana come sappiamo è una regione che ha conosciuto sul suo territorio l'avvicendarsi di molte civiltà ed epoche storiche, dal remoto passato etrusco per passare al dominio romano e ancora il Medioevo, il Rinascimento e così fino ad arrivare all'epoca contemporanea.
Ogni epoca ha regalato ai cittadini del XXI secolo un patrimonio dal valore inestimabile del quale troppo spesso si è portati a dimenticare, gioelli di arte urbanistica e archiettonica che sono il risultato del genio dei nostri predecessori, della loro necessità di trovare un'armonia con un'ambiente che già porta con se un valore intrinseco immenso e che dall'ambiente hanno ricavato le materie prime semplici e durevoli per costruire grandi città, castelli, borghi e insediamenti che sono giunti fino a noi.
Le rovine del mastio
Ci sono città che a fasi alterne hanno conosciuto periodi fiorenti ed altri di decadenza, borghi un tempo al centro di una vivace attività commerciale, che col cambiare dei baricentri dell' economia  hanno conosciuto un progressivo calo demografico,  mentre al contrario villaggi semi-disabitati, hanno ritrovato, in sintonia anche con le recenti tendenze di un ritorno al vivere slow una nuova vitalità!
La città di cui però vi voglio parlare non rientra in nessuna di queste categorie, questa città è ormai tornata a far parte della natura, inghiottita da essa ormai da lungo tempo, una città che ha conosciuto intorno al 1200 un periodo di splendore e che ora è solo un insieme di rovine in balìa degli elementi, vi voglio parlare della città perduta di Castelvecchio.
Quando mi ci hanno portato per la prima volta, nel momento esatto in cui, alla fine di un sentiero sconnesso nel folto della selva mi sono trovato davanti agli occhi una torre che svettava da una mare di verde sono rimasto meravigliato, una meraviglia dettata dal fatto che semplicemente non te l'aspetti!
La prima sensazione che pervade l'osservatore è lo stupore, non di rado infatti, per chi ama fare lunghe passeggiate in mezzo alla natura capita di imbattersi in ruderi di vecchie fortificazioni medievali, di pievi isolate, o di qualche avamposto d'avvistamento, ma Castelvecchio no, qui c'è molto di più, scendendo dal sentiero per poi risalire lungo lo sperone roccioso che ospita  il mastio, si offre infatti al visitatore la vista di un'autentica città perduta, una Angkor in piccolo nelle foreste di casa nostra!
La chiesa
Posta attualmente entro i confini del Comune di San Gimignano, Castelvecchio è stata in epoche passate contesa dalla stessa San Gimignano e dalla vicina Volterra, aspre battaglie combattute dalle due potenze rivali fecero scivolare a più riprese entro in confini dell'una o dell'altra parte la città fortificata che per un breve periodo provò anche a ergersi al ruolo di libero comune, tuttavia troppo debole per garantirne una duratura indipendenza schiacciata com'era dalle mire egemoniche di vicine tanto ingombranti, in breve, alla fine del 1300 entrando sotto la definitiva sfera d'influenza di San Gimignano, Castelvecchio, ormai non più caposaldo strategico, impoverita dai precedenti saccheggi e decimata la sua popolazione dalla peste nera, conobbe un rapido declino, al punto tale che le cronache ci riportano che dalla fine del 1600, quello che un tempo fu il grande castello ormai era solo un villaggio che la natura, unica vera vincitrice, stava riprendendo a se.
Cisterna per l'acqua
Oggi, come ho avuto modo di anticipare, Castelvecchio è una città perduta, invisibile ai più, se non addentrandosi per quache chilometro a piedi nella macchia selvaggia e lussureggiante, una volta arrivati potrete osservare i resti di un villaggio che la civiltà contemporanea ha purtroppo smarrito, un luogo surreale al cui passaggio sembra ancora di sentire l'eco delle voci e  dei rumori delle persone che vi hanno abitato, girovagando per i ruderi si può volare con la fantasia provando a immaginare quale fosse la vita di chi vi risiedeva più di 600 anni fa!
Ora come allora, le case, ormai crollate, erano lo spazio quotidiano entro il quale si svolgeva l'attività delle famiglie, al suo interno avremmo visto bambini e adulti che animavano  l'intimità del focolare, mentre affacciandosi per le strade prendeva vita ogni giorno il via vai dei cittadini che movimentavano la piazza, le botteghe, i luoghi di culto e gli edifici dedicati alla vita istituzionale, avremmo visto certamente mercanti e artigiani, maestranze impegnate nelle loro attività, guardie di presidio sulle mura di cinta, uomini di chiesa intenti a diffondere il Vangelo; ma tutto ciò, se mai corrispondesse anche alla realtà di quei tempi, prende forma solo nelle menti più fantasiose,  di fatto, di tutta questa vita decantata non resta nient'altro che la fredda pietra, rovinata su se stessa dopo secoli di silenzio e solitudine, interrotta sporadicamente dalle voci sommesse dei rari visitatori del luogo.
L'ultima considerazione ha un sapore amaro, dettato dalla constatazione che un sito archeologico di così alto valore culturale e storico conosca ancora ai giorni nostri il quasi totale abbandono da parte di tutti quegli organi preposti a mantenere, sorvegliare e valorizzare un luogo che è testimone diretto del nostro passato, confidando in un rapido cambio di rotta prima che anche le ultime tracce vadano perdute per sempre, invito chiunque a dedicare un ritaglio del proprio tempo per andare a vedere le rovine di Castelvecchio!



LAGO SCAFFAIOLO


Fig.1. Il lago Scaffaiolo visto dal Rifugio Duca degli Abruzzi.

Scritto da Fabio Cappelli

 Il Lago Scaffaiolo (1775 m slm) è un piccolo e suggestivo specchio d'acqua incastonato in una conca naturale dei rilievi dell'Appennino Tosco-Emiliano.
La bellezza dei luoghi è dettata dall'amenità del paesaggio, semplice e magnificente al tempo stesso, in concomitanza di giornate particolarmente limpide lo sguardo dell'osservatore può muoversi a tutto tondo, le distanze sembrano annullarsi tanto che in un istante la grande Val Padana sembra rimpicciolita e le lontane Alpi quasi a portata di mano, la tavolozza dei colori è ampia “il giallo del sole, l'azzurro del cielo, l'indaco del lago, il verde dell'erba, il grigio della roccia, il bianco delle nubi”, accentuati per di più da una nitidezza e un'intensità fuori dall'ordinario.
Al Lago Scaffaiolo, dal versante toscano, vi si arriva dalla SS 12 dell'Abetone, in località Casotti si oltrepassa il ponte sul torrente Lima diretti verso il pittoresco borgo di Cutigliano (sosta consigliata), attraversato il paese continuiamo per almeno altri 15 km verso la Doganaccia, giunti sul grande piazzale sottostante gli impianti di risalita, procediamo a piedi per dei sentieri ben segnalati.
Fig.2. Panorama su un segmento del tragitto
Il tragitto fra andata e ritorno, misura non più di 7 km, ed inizia con una tortuosa e sconnessa strada panoramica, percorribile peraltro in auto anche in doppio senso di marcia; la strada conduce al Passo della Croce Arcana e da li, proseguendo, entreremmo in Provincia di Modena; per giungere al Lago Scaffaiolo esistono almeno due possibilità, la prima (percorribile solo a piedi) ci viene data quando, in prossimità di un tornante della strada sopracitata, troviamo alla nostra destra proprio l'indicazione verso il Lago, trattasi di una mulattiera che s'inerpica breve, ma vertiginosa, lungo il versante sud della montagna, l'altro invece, più a monte e meno aspro, lo intercettiamo pressapoco all'altezza del già citato Passo della Croce Arcano, da qui proseguiamo sempre a destra lungo il crinale prendendo come riferimento delle antenne/ripetitori, in ambedue i casi i sentieri vanno a convergere successivamente in uno solo che porta infine al lago.
Nella stagione invernale il Lago Scaffaiolo è coperto completamente dalla neve e dai ghiacci, il periodo più adatto per visitarlo è senza dubbio l'estate, ad ogni modo assolate giornate di di tarda primavera o di inizio autunno si prestano benissimo per delle belle escursioni a piedi o in mountain bike; sulle basse acque del lago si specchia, monolitico, il Rifugio Duca degli Abruzzi, una solida struttura in pietra e cemento in grado di offrire al visitatore un piacevole momento di relax, tutto intorno si aprono ampi prati a mo di terrazza sulle vallate sottostanti che inducono in maniera spontanea grandi e bambini a sdraiarsi sotto i caldi, quanto subdoli raggi solari che a queste quote risultano oltremodo ustionanti!
Fig.3. Al lago a piedi
I tempi di percorrenza per raggiungere il Lago Scaffaiolo sono ovviamente variabili! Normalmente a piedi si può impiegare circa 1.00 h all'andata e poco meno per il ritorno, in mountain bike i tempi sono pressoché dimezzati.
Chiunque abbia intenzione di cimentarsi in questa escursione, per quanto di modesto impegno, è bene che consulti il meteo prima di mettersi in cammino, i cambiamenti climatici in montagna non sono rari e spesso sono caratterizzati da violenti acquazzoni e repentini abbassamenti della temperatura, l'abbigliamento deve essere comodo e leggero, tuta e scarpe da ginnastica andranno bene, da evitare indumenti troppo stretti e pesanti e calzature col tacco o i sandali, per i bambini prevedete anche un cappello; abbiate l'accortezza di portare con voi dell'acqua e qualcosa da mangiare, da non scordare un po' di contante e il cellulare (carico!), e per chi non teme i carichi in eccesso e cela dentro di se lo spirito dello sherpa, ogni altro accessorio o indumento (bastoncini da montagna, zaini, k-way, telo mare, crema solare, thermos) può risultare utile.
Fig.4. Al lago in mountain bike
In mountain bike state leggeri, la salita non manca e non mancheranno neppure le insidie dovute a rocce scivolose, brevi passaggi tecnici e non ultimo gli escursionisti a piedi che vi obbligheranno sovente a dover scendere dalla bicicletta; casco, vettovaglie e giacche antivento sono d'obbligo, per il resto valgono gli stessi principi degli escursionisti a piedi. 




LUCCHIO

Fig.1 Panoramica di Lucchio



 
Scritto da Fabio Cappelli

Narra la leggenda che in questo borgo, tenacemente abbarbicato sulla sommità di uno sperone di roccia al confine tra le provincie di Lucca e Pistoia, le galline vadano in giro con le mutande! La leggenda trarrebbe origine dal fatto che l'abitato, sviluppatosi quasi verticalmente sullo scosceso costone di roccia, avrebbe indotto i suoi abitanti, per evitare che le uova, preziosa fonte di sussistenza andassero rovinosamente perdute rotolando a valle, ad imbragare i mansueti pennuti! Verità o leggenda metropolitana? E chi lo sa? Non resta che andare a verificare di persona!

A Lucchio, questo è il nome del piccolo nucleo di case in scuri conci di pietra grigia, di galline non ce n'è neppure l'ombra! Solo qualche sparuta colonia felina si aggira guardinga e sorniona qua e la per i vicoli stretti e ripidi e che con'inesauribile pazienza si arrampicano da valle fino a monte; il paese colpisce subito per la sua semplice e al tempo stesso ardita urbanistica, al culmine di esso domina su tutta l'area circostante ciò che resta di una antichissimo fortilizio, eretto forse già in epoca romana, a valle invece, incastrate in un gola stretta e tortuosa scivolano fragorose le acque del torrente Lima; a Lucchio, per quegli edifici lasciati in balia degli elementi ve ne sono altri in un ottimo stato di conservazione, il paese, inserito in un contesto di media montagna, si è nel tempo progressivamente spopolato, chi infatti fu giovane alcuni lustri or sono, emigrò altrove in cerca di condizioni di vita migliori lasciandosi alle spalle una realtà fatta di stenti, miseria e isolamento, come pure però un gioiello di borgo che oggi aspetta soltanto di essere riscoperto; gli archi che passano sotto le case, le strade di ciottoli consumati, i piccoli giardini pensili affacciati sulla vallata, i tetti in cotto coperti di muschio, la roccia modellata per far passare vie che si dipanano ovunque nel paese con una trama irregolare e che stanno li da tempi immemorabili arpionate alla verticalità del colle con gli edifici a far loro da cornice.   

Oggi il paese conta circa una cinquantina di abitanti che aumentano leggermente di numero con l'arrivo della bella stagione, la povertà, un tempo dilagante ha lasciato spazio nella zona, al fiorire di nuove realtà economiche, prima fra tutte il turismo, sia in inverno che in estate; la vicinanza di rinomate stazione sciistiche, la possibilità di inoltrarsi a piedi, in bicicletta o a cavallo lungo sentieri immersi nel verde di magnifici boschi secolari, muovono durante tutto l'arco dell'anno un cospicuo numero di persone, d'altro canto la sempre più ritrovata sensibilità nell'apprezzare luoghi fuori dai classici itinerari del turismo di massa e la più pressante esigenza dell'uomo moderno di fuggire dalla quotidianità alienante della città, diventano motori trainanti e fattori di investimento che hanno portato ad un progressivo miglioramento della viabilità, dei servizi e dell'offerta di questo comprensorio, innescando così un circolo vizioso che invoglia ulteriormente le persone a spostarsi, e facendo si che in tal modo luoghi come Lucchio, un tempo abbandonati, possano, perchà no, conoscere una stagione di rinascita.
Fig.2 Arco d'ingresso del borgo


Fig.3 il vicolo che porta alla Rocca
Fig.4 i ruderi all'ingresso della Rocca

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