lunedì 29 settembre 2014

1^ GRANFONDO CICLOTURISTICA COLLI DEL TARTUFO DI SAN MINIATO:RESOCONTO

scritto da Fabio Cappelli

 
Fig.1. San Miniato (immagine di repertorio)
Fig.2.Locandina
 
Domenica 28 settembre 2014, in occasione della prima edizione della Granfondo Cicloturistica dei Colli del Tartufo di San Miniato era quasi un dovere esserci, e lo era per più di una ragione, intanto per quanto mi riguarda (e penso siano le identiche motivazioni che hanno animato i partecipanti di zona), è che oggi finalmente si giocava in casa; lo si doveva agli organizzatori ai quali va dato il merito di aver messo in piedi, per la prima volta nella città della rocca, un evento di questa importanza legato al mondo della bicicletta; valeva la pena esserci perché il palcoscenico è stato d'eccezione, San Miniato appunto, città dalle nobili radici, giunta fino a noi con la sua cultura e il suo buon vivere, ma non solo, l'itinerario sembrava disegnato ad arte, premessa per una pedalata tutta da godere; infine il meteo, che già dalle consultazioni su internet della sera precedente prometteva sole a catinelle, e finalmente le previsioni ci hanno azzeccato!
Tornando alla mattinata odierna, intorno alle ore 7:00, hanno iniziato ad affluire un po' alla spicciolata i primi ciclisti che hanno pacificamente invaso le vie del centro storico, passando prima per il bar Cantini (per il ritiro dei pettorali), e poi in piazza Dante dove è stato gonfiato l'arco di partenza/arrivo, nonché degli stands espositivi di biciclette e accessori di importanti rivenditori locali; a poco a poco il grande piazzale inizia a riempirsi di cicli e ciclisti, l'aria è ancora frizzante ma si percepisce chiaramente che sarà una bella giornata, il cielo non passa una nuvola e la visibilità è ottima, in mezzo a tante facce sconosciute ne vedo di altre ben note, fra un saluto e un altro, incontro anche Franco, un mio compaesano che già il giorno prima aveva dato conferma della sua presenza alla manifestazione, decidiamo di pedalare insieme, almeno fino al bivio fra il percorso medio e il lungo.
Finalmente alle 8:15 è stato dato il via libera alla 1^ Granfondo Cicloturistica Colli del Tartufo di San Miniato; va specificato che l'evento è stato caratterizzato da una partenza alla francese ed aperto a tutti gli amanti delle due ruote, fossero questi stradisti o biker, anche se la prevalenza dei primi sui secondi è stata schiacciante! Voci attendibili hanno riferito che il serpentone variopinto era composto da circa trecento anime che uscite dall'abitato di San Miniato sono state dirottate in direzione Cigoli, l'inizio è al fulmicotone, Molino d'Egola, La Serra e Chiecinella passano velocemente, poi arriva la prima asperità di giornata, la salita di Palaia, io seguo Franco che mi da qualche dritta preziosa, il gruppo inizia a far raffreddare i bollenti spiriti, pian piano questo inizia a frantumarsi in tanti piccoli gruppetti, le pendenze specie nel finale fanno selezione, poi dopo il cartello d'inizio paese la strada spiana e si ripiglia fiato.
Si sfiora il pittoresco centro di Palaia per lasciarlo subito alle nostre spalle ed entrare così all'interno di uno scenario mozzafiato, la strada che porta a Montefoscoli è semplicemente bellissima, permette di beneficiare di una visuale a 360° su una campagna superlativa, dalle forme e dai colori a tinte tenui, il cielo è di un azzurro uniforme, il profilo delle colline e dei monti più lontani è chiaro e nitido, il sole inizia a scaldare l'aria rendendone mite la sua temperatura, l'ideale per pedalare, l'ideale per qualunque cosa!! Non soffia un filo di vento, non si poteva sperare di meglio, è la classica giornata meteorologicamente perfetta. Arriviamo a Montefoscoli, ne fiancheggiamo il borgo per poi scendere nella valle sottostante, ci lasciamo trasportare in discesa per una strada sinuosa, delimitata da file di cipressi, per poi incanalarci in un'altra di fondovalle che costeggia i pittoreschi calanchi di Toiano alle botra; dopo qualche chilometro a passo veloce in pianura, la strada termina improvvisamente cedendo il passo a una salita pedalabile e panoramica che porta a Castelfalfi, entriamo nella provincia di Firenze, il gruppo è ormai allungatissimo; sotto Toiano, in lontananza sui verdi pendii ruminano branchi di bestiame al pascolo che restano indifferenti al nostro passaggio, i luoghi, inutile sottolinearlo sono da cartolina.
Finalmente, giunti a Castelfalfi, ci fermiamo per il ristoro, sul tavolo imbandito ci sono un sacco di prelibatezze, il gazebo è preso d'assalto e anche io ne approfitto, faccio il pieno d'energia perché all'arrivo manca ancora un bel po', Franco non ha ancora le idee chiare su che giro fare, io non ho dubbi fin dall'inizio, mi butterò sul percorso medio, sono a digiuno di buoni allenamenti, tanto più dell'atmosfera tipica di gare o pseudo tali, quindi inutile strafare! La pausa è finita e insieme ad un gruppetto raccatato al ristoro continuiamo per Montaione, la strada è un abbordabile saliscendi, poi nel finale, prima di riagganciarci con la strada per San Vivaldo dobbiamo affrontare uno strappo con pendenze intorno al 13% che a questi punti giunti si fanno sentire nelle gambe! Passato questo punto più ostico la strada scorre bene, inizialmente in discesa e poi in leggera salita.
Poco prima di Montaione è giunto il momento di decidere! Si apre il dilemma! Percorso medio o percorso lungo? All'unanimità si opta per il medio, fugato ogni dubbio si prosegue dritti verso il centro di Montaione, lo passiamo per poi fiondarci in una lunga discesa fino a località Alberi; del gruppetto nato al ristoro qualcuno si perde strada facendo per essere rimpiazzato da nuovi elementi raggiunti nel frattempo, la velocità torna a salire, si tengono i 35 km/h fissi, Corazzano, Genovini, La Serra vengono passati in un batti baleno; sulla scia di quelli che di benzina nella gambe ne hanno ancora si arriva in località Borghigiana, ai piedi dell'ultima impegnativa salita di giornata, quella che porterà all'arrivo! La spia del serbatoio inizia a segnare rosso, le gambe iniziano a essere imballate, così che questi ultimi chilometri sono percorsi col cuore in gola, i superstiti del gruppo si sfilacciano; salgo senza troppe pretese, ora seduto, ora sui pedali, poi la strada finalmente spiana, un veloce transito da piazza del Seminario e poi via verso l'arrivo.
Fig.3. All'Arrivo
In piazza intanto la festa è già iniziata, la musica echeggia nell'etere e fa da sottofondo al brusio dei molti che ci hanno preceduto e che si scambiano le impressioni sulla fatica appena conclusa, altri nel frattempo arrivano, c'è chi scatta foto, chi approfitta del servizio massaggio; sotto le arcate di piazza Dante, adibite in passato al mercato del bestiame, sono ora occupate da una lunga tavolata di squisitezze da leccarsi i baffi, panini, torte, crostate, bevande e specialità gastronomiche locali.
Così la 1^ Granfondo è scivolata via con la speranza che sia l'inizio di un ciclo; certo è che l'essere stati in grado di mettere insieme le energie per rendere possibile questa iniziativa ha dimostrato, una volta di più che l'unione fa la forza! Del resto era quanto in questo stesso blog era stato auspicato in tempi non sospetti in merito ad una paritetica manifestazione anche nell'ambito della mountain bike, e questo vuole essere un invito e una presa di coscienza ai tanti passionisti del comprensorio... e chi ha orecchie per intendere intenda. 

Per chi vuole approfondire anche su facebook:

domenica 21 settembre 2014

SVALVOLATI IN MTB: IL GRUPPO SI ALLARGA

Scritto da Fabio Cappelli

 
Fig.1. Gli Svalvolati sul prato della Rocca a San Miniato


San Miniato 20 settembre 2014

In questo primo pomeriggio l'ampio prato della Rocca, scaldato da un gradevole sole settembrino e calpestato di quando in quando dagli ovattati passi di qualche turista in visita alla città delle venti leghe, si è prestato volentieri alle foto di rito che le circostanze richiedevano; infatti prendendo a pretesto la presentazione delle nuove maglie del team di biker's Svalvolati in MTB, e, cosa ben più importante dell'ingresso ufficiale degli amici del Panda nel gruppo medesimo, i nostri, in pompa magna, quasi al completo e vestiti dei colori ufficiali hanno pensato bene di salire con i propri ferri del mestiere sulla sommità del colle più alto di San Miniato.
Artefice dell'iniziativa non poteva ovviamente che essere Andrea, che con ostinata tenacia ed inesauribile passione ha saputo trasformare, nel volgere di appena tre anni, uno sparuto manipolo di amici in un gruppone ben assortito, affiatato e in continua espansione, nelle file degli Svalvolati c'è posto per tutti, e tutti sono benvenuti! Ci sarebbe da buttar giù una carta d'identità sui connotati più rappresentativi di questa giovane realtà locale, conosciuta anche oltre i confini del nostro comune, ma preferisco sottrarmi a questa impegnativa stesura aspettando che magari qualcuno degli Svalvolati stessi lo faccia al posto mio.
Ma ritorniamo invece a tutti i damerini tirati a lucido in questa “passerella” di fine estate! Chi si era illuso di riscendere i gradini sotto l'ombra della Torre di Federico II e tornarsene bello pulito a casa si sbagliava di grosso, era sottinteso che al termine delle interminabili pose davanti alla fotocamera, avremmo dovuto, e aggiungo di buon grado, spogliarci degli abiti della festa per tornare a vestire i panni ben più appropriati di cinghiali di bosco, pronti ad impastare le casacche di sudore e polvere, e così come da programma, ha preso il via l'immancabile giro per i sentieri del circondario, facendo ricadere la scelta su di un classico della nostra zona, un'autentica spina dorsale della sentieristica del comprensorio, la Via Francigena, la quale veramente non delude mai, oltre il crinale Sanminiatese in direzione Roma infatti, strade e panorami si sublimano con, all'orizzonte, una distesa senza fine di verdi e rotonde colline.
La nota dolente invece, per quel che mi riguarda, è che purtroppo la mia corsa è stata compromessa dopo pochi chilometri da problemi di natura tecnica che fra Coiano e via d'Orlo mi hanno costretto a dare forfait, peccato perché fino a quello momento ne era valsa davvero la pena, guardiamo però il lato positivo, è stata se vogliamo l'occasione per fare un gradito ritorno in luoghi che conosco bene ma che ultimamente ho (volutamente) trascurato per volgere la mia attenzione altrove in cerca di nuove prospettive lungo vie inesplorate, cosa che per altro ho fatto, non di rado, proprio in compagnia degli Svalvolati!!

lunedì 1 settembre 2014

CIAO ALFREDO


introduzione di Fabio Cappelli

Ho trovato nella posta una mail di Michele Musetti che con grande sensibilità ha pensato bene di girarmi uno frammento tratto dal libro "la vita è una ruota" del decano del ciclismo italiano che recentemente ci ha lasciati, Alfredo Martini; Alfredo che è stato a lungo il CT della nazionale era forse l'ultimo grande nome di una generazione di ciclisti immortali che hanno reso epica la storia di questo sport, con lui se n'è andato un testimone di tempi mitici di un'epoca caratterizzata da imprese leggendarie.
Nel ringraziare Michele per questo suo ennesimo contributo al blog, concludo volendo credere che queste semplici e toccanti parole di Alfredo Martini restino un testamento spirituale per il presente ed il futuro di un mondo, quello della bicicletta, troppo spesso portato ad esempio negativo tra polemiche strumentali e facili attacchi, omettendo di trasmetterne invece il valore più autentico, l'essenza più sana e pulita che essa rappresenta.  Ciao Alfredo



"Se guardo indietro, penso che la bicicletta e il ciclismo mi abbiano dato più di quello che io ho dato a loro. Avrei voluto dare il doppio, ma bisogna saper accettare i propri limiti, con onestà. Cento anni fa era un mezzo, spesso anche di lusso, per andare a lavorare. Così si sapeva che cosa volesse dire pedalare, in salita e in discesa, sullo sterrato o fra i sassi, la mattina presto o la sera tardi. E i corridori sentivano che la gente gli era vicina, partecipe, entusiasta. Oggi, un secolo dopo, la bicicletta si sta rivelando sempre più importante. E' la chiave di movimento e lettura delle grandi città. Un contributo sociale. E non ha controindicazioni. Fa bene al corpo e all'umore. Chi va in bici, fischietta, pensa, progetta, canta, sorride. Chi va in macchina, s'incattivisce o s'intristisce. La bicicletta non mi ha mai deluso. La bicicletta è sorriso, e merita il premio Nobel per la Pace". 


LA PANIA DELLA CROCE



scritto da Fabio Cappelli
 



     Questa è la piccola cronaca di un'escursione a piedi, un secondo tentativo a distanza di un pugno di anni per conquistare i 1858 m slm della Pania della Croce; per gli amanti delle scarpinate in quota o agli appassionati di geografia è facile che questo nome dia già delle indicazioni precise sulla vetta al quale faccio riferimento, per tutti gli altri lettori invece suonerà del tutto nuova, anche se l'avrete vista un'infinità di volte, iniziamo quindi col circoscrivere l'area, siamo in Garfagnana, o meglio siamo all'interno del Parco Regionale delle Alpi Apuane; che per chi abita come me a San Miniato e volge lo sguardo in direzione Nord-Ovest non sarà difficile individuare il gruppo della Panie, rispettivamente composto da destra verso sinistra dalla vetta della Pania Secca, l'Uomo Morto e, appunto, la Pania della Croce.
Fig.1 Il gruppo delle Panie vista da Sud.
     Per iniziare il lungo e impegnativo cammino che conduce alla sommità del monte dovete giungere in località Piglionico nel Comune di Molazzana (LU), luogo isolato e immerso in un oceano di fitta boscaglia dove per altro è necessario, per chiunque vi voglia accedere con mezzi motorizzati, pagare un ticket, la strada, inizialmente asfaltata termina su fondo ghiaioso in prossimità di un piccolo sacrario dedicato ai partigiani, da qui in poi bisogna proseguire a piedi armati di tempo, pazienza, fiato e buone gambe.
Fig.2 il sentiero nel bosco

    La camminata di per se stessa non presenta particolari difficoltà tecniche, ne tratti pericolosi, tuttavia è opportuna la prudenza specie se ci sono dei bambini! Inizialmente il sentiero è quasi pianeggiante, e prima di inoltrarsi nel bosco lascia ancora intravedere degli scorci panoramici delle alture e vallate circostanti, poi dopo poche centinaia di metri la vegetazione inghiotte i suoi visitatori entro un sentiero che sale aspro nelle pendenze e tortuoso nell'andamento, intervallato solo di quando in quando da spiazzi pianeggianti che possono essere utili per idratarsi e riprendere fiato; l'ombra e la quiete degli alberi, nonostante le fatiche dell'ascesa sono di per se stessi motivo di rigenerazione dello spirito, sembra quasi che i loro fusti, verticali come i denti di una pettine abbiamo, al nostro passaggio, il potere magico di strinare via e alleggerirci dai gravosi fardelli che la frenetica vita di ogni giorno ci rovescia sulle spalle.

     Terminato il bosco un altro suggestivo spettacolo si spalanca dinnanzi a noi, gli alberi svaniscono di colpo per lasciare il posto a vellutati prati d'erba, su sentieri ben visibili la scalata continua con pendenze sempre piuttosto dure, mentre a sinistra e a destra si stagliano grigie e massicce le vette della Pania Secca e della Pania della Croce, e davanti, in mezzo, il profilo inconfondibile e antropomorfo dell'Uomo Morto, sotto di cui è adagiato il Rifugio E.Rossi alle Panie!

     Dopo circa un'ora di passi svelti fra rocce, terriccio ed erba è giusto regalarsi una bella pausa presso il rifugio a quota 1609 m slm, una piccola ed accogliente struttura in pietra e legno in grado di offrire al visitatore un luogo dove rifocillarsi, una terrazza priviligiata che domina la Garfagnana; per i tanti che giungono fin qui, il rifugio stesso è un punto di arrivo presso il quale sostare che, specie nella belle giornate di sole garantisce attimi di puro relax distesi sui prati tutti attorno, ma per chi invece decide di proseguire per quota 1858 non siamo solo che a metà del guado, alta e in lontananza infatti svetta ancora piccola la croce all'apice della Pania; la roccia è di un colore grigio chiaro e un sole accecante illumina un sentiero erto e tormentato, appena visibile all'occhio, segnalato qua e la dai simboli del CAI, il tempo necessario a portare a termine l'impresa è stimato in almeno un'altra ora; diversamente dal tratto in bosco, dove i piedi erano sufficienti a salire, qui servono anche le mani, in alcuni tratti infatti la morfologia del sentiero è così estrema da dovervisi quasi arrampicare! La salita non presenta pericoli particolari ne tratti esposti, tuttavia è imperativo non abbassare la guardia, una svista potrebbe provocare cadute anche rovinose; allo stato attuale dell'arrampicata non è dato ancora sapere quale sarà lo scenario che ci attende in cima, poiché ci si inerpica all'interno di una gola naturale che preclude buona parte dell'orizzonte circostante, tutto sommato la cosa non è neppure così negativa, si vengono a creare in tal modo i presupposti di quell'attesa tipica che precede il grande evento, quella suspence e quell'eccitazione che si provano prima di spacchettare un regalo o di rompere l'uovo di cioccolato o prima di un incontro speciale! Ma il viaggio non è finito e sarà allora e solo allora che sapremo se ne è valsa la pena, se è andata "o bene bene o male male!" Ancora qualche metro è l'enigma sarà sciolto, manca poco e finalmente lo sguardo potrà godere di una visuale a tutto tondo, un altro sforzo e les jeux sont fait!  
    
Fig.3 Panorama
Ed eccolo la, di un blu sbiadito che sfuma all'orizzonte, piatto ed immenso... il mare, tagliato a metà dal riflesso del sole, vi si scorgono alcune isole dell'Arcipelago e le navi che vi transitano, e poi la Versilia che sembra quasi di poterla toccare con un dito, più in la le insenature delle Cinque Terre, le cave di Carrara da dove Michelangelo fece estrarre il pregiato marmo per le sue opere immortali, l'inquieta e spartana terra di Lunigiana, l'Appennino Reggiano di cui si può solo immaginare la pietra Bismantova, la schiera al completo delle Alpi Apuane, e poi la Garfagnana, l'Appennino tosco-emiliano, il Valdarno e la valle del Serchio con le pianure puntinate di case che sembrano briciole perdute su una tovaglia stesa, il Monte Serra solitario e frastagliato ad impedire ai lucchesi la strada di Pisa, e giù e via, fin dove l'occhio vola più lontano fra realtà e suggestione fra visto e immaginato; da quassù la Toscana, come una carta geografica in scala 1:1 sembra srotolarsi sotto nostri i piedi, purtroppo la visibilità non è ottimale, non di meno quanto ci è dato di guardare lascia senza parole, e a queste altitudini l'essere umano dinnanzi a tanta grandezza, dovrebbe veramente riflettere sulla sua condizione di ospite di passaggio su questa benevola e fragile nave chiamata Terra.
   
Fig.4 La croce in vetta alla Pania
  Il crinale che separa gli ultimi passi dalla croce che sancirà anche la fine dell'ascesa è lungo ormai solo poche decina di metri, ai fianchi si aprono profonde vallate ora di roccia ora di macchia arborea, ancora un passo e finalmente eccoci ai piedi della croce, un assemblaggio di tubi arrugginiti tramite flange imbullonate che domina in altezza qualunque altra cosa nel raggio di decine e decine chilometri, sotto di essa omini di pietra sono stati ammonticati qua e la e bandierine tibetane si animano tremolanti sotto l'anelito del vento, ora non resta altro che concedersi qualche minuto di meditazione nel silenzio sublime della natura e prepararsi, senza troppa fretta, a intraprendere la lunga via del ritorno.