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domenica 4 ottobre 2015

♣♥IL POKER D'ASSI♦♠

I Pastori

12 agosto

Questa terra dalla natura incontaminata e piena di fascino per le sue origini medievali ammalierà chi con sommo grado saprà apprezzare le meraviglie della natura e quello che esse rappresentano” (Mirko Pallini - tratto da Note sulla Svizzera Pesciatina estratte da “In Val di Nievole – Guida Illustrata compilata da Guido Biagi”)



Il ciclo di escursioni in mountain bike che hanno caratterizzato l'estate 2015, e che io ho voluto chiamare il “poker d'Assi” è iniziato da qui, con una gita improvvisata in un primo pomeriggio caldo e assolato d'agosto su quella che i biker locali chiamano il “Giro dei Pastori”.
Siamo nella svizzera pesciatina, un comprensorio che come suggerisce il toponimo è il bacino naturale entro il quale scorre la Pescia, un torrente incastrato in una valle angusta e profonda e per il quale il centro abitato, da tutti conosciuto per l'apprezzata produzione florovivaistica ne mutua esso stesso il nome; siamo in provincia di Pistoia, sul confine con quella di Lucca, e che, come a voler anticipare le bellezze naturalistiche delle adiacenti cime dell'Appennino tosco-emiliano, si caratterizza qui per alture di quota inferiore (1000 m circa), ma egualmente ricche di un misterioso fascino, costituito senza dubbio sia dalla conformazione tormentata dei suoi rilievi, sia per i boschi fitti, sia infine per l'opera umana che prende forma nei borghi antichi fatti di case di pietra brunita ed un urbanistica tipicamente medievale; non è per caso quindi che la definizione stessa di “svizzera” sia un termine coniato dal viaggiatore elvetico Jean Charles Léonard Sismonde de Sismondi, il quale, favorevolmente colpito dall'incanto dei luoghi gli parve forse di riconoscere la sua terra di origine.
Andrea Kawa - the President
Il gruppo è ridotto ai minimi termini, siamo solo io e Andrea, il Presidente degli Svalvolati in MTB di San Miniato, che oggi, più che mai, avrà in mano lo scettro di comando in quanto, se pure da tempo abiti a Ponte a Egola, egli è originario proprio di questa zona, quindi quale guida più autorevole di lui! Parcheggiata l'auto poco fuori l'abitato di Pescia, nei pressi di località Pietrabuona e scaricate le “ruspe” si inizia subito a salire, dopo poche centinaia di metri su asfalto svoltiamo ad angolo retto su un ponticello che attraversa il torrente Torbolino, la via è sterrata con pendenze che oscillano fra il 15% e il 20%, sono stato messo in guardia sul fatto che essenzialmente il profilo altimetrico dell'intero itinerario sarà caratterizzato da una impegnativa salita ed un altrettanto insidiosa discesa.
Come ho già detto la giornata è calda, ma non quanto i giorni che l'hanno preceduta, giorni caratterizzati da una colonnina di mercurio impazzita, una bolla d'aria africana ai limiti della sopportabilità, oggi invece si tira il fiato, inoltre l'ascesa alle quote che ci attendono si spera che abbatterà ulteriormente i gradi sul termometro, cosa che di fatto è accaduta; unica nota negativa, indipendente da nostra volontà od errore, i tafani, un flagello!
Saliamo con passo moderato e costante, l'approvvigionamento idrico oggi non sarà un problema, così almeno mi ha garantito la guida, Andrea mi ho infatti assicurato che durante il tragitto molte saranno le fonti che troveremo, le quali diverranno anche il facile pretesto per tirare un po' il fiato, apprezzare i panorami e rimpinzare naturalmente le borracce d'acqua fresca; la strada sale tra curve aperte e tornanti, talvolta in maniera lineare oppure in strappi più impegnativi, si costeggia l'abitato di Aramo (m. 377 s.l.m.) il fondo, a tratti, risulta particolarmente dissestato, quindi l'ideale per fare della mountain bike!
Procedendo, in località Tamburino a quota 741 m s.l.m., c'è una fonte, detta dell'Acqua Buona e una piccola chiesetta dedicata alla Madonna, la struttura in pietra si affaccia su di un prato naturale che all'occorrenza si presta bene a dei piacevoli pic nic.
Madonna del Tamburino (foto repertorio ASD Svalvolati in MTB
La strada in salita immersa nel verde, finora sinuosa, ora prosegue più pianeggiante in quanto segue l'andamento del crinale, e permettendomi di orientare lo sguardo verso panorami mai visti, ma non durerà ancora per molto, il bosco ci inghiotte nuovamente fino ad arrivare al Rifugio Uso di sotto (m. 880 s.l.m.) che contrariamente alle aspettative era chiuso, davvero un peccato! Si procede oltre fino allo scollinamento, per giungere in un luogo ameno, ad una quota di 1010 m slm ove branchi di mucche pascolano libere nella quiete di un paesaggio arcaico, il luogo, detto dei “Pastori” da il nome all'intero giro, e non potrebbe essere altrimenti.
Alpeggio dei Pastori (foto repertorio ASD Svalvolati in MTB)
Nell'aria mite di queste altitudini, con un cielo limpido che garantisce una perfetta visibilità e con i raggi solari che a quest'ora del pomeriggio creano giochi di luci e di ombre suggestivi, il tempo sembra fermarsi per qualche istante! L'alpeggio dei pastori è un luogo di erba e di roccia, pochi sono gli alberi, contorti, plasmati dai venti che quassù soffiano rabbiosi, stanno li, immobili e pazienti come soldati a guardia del territorio; la sosta è obbligatoria, i crinali dell'Appennino tosco-emiliano sono li a portata di mano, davanti a noi si erge come una guglia la Penna di Lucchio, poco distante, celato alla nostra vista l'omonimo già descritto nelle pagine di questo blog; una crocevia di strade bianche si dipana in ogni direzioni, d'ora in poi molto del viaggio sarà in discesa, io e Andrea sostiamo ancora un po' ad ammirare i luoghi, poi imbocchiamo la via del ritorno.
Si fanno incontri interessanti in queste zone, dopo uno scoiattolo quando ancora eravamo sul tratto in salita, ora, mentre scendiamo ci attraversa un daino, e poco più avanti qualcosa ci taglia per un attimo la strada strisciando, io ho appena il tempo di vedere che fa parte della famiglia dei serpenti, Andrea ha modo di osservare un po' meglio, senza dubbio per lui era una vipera!!
Indubbiamente degni di nota sono in questa discesa dei passaggi all'interno degli incantevoli borghi antichi di Pontito (775 m slm) prima e di Sorana (435 m slm) poi, il primo passaggio è caratterizzato da una discesa su di un selciato usurato dal tempo, ripido e da affrontare con le dovute cautele, il secondo per l'attraversamento del borgo che si snoda su stradine strette che s'infilano sotto arcate e scendono gradini in pietra!
La discesa conosce ancora dei tratti di ampi panorami sulla Val di Nievole, i monti tutti intorno sono di un verde cupo, il sentiero alterna tratti in sterrato, talvolta molto impegnativi, a spezzoni di asfalto veloce.
Il giro volge al termine, l'ultimo tratto è una veloce e briosa discesa su asfalto che costeggia la Pescia, nonostante la velocità (alta in questo momento), non mi sfugge di osservare nei campi, chiusi in questa valle ombreggiata, piante coltivate del famoso fagiolo di Sorana, che proprio in quest'area conosce le condizione ottimali per farne quella prelibatezza che lo ha reso famoso nel mondo guadagnandosi il marchio IGP; siamo alla fine, il sole ha quasi ultimato la sua lunga parabola in cielo, l'avventura di oggi ha, per quello che mi riguarda, allargato gli orizzonti geografici su di una zona della nostra bella ragione, mai esplorata fino ad oggi ma che sicuramente è ricca di scorci paesaggistici, il giro di per se stesso è stato tutt'altro che una passeggiata, almeno per le mie condizioni di allenamento,


Montecarlo

21 agosto

... Risiede nella sommità di un poggio quasi isolato, dove fu la famosa rocca del Ceruglio, circa 300 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo; alla cui base scorre da libeccio a scirocco la Pescia di Collodi, dal lato di ponente il torrente Leccio, mentre il padule di Bientina, o di Sesto bagna i suoi piedi verso libeccio e ostro...”. (E.Repetti – da Dizionario Geografico, Fisico e Storico della Toscana.)

la squadra
In tema di poker, qualcuno potrà pensare che quella di oggi, più che una girata in bicicletta è stata un'autentica puntata nel tempio del gioco d'azzardo continentale, il casinò di Montecarlo.... spiacente di contraddirvi, pensiero sbagliato!! Montecarlo è si la nostra meta, ma quello ben più vicino a noi, Montecarlo di Lucca! Quella che segue adesso è il racconto di un'uscita per certi versi atipica, si snoda infatti su itinerari che non hanno particolarità paesaggistiche che la possono contraddistinguere rispetto, ad esempio, all'escursione del giro dei pastori, in fin dei conti le zone attraversate non differiscono poi più di tanto dai classici tracciati delle uscite nella zona sanminiatese!
Colline, boschetti, fondi su terra battuta, strade asfaltate, talvolta anche molto trafficate e poi la solita via Francigena, fatta e rifatta chissà quante volte!! Un momento però! Stavolta c'è una variante non da poco, anziché imboccarla verso sud in direzione Roma la percorriamo fin da subito verso nord direzione Canterbury, tranquilli, ci fermeremo molto, molto prima!! Quindi, questa di per se è già una stranezza, quante volte infatti abbiamo toccato punti nodali come la pieve di Coiano, o quella di Gambassi, con qualche rara puntata anche fino a San Gimignano e poi in gara nei dintorni di Monteriggioni, non c'è che dire, davvero tantissime volte, ma all'indietro quasi mai, oggi invece no, si cambia direzione, che come ho prima accennato sconfinerà nella provincia di Lucca, attraversando oltre a questa altre due provincie in un giorno, Pisa e Firenze.
Gruppo numeroso oggi, oltre al sottoscritto sono scesi in campo il Andrea the President, Andrea 2, Roberto, Massimo e Matteo, partenza da Ponte a Egola presso l'ormai classico punto di ritrovo del distributore Agip, sole a catinelle e tanto caldo; costeggiando gli argini dell'Egola in direzione Santa Croce sull'Arno andiamo ad intercettare, nella zona di Ponte a Cappiano, la Francigena, da qui iniziamo lo sterrato nella zona delle Vedute e procedendo su fondo scorrevole, intervallato da profondi solchi dovuti all'erosione dell'acqua, ci addentriamo nel tratto di macchia.
via Francigena all'altezza del Galleno
Ad essere sinceri, percorrendo la via Francigena in direzione nord occorre prestare molta attenzione a non perdere di vista la segnaletica dedicata, fortunatamente Andrea (the Presindent) gode di ottima memoria, e visto che l'ha fatta di recente non fa fatica ad azzeccare tutti i passaggi! In questo tratto la via entra ed esce più volte dal bosco alla strada asfaltata e viceversa, si arriva al Galleno dove abbiamo modo di soffermarci a vedere una pietra miliare posta li da epoca immemorabile a testimoniare la veridicità del tracciato (almeno in quel segmento), si arriva ad Altopascio, la città vecchia merita indubbiamente una visita, l'Ordine dei Cavalieri del Tau ebbe qui origine in epoca medievale con la funzione di scortare i pellegrini attraverso gli insidiosi boschi delle Cerbaie, nascondiglio, all'epoca, di pericolose bande di briganti.
Usciti da Altopascio la memoria del nostro condottiero vacilla, un paio di errori rallentano il passo, mentre il sole ormai è quasi al suo Zenit, usciti da un prunaio che ci lascia dei graffi che frizzano sulla pelle, Montecarlo appare ormai prossima a noi, ci arriviamo attraverso un'abbordabile salita, il centro storico del borgo conserva ancora le vestigia di una castello medievale in un ottimo stato di conservazione, le vie sono animate da schiamazzi di bambini, chiacchere di gente del luogo e idiomi stranieri, sembrerebbe il giro di boa, ma il pezzo forte deve ancora arrivare! Un ultimo luogo ancora da visitare prima di fare rientro a casa, il quercione!
La così detta “quercia delle streghe”, é un'esemplare secolare di farnia ritenuta essere il secondo albero più grande della  Toscana; per giungervi dobbiamo scollinare e quindi discendere nella valle sottostante l'abitato di Montecarlo, non ci sono indicazioni per arrivarci, di nuovo la memoria di chi ci è già stato in loco, fa da guida al resto del gruppo, una curva e poi un'altra e all'improvviso ci si para dinnanzi a noi questa creatura vivente dalla taglia decisamente extra extra extra large! Una gigante e pacifica pianta che presidia questo luogo forse da ancor prima che Cristoforo Colombo mettesse piede nel Nuovo Mondo, una testimone muta, talvolta oltraggiata, coeva dei grandi e dei piccoli eventi di un ampio scorcio dell'avventura umana; guardarla suscita sensazioni contrastanti, provoca un senso di inquietudine, rispetto ed ammirazione, i suoi rami che sembrano gli enormi tentacoli di una piovra si protendono quasi paralleli al terreno! 
Girotondo all'ombra della quercia
Dico ai ragazzi di formare una catena, a mo di girotondo intorno al fusto, ci riescono bene, ma senza scialare! La tradizione popolare vorrebbe che Carlo Lorenzini, in arte Collodi, ebbe ad inserire la quercia nella sua famosissima favola “Le avventure di Pinocchio” come l'albero sul quale il gatto e la volpe impiccarono il burattino, del resto molti altri sono gli aneddoti legati a questo magnifico albero e non c'è da meravigliarsi vista la sua longevità! Le foto, in questo particolare contesto sono un rituale spontaneo, l'ombra che la grande chioma proietta sul terreno ci invita a fare una sosta prolungata che utilizziamo per mettere qualcosa nello stomaco, ma è anche tempo di andare, il caldo incombe e in fin dei conti siamo solo a metà strada, ci aspetta un sudato rientro a ritroso di quanto già percorso fin qui. 

 
Lo Scaffaiolo

26 agosto

Scaffaggiulo, lago picciolo è nell'Appennino, il quale fra le regioni di Pistoia e Modena s'inalza, e più per miracolo che per la copia dell'acqua memorabile, perocchè, come dànno testimonianza tutti gli abitatori, se alcuno da per sé, ovvero per sorte, sarà che getti una pietra o altro in quello, che l'acqua muova, subitamente l'aere s'astringe in nebbia e nasce di venti tale fierezza che le querce e li vecchi faggi vicini o si spezzano o si sbarbano dalle radici”. (Giovanni Boccaccio)


il lago visto dal rifugio

L'escursione odierna, è sicuramente la punta di diamante del poker d'assi calati sul tavolo di questa “partita”, lo scenario è d'eccezione, Sua Maestà l'Appenino tosco-emiliano, con le sue vette erbose che oltrepassano, come nel caso del Monte Cimone i duemila metri di quota; guida designata del giro odierno è Fabio B., ex compaesano, collega di lavoro nonché amico di vecchia data del Presidente degli Svalvolati, a completare il plotone c'è anche il Maffei, elemento integrante del gruppo in maglia verde acido.
Fabio B., col suo Garmin ha scaricato una traccia GPS indica come punto di partenza e di arrivo il paese di San Marcello Pistoiese, giunti fino a qui in automobile iniziano i preparativi; il dislivello da affrontare, stando almeno ai dati forniti è nell'ordine dei 1200 m, che per il sottoscritto, vista l'approssimazione dedicata alle uscite in sella non sarà per niente uno scherzo, comunque la convinzione di andare incontro ad un giro veramente bello ha superato la normale reticenza che probabilmente mi avrebbe fatto desistere.
Il punto di rifermento in quota, ideale meta del viaggio, è il lago Scaffaiolo, diciamo che per quanto ne so io, San Marcello Pistoiese e lago Scaffaiolo sono le uniche cose certe della pedalata di oggi, tutto il resto nascosto nei misteriosi file del Garmin di Fabio B.!
L'inizio è un po' incerto, comunque trovata la retta via iniziamo l'ascesa, come era prevedibile in salita, alternata peraltro subito dopo da una veloce discesa, sarà l'ultima fino al lago Scaffaiolo!
All'altezza di Lancisa, uno sparuto gruppo di case, abbandoniamo l'asfalto e ci inoltriamo a destra in un sentiero sterrato che entra in un boschetto; l'insieme di piccoli sentieri e mulattiere più o meno riconoscibili che ora paralleli ora che s'intersecano, inducono spesso in errore la nostra guida, tuttavia non perdiamo mai di vista la strada maestra e pur con qualche obbligato dietro front, il percorso scorre alla perfezione.
tratta di strada bianca
Usciamo dalla macchia per incrociare una carrareccia con un fondo in ottime condizioni, Ah dimenticavo! Anche oggi, contrariamente a quanto immaginassimo, credendo di avere per alleate le alte quote, l'insidia tafani è stata invece impressionante, in pratica almeno fino ai 1.300 m di quota, non hanno mai mollato la presa, chiusa parentesi; come dicevo usciti dal bosco ci siamo immessi su di una strada sterrata, ampia e pedalabile, transitabile anche in auto, tutto intorno si aprono al nostro sguardo dei vasti prati, si distinguono bene le cime, sembrano vicine, eppure sono ancora tanti i metri di dislivello da percorrere per raggiungerne la sommità, lungo il tragitto costeggiamo i recinto di cavalli al pascolo, rispetto al tratto nel bosco la salita è più abbordabile, dopo pochi chilometri il bosco ha di nuovo il sopravvento, la via torna ad essere più rovinata nel fondo ma ad ogni modo non crea alcun problema, tutto intorno alberi dai tronchi lunghi e dritti ci accompagnano in questa scalata, ancora qualche curva e appare di nuovo l'asfalto, siamo in prossimità della Doganaccia, un nucleo di eleganti case di montagna, meta privilegiata per chi ama le belle passeggiate in estate e lo sci d'inverno.
passo della Croce Arcana
Dopo una breve sosta in paese iniziamo l'assalto agli ultimi chilometri, circa 7 che ci separano dal lago, fuori dalla Doganaccia la strada si fa nuovamente sterrata e al contempo le pendenze tornano a salire, arriviamo, lungo una bellissima via panoramica al passo della Croce Arcana, snodo cruciale che segna il confine tra la Toscana e l'Emilia Romagna, anche qui ci prendiamo una sosta per scattare delle foto in ricordo di questa escursione, un cippo commemorativo e alcuni pezzi di artiglieria rendono caratteristico il luogo, poco più alto si vedono le grandi torri dei ripetitori televisivi, li prendiamo come riferimento per continuare a salire, quella che prima era una strada ora è poco più che di una mulattiera, con tratti insidiosi e pendenze variabili in funzione dell'andatura del crinale, incrociamo sovente delle persone a piedi, c'è chi ci guarda con ammirazione, chi un po' scocciato per il “disturbo” che arrechiamo e chi, quasi con un'espressione di quello che nella sua testa pensa “ma chi te lo ha fatto fare!!”.
Dopo tanta fatica mancano ormai pochi metri e finalmente scavalcato l'ultimo dosso, si vede il lago, le nuvole bianche si specchiano sulla sua superficie di un intenso blu  cobalto, molte persone sono distese tutte intorno a godersi comodamente i raggi del sole su tappeti d'erba spettacolari, alla nostra sinistra il monolitico rifugio Duca degli Abruzzi, a a destra il picco del Cupolino, ha inizio la vera sosta programmata fin dal principio dell'uscita, al rifugio un piatto di polenta coi funghi ci aspetta per rimettere in equilibrio il serbatoio!
Ci tratteniamo poco, quanto basta per contemplare la meraviglia del posto, e ne vale davvero la pena, un consiglio, veniteci! A piedi, in bicicletta, decidete voi, ritagliatevi una giornata libera in una bella giornata estiva e credo proprio che non ve ne pentirete.
A questi punti si apre un dilemma, continuare in base alle indicazioni fornite dalla traccia GPS che indicano di andare ancora avanti, verso l'ignoto! Oppure fare a ritroso quanto già fatto finora? Alla domanda non fa seguito una vera e propria risposta, fatto sta che si va avanti, scelta che farà rimanere in ansia un po' tutti da li fino alle macchine, già il primo tratto di sentiero si dimostra impraticabile, la salita cattiva e il fondo sassoso obbligano necessariamente a spingere la mtb a mano, ci illudiamo che si tratti di poche centinaia di metri, quel tanto che basta per raggiungere lo scollinamento poco più in alto in direzione del Corno alle Scale, è in realtà l'inizio di un tratto lungo non meno di 5 km nei quali solo per pochi metri ci verrà consentito di stare in sella, infatti fra tratti pianeggianti ma strettissimi e scavati nella terra, o altri estremi sia a scendere che a salire, o altri ancora pietrosi con tratti dentellati di rocce ben conficcate nel fondo e con scarpate vertiginose e profonde, ci obbligano a spingere!
sentiero verso il passo del Cancellino
Prossimi al passo del Cancellino, le mie scarpette da bici, inadatte per lunghe camminate mi fanno quasi temere di tornare a casa con un bel paio di vesciche ai piedi, i talloni strofinano ormai doloranti sulle tomaie, e ogni passo si fa sempre più insopportabile, a dispetto delle bellissime scenografie che si offrono al nostro sguardo, lo scoramento inizia a prendere il sopravvento, il sentiero sembra non finire mai, a volte sembra quasi che voglia beffarsi di noi illudendoci che sia ormai finito, ma dopo pochi metri il motivo non cambia! Continuiamo col nostro incedere lento, ormai rassegnati, continuiamo con un senso di dignitosa disperazione, anche perché non c'è molto altro da fare! Entriamo ad un certo punto in una fitta boscaglia, popolata di alberi maestosi, probabilmente, pur senza indicazioni certe, dovremmo essere all'interno della foresta del Teso, un polmone verde dal notevole valore naturalistico; si intravede la possibilità di ricominciare anche a salire in sella con una certa continuità, infatti, pur su un sentiero impegnativo riusciamo a mantenerci in equilibrio sulle due ruote, quanto basta per riaccendere la speranza di essere fuori dal tunnel.
l'inizio della foresta del Teso
La conferma che siamo all'interno della foresta del Teso e quindi prossimi anche alla fine del giro ci viene data da un gruppo di escursionisti a piedi che ci indicano anche quale sia secondo loro il sentiero migliore da prendere, da qui in avanti inizia una rapida picchiata per ritornare a San Marcello, contravvenendo almeno in parte alle indicazioni fornite dalla traccia GPS, ci orientiamo in base al nostro fiuto, e facciamo bene, una lunghissima strada in discesa inizialmente sterrata, immersa sempre nel verde della foresta, fa precipitare velocemente l'altimetro.
Ci siamo! Le indicazioni per San Marcello, dopo oltre sei ore dove luoghi ed emozioni si sono miscelati in un cocktail col suo sapore che resterà piacevolmente nella memoria a ricordarci per molto tempo ancora i risvolti di una bella giornata, adesso non ci resta che riprendere la strada verso casa.




Berignone 

12 settembre

Berignone è un ambiente splendido, che per la sua selvaggia imponenza si carica di colori elettrizzanti, di paesaggi inediti, di profumi nuovi, tutto in uno sfondo magico, saturo in un'atmosfera provocante, inconsueta, avvincente, eccezionale.” (E.Pertici – tratto da Castello dei Vescovi, in “I luoghi di Velathri, Da Velathri a Volterra”)




Questo è l'ultimo capitolo della mini serie di quattro uscite dell'estate 2015, la destinazione stavolta è la riserva di Berignone, per esteso, come indicato sulle carte geografiche “Riserva Naturaledella Foresta di Berignone e Macchia di Tatti”, che con questa definizione vuol riferirsi ad un'importante polmone verde situato nella provincia di Pisa, pochi  chilometri a sud dell'antichissima e fiera città di Volterra, in Alta Val di Cecina.
L'uscita odierna fa il pieno di presenze, il gruppo infatti è numeroso ed eterogeneo, si sono aggregate a noi anche due fat bike, l'ultima tendenza in materia di biciclette da fuori strada che inizia ad invadere il mercato.
i compenti della spedizione
Questi i partecipanti oltre a chi vi scrive: (nell'ordine della foto a fianco) David 1, David 2, Roberto, Claudio, Riccardo, Andrea, Primo, Lorenzo e Luca; A Riccardo è assegnato il compito quest'oggi di guidare la carovana nel folto della selva.
Partiti da Ponte a Egola in auto siamo giunti dopo un trasferimento di circa un ora nei pressi di Volterra, precisamente a Roncolla, da dove, scesi i mezzi, abbiamo dato il via ufficiale all'escursione puntando alla volta del piccolo borgo di Mazzolla, si inizia subito in salita, e prima di addentrarci nel fitto della vegetazione ammiriamo la struggente bellezza del territorio volterrano, con le sue caratteristiche dune brulle, dal colore grigio, tipiche di un terreno argilloso, sulla sommità di qualche collina, come piccole oasi si vedono dei solidi casolari di pietra e laterizio in perfetta armonia col paesaggio circostante, più distante i boschi fanno da cornice.
Da Mazzolla scendiamo nella valle sottostante lungo una veloce strada bianca al fondo della quale una transenna ci  indica che stiamo entrando nella Riserva, d'ora in poi lasceremo alle nostre spalle le calve colline per addentrarci nella foresta, mano a mano che procediamo la strada, precedentemente inghiaiata diviene in terra battuta, talvolta con brecciolino e pietre che affiorano dal terreno, comunque si sale bene; altro discorso è la salita che d'ora in poi non darà tregua, almeno per cinque chilometri successivi, caratterizzata da pendenze variabili con punte intorno al 14% che frantuma la comitiva in piccoli gruppetti.
L'ascesa dentro il bosco è veramente suggestiva, i raggi del sole trafiggono obliqui le fronde degli alberi, si creano così dei magici giochi di luce, la quiete di questi luoghi è momentaneamente interrotta dal nostro passaggio, ogni tanto ci concediamo qualche sosta, vengono scattate delle foto, si riempiono le borracce, si contemplano i luoghi, ricompattiamo il gruppo; quando si apre qualche squarcio fra la vegetazione ne approfittiamo per guardarci il panorama, la visuale è ampia, in lontananza si vede, adagiato su una collina a circa otto chilometri in linea d'aria da dove ci troviamo il paese di Pomarance; lungo la strada troviamo della segnaletica turistica “itinerario dei castelli”, proseguiamo fino alla cima Coppi, posta a quota 437m slm nei pressi del monte Metato (546 m slm), ha inizio quindi la discesa.
Ci manteniamo per il momento su la via maestra, ma di li a poco l'abbandoneremo per svoltare a destra per il sentiero n.10 detto della Torraccia, quello che si prospetta davanti alle nostre ruote è un lungo ed entusiasmante single track totalmente immerso nella macchia, il fondo è facilmente percorribile seppure piuttosto sporco di ramaglie e foglie cadute di vecchio, ad ogni modo il divertimento è garantito, curve e contro curve, qualche salita e molta discesa, terra battuta e sassi e poi tanta “strada”, circa quattro chilometri, direi quasi un unicum! Fra gli alti fusti delle piante, qui sembra di essere tornati indietro nella preistoria, il timore è di vedersi sbucare davanti un T-rex!
castello dei Vescovi
Ad uno ad uno transitiamo in una lunga fila indiana, e dopo essere scesi per 146 m il sentiero n.10 si ricongiunge con una strada bianca nei pressi dei ruderi del Castello dei Vescovi, detto appunto la “torraccia”; il fortilizio versa in un totale stato di abbandono, questo è una magnifica testimonianza di architettura militare del medioevo in Toscana, cartelli dissuadono eventuali visitatori di non procedere oltre per il rischio di crolli, le rovine per quanto perfettamente visibili, sono ormai assediate dalla vegetazione, speriamo che un intervento di risanamento possa essere messo in atto prima che quel che ancora resta vada irrimediabilmente perduto!
La sosta al castello è fin troppo breve, ripartiamo costeggiando la gola scavata dal torrente Sellate per giungere poco più a valle ad un'area attrezzata dove un po' per l'ora, un po' per imprevisti, decidiamo di sostare per un pranzo mordi e fuggi; non so se sia per il troppo tempo trascorso da l'ultima volta che c'era stato oppure un'alterazione dei luoghi dovuta alle esondazioni del Sellate, fatto sta che Riccardo, la guida, è tratto in inganno ed è quindi costretto ad optare per una modifica del percorso, che nelle intenzione aveva come prossimità tappa quella di un passaggio al Masso delle Fanciulle sul fiume Cecina.
Riccardo, spiazzato dall'imprevisto, cede il bastone di comando che è subito raccolto da Roberto, ma ormai gli schemi sono saltati, si punta, nell'incertezza, a ritornare verso le macchine ma iniziano fin da subito i “mal di pancia”, c'è chi concorda e c'è chi invece vorrebbe in qualche modo continuare nel tentativo di raggiungere l'obiettivo, alla fine prevale il partito di chi vuol raggiungere il Cecina, si procede a tentavi, tutti inconcludenti, nel frattempo anche Roberto a gettato la spugna, gli subentra Andrea, ci si mette anche la sfortuna, una strada conosciuta è interrotta da una grossa frana, impossibile percorrerla!
Di nuovo si torna ad improvvisare, un sentiero appena accennato che costeggia un campo arato, sembra portare direttamente sul fiume, onestamente tra le file serpeggia il dubbio comunque si tira innanzi, la discesa fra le zolle avviene in un equilibrio precario, ma è poca cosa rispetto a ciò che ci attende, terminato infatti il terreno lavorato inizia una scarpata  ripida fra rovi, arbusti ed erbe che ci sommergono, la discesa è compiuta con le bici a mano, lentissima, insidiosa, il rischio di rotolare a capofitto in qualche buca è alto, un'impresa degna più di corpi speciali che dei biker.
Finalmente l'aspra discesa ha termine, ed arriviamo direttamente sul greto del Cecina, abbandonata ogni velleità di arrivare al Masso delle Fanciulle, attraversiamo l'alveo del fiume per risalire verso Roncolla, che detta così sembra cosa già fatta, ma la stanchezza inizia a presentare il conto, la strada è ancora tanta, come tanta è la salita, con pochissimi tratti  ombreggiati e l'acqua nelle borracce ormai scarseggia, senza, in prospettiva nessuna fonte per riempirle, unica nota positiva un cielo in cui nel frattempo si sono addensate molte nubi contribuendo a mantenere accettabile la temperatura.
Lo skyline di Volterra è davanti ai nostri occhi, più distante il cucuzzolo di Mazzolla, la, da quelle parti, in un punto imprecisato avrà termine questa fatica; la strada bianca che stiamo percorrendo si adatta alla forma delle colline, tendenzialmente in salita, a volte con strappi anche impegnativi, alzando la testa si vede, lassù in alto, la via asfaltata e le auto che la percorrono, è distante ma almeno adesso abbiamo un riferimento visivo.
Ormai le borracce sono secche, si spera che non manchi molto, infatti seppure separata da una belle greppa, si intuisce bene il punto di ricongiungimento tra sterrato e asfalto, e da li, secondo le indicazioni di Riccardo, siamo praticamente arrivati, un ultimo sforzo e siamo in cima! Effettivamente le indicazioni sono esatte, la strada asfaltata procede tutta in discesa ed arrivare alle macchine è cosa rapida, l'escursione può dirsi conclusa!