domenica 7 gennaio 2024

IL CICLO DELLE CICLO-ESCURSIONI DELL'ESTATE 2023

Da Piazza a Piazza


22 aprile 2023

Scritto da Fabio Cappelli











E’ un po’ come ritornare sui luoghi delitto, a distanza di molti anni; “Da Piazza a Piazza” un nome che racchiude in se la storia della mountain bike in Toscana, ormai giunta alla sua 34^ edizione, questa competizione è una pietra miliare per i tanti appassionati di questa pratica sportiva e a me personalmente evoca tanti ricordi, allora, quando vi partecipai era la 23^ edizione, vuoi l’incognita del tracciato, la tensione della competizione, la scoperta di luoghi nuovi, lo spirito che anima queste manifestazioni e gli amici con i quali la condivisi fanno si che anche a distanza di molti anni, abbiano lasciato un segno indelebile.

Oggi però, dopo tanto tempo tutto è cambiato! Non l’affronterò in gara, ma solo una tranquilla prova del percorso di questa ennesima edizione che avrà luogo l’indomani! Ed anche il tracciato è stato totalmente rimaneggiato, nulla a che vedere con quello di tanti anni prima, che proprio poco a ridosso del traguardo, trovava nel suggestivo attraversamento del fiume Bisenzio il momento più iconico! Quella che rimane immutata è lo voglia di scoprire luoghi nuovi, e la consapevolezza che difficilmente rimarrò deluso, memore della favorevole impressione che mi lasciò all’epoca!

Ma non precorriamo i fatti, la giornata è baciata dal tepore di un bel sole primaverile, il team della giornata odierna è il solito di queste sortite extra ordinarie, ovvero, in rigoroso ordine alfabetico, Andrea, Fabio e Marco, l’altro Fabio sono io, ovviamente! 😉. Si parte di buon’ora in direzione Prato, la Chinatown della regione, un insieme di vetrine e cartelli pubblicitari contrassegnati dal bilinguismo con le innumerevoli scritte in lettere e ideogrammi; ci avviciniamo al punto di partenza e giunti sul luogo, in prossimità di un piazzale vuoto, antistante un grande centro commerciale in viale Galilei, si scaricano le bestiacce artigliate e ci prepariamo a partire.

I primi chilometri sono su asfalto, in leggerissima salita e puntano verso nord lungo la stretta valle del Bisenzio, prestiamo attenzione al traffico veicolare che qui viaggia particolarmente spedito; per il giro odierno ci basiamo sulle frecce già poste in essere dagli organizzatori della kermesse, cerchiamo di percorrere questo primo tratto il più rapidamente possibile per lasciarci alle spalle i tubi di scappamento ed entrare nel cuore del percorso gara, e infatti poco più avanti all’altezza delle case di La Briglia (Vaiano) le indicazioni ci dicono di svoltare repentinamente a sinistra, e inizia la rumba.

Anche se siamo ancora su asfalto, il traffico ormai è dietro di noi, quello che invece abbiamo davanti è una salita davvero tosta, con pendenze che di rado scendono al di sotto della doppia cifra, ma siamo partiti da poco e le riserve di energia sono praticamente intatte, quindi nonostante l’asprezza dell’erta di fiato in corpo ne abbiamo, e i commenti si sprecano in questa scoperta di nuovi posti e di considerazioni sul percorso.

Sostanzialmente la gara vedrà due grandi salite che toccheranno pressappoco i 1000 m di altitudine, la prima, quella che stiamo affrontando adesso troverà il suo apice sul monte Javello, che di fatto, dopo un lungo anello che gli gira intorno, verrò riaffrontato nuovamente per il secondo picco di ascesa prima del finale, seppure attaccandolo da un versante completamente diverso.

L’itinerario è uno di quelli che ti vuol vedere in faccia, non fa sconti, e se non hai un consolidato livello di allenamento non ti perdona! Saliamo costantemente già da un po’ in un ambiente dominato da folte alberete, in prossimità del passo de La Collina tiriamo un po’ il fiato, pochi metri pianeggianti di asfalto e poi di nuovo si ritorna a salire, sempre più immersi nel fitto vegetazione e con una sentieristica che mette a dura prova le capacità di restare in sella!            

Visto che non abbiamo da fare a sportellate con nessuno, approfittiamo di un’ampia radura per scattare qualche foto, dissetarci e godere della magnifica vista che si apre sotto i nostri occhi, caratterizzata dalla grande pianura che senza soluzione di continuità unisce Firenze, Prato, Pistoia e tutto quello che ci sta in mezzo; quel quadro d’insieme ci rinfranca di tutta la fatica durata per giungere fin quassù, la bella giornata è una complice perfetta per rendere il tutto superlativo, e lo stesso magnifico spettacolo lo rivivremo ancora più in alto, in prossimità del Poggio delle Cavallaie dove si sfioreranno i 1000 m di quota, e dove la fatica inizia a farsi sentire.

Sono pochi i segmenti del tracciato che potrebbero apparire monotoni e scontati, ed uno fra tutti e quello,  che una volta giunti al culmine della prima salita, si materializza in un single track da guinness dei primati sia per la lunghezza che per la bellezza, scorrevole e guidato non presenta particolari difficoltà tecniche, al contrario lo troviamo divertente e molto godibile, immerso totalmente nel bosco, interminabile e a dirla tutta è pure da apprezzare l’impegno di coloro che si sono prodigati a sistemarne il fondo anche con opere di consolidamento e di messa in sicurezza, davvero un gran bel lavoro.

Ultimato il st ci ritroviamo nei pressi di un crocevia di sentieri, frequentato anche da altri sparuti gruppetti di biker, ci viene il dubbio di essere molto vicini alla Riserva dell’Acquerino, il dubbio è presto sciolto da un cartello che ci indica che ci siamo già dentro, ed effettivamente la zona è di una suggestiva bellezza, regna il silenzio, solo il vento che passa tra i rami fa da sottofondo, non possiamo fare a meno che regalarci un minuto di tranquillità in contemplazione della natura che ci circonda.

L’itinerario, in questo segmento centrale prosegue alternando salitelle taglia gambe e discese funamboliche, con queste ultime in netta prevalenza e che diventeranno praticamente il leitmotiv con picchiate talvolta davvero adrenaliniche, tecnicamente mai troppo difficili ma senza dubbio degne di massima attenzione e sapiente controllo delle bici per via delle velocità raggiunte; in quanto a gli ambienti di questa parte del periplo posso solo dire che sono davvero degni di nota con tratti immersi nel bosco decisamente al top.

Siamo nel territorio di Cantagallo, una comunità che come altre limitrofe si ritrova incastrata in questa stretta lingua di terra che caratterizza la più giovane fra tutte le provincie toscane, attraversiamo i piccoli ed isolati villaggi di Santo Stefano e Luicciana, immersi come sono in questo mare di verde; ormai la lunga, lunghissima discesa sta quasi per finire, il tempo ancora di costeggiare le sponde bagnate da un piccolo specchio d’acqua e poi la musica cambierà, il tamburo continuerà si a scandire il suo tempo ma ad un ritmo molto più lento, quello cioè di una nuova interminabile salita!!

Il finale mi vede con i serbatoi ormai a gli sgoccioli, l’ascesa alla seconda scalata al monte Javello è durissima, un’autentica pugnalata ai fianchi, le energie sono davvero al lumicino; Marco che pedala su una bici elettrica è l’unico che non dimostra apprezzabili segni di cedimento, fra noi che invece pedaliamo con la sola forza delle nostre gambe, soltanto Fabio tiene botta, Andrea seppur resistendo con una stoica tenacia, deve fare i conti fino all’ultimo coi crampi che lo attanagliano, e talvolta lo costringono a fermarsi per fare un po’ di stretching e calmare gli spasmi.

In alcuni, ma fortunatamente brevi passaggi, specie a tre quarti di giro, il sentiero è davvero cattivo e impossibile da pedalare; in maniera neppure troppo velata, qualcuno indirizza degli accidente a chi lo ha disegnato; la salita infinita, mista ad un fondo sconnesso, fra pietre e radici, ci obbligano talvolta a spingere; salite intervallate da discese tecniche, e poi ancora salite, e nuovamente discese, e ancora salite prosciugano le residue energie e logorano il morale, un po’ come a dire “Dai no! Ora basta! Ma come ancora? E non se ne può più!”

prima del finale un nuovo st, ma stavolta, diversamente dal precedente, molto più tecnico e impegnativo, mette a dura prova la mia lucidità, le mani e i polsi; guai ad allentare la concentrazione proprio ora, significherebbe collezionare una musata di quelle che si ricordano per un bel pezzo, quindi si fa spazio in me l’idea che forse sia giunto per oggi il momento di non sfidare oltre la buona sorte, aspetto solo il momento giusto e appena se ne presenterà l’occasione taglierò un pezzo di tracciato e ritornerò al furgone che tanto a questi punti rischiare oltre non ne vale la pena.

Non passa troppo tempo da quest’ultimo pensiero che dopo poco si presenta subito l’opportunità, mi accorgo infatti che il mio GPS sta ritrovando il circuito già fatto all’andata, ottimo! Ancora pochi metri e basterà seguirne la rotta sino all’inizio, paleso a gli altri miei compagni di avventura la mia volontà e anche Marco (dopo circa cinque ore e mezza in sella) valuta che anche per lui per oggi può bastare qui! Fabio e Andrea invece non intendono mollare proprio adesso e proseguono restando sul percorso della gara, fino alla fine davvero tosti! Io e Marco li precediamo al furgone dove loro giungeranno circa un quarto d’ora dopo.

Il giro termina qui, su quel piazzale ormai brulicante di gente da dove eravamo partiti circa sei ore prima, un giro bellissimo e snervante al tempo stesso, non oso pensare ai molti che domani lo dovranno affrontare in assetto da gara; la gita in terra pratese potrebbe finire qui, ma prima di congedarci ci siamo concessi il lusso di far sosta in un bar per riempire un po’ lo stomaco, vi entriamo, il giovane proprietario si chiama Luca, ma forse è solo un nome di comodo per facilitare il contatto con la numerosa clientela italiana, visto che anche la suo locale come tantissimi ora mai in città, è gestito da cinesi; potere della globalizzazione e segno dei tempi che cambiano!

 

Dati del giro:

Lunghezza: 62 km

Dislivello positivo: 2020 m 

foto

 

L'Abetone

sabato 22 Luglio 2023

Scritto da Fabio Cappelli

 

Sveglia ore 6:00! Mi preparo, e di buon mattino parto da casa già in sella alla mia fidata Scott, l’appuntamento come d’abitudine è fissato per le 7:15 nel grande parcheggio della PAM a San Miniato basso, per incontrarmi con l’allegra comitiva decido di costeggiare la ferrovia, magari non è la via più breve ma è quella che mi piace di più!

Ad aspettarmi ci sono Andrea, Fabio e Marco, ormai il gruppo è collaudato, dopo i saluti di rito e caricate le mountain bike nello spazioso furgone che generosamente ci mette a disposizione già da qualche uscita il buon Fabio, si parte alla volta di Melo, un minuscolo mucchietto di case ancorate alla montagna pistoiese, a metà strada tra Cutigliano e la Doganaccia, il tutto non troppo distante dalla più famosa località de l'Abetone; il percorso è frutto di una ricerca fatta da Andrea che dopo aver studiato mappe e quant’altro ha selezionato un tracciato per affrontare la giornata.

Il meteo promette sole e così sarà nel volgere della mattinata, per adesso però qualche nuvola filtra i suoi raggi rendendo l’aria non particolarmente calda, meglio! Se si considera le alte temperature che ci saranno a valle! Si inizia subito in salita, poco fuori l’abitato di Melo imbocchiamo a sinistra una impegnativa rampa asfaltata, via del Paradiso, che incede a ritmo incalzante, con i suoi tornanti, lungo il versante della montagna per attestarsi nella sua parte sommitale intorno ai 1200 m slm, qui la strada, ormai dal fondo sterrato segue il fianco della montagna senza presentare difficoltà di rilievo, anzi si percorre in scioltezza; la località è amena, immersa nella rigogliosa vegetazione e ad un certo punto arriva in prossimità di un agriturismo la cui ubicazione, proprio al di sotto l’enorme mole del Libro Aperto ne danno un quadro d’insieme davvero magnifico.

Andrea ha studiato un sentiero che prevede a questo punto di inerpicarci ancora sul costone della montagna, pressappoco sotto la Cima Tauffi, ma qualcosa va storto e ben presto ci accorgiamo che la "retta via era smarrita", dopo qualche vano tentativo in cerca del sentiero perduto non resta altro che ritornare verso l’agriturismo e proseguire su quella parte di tracciato che comunque era stata messa in preventivo di fare.

Si scende come saette, con Fabio che fa da apri pista, noi altri tutti nella sua scia! Anche Marco comunque si difende bene in questi frangenti e scende giù a bomba, il sentiero è sterrato, tipico di montagna, con steccati di legni un po’ arrangiati che delimitano i prati degli animali al pascolo; è una ripida picchiata su un fondo sconnesso che ci fa scendere di circa duecento metri, fino a quando questo viottolo non va a confluire sulla strada carrabile per Rivoreta, qui su fondo asfaltato si inizia a risalire, il clima è davvero gradevole, i luoghi anche.

Proprio a Rivoreta improvvisiamo, e anche se non era previsto, imbocchiamo una bella carrareccia forestale che cattura la nostra attenzione, la via è sterrata e costeggia il canyon scavato dal torrente Lima, la via, volendo anche carrabile, si sviluppo in salita all’interno della boscaglia, procede con tornanti duri fino a quando ricomincia l’asfalto in località Bicchiere, qui la strada torna a farsi più pedalabile, quindi si prosegue ed oltrepassiamo le case de La Secchia, poi poco dopo, sempre sull’onda dello spirito d’avventura che ormai si è impadronito di noi, svoltiamo con una curva a gomito verso destra per entrare nuovamente nell’ombra fitta della vegetazione.

Il godimento è garantito su di un'altra carrareccia forestale interdetta alle auto, la carreggiata è ampia, il fondo è un misto tra terra battuta e ghiaia, il tutto circondata da grandi abeti; il profumo del sottobosco ne riempie l’aria, e per quanto la strada proceda in salita, le pendenze sono piacevoli, molti sono anche coloro che incontriamo a fare trekking e ogni tanto capita di incrociare anche qualche bicicletta, poi d’un tratto la strada s’impenna, e lo fa a tal punto che uno dopo l’altro, eccetto Marco con la sua e-bike, siamo costretti ad alzare bandiera bianca e spingere a mano i nostri mezzi, ma è uno stress-test che fortunatamente dura solo poche decine di metri, raggiunta infatti la cima dell’erta, la strada torna a procedere in piano.

Nell’area pic-nic di monte Maiori facciamo una sosta, alla fontana che vi troviamo ne approfittiamo per riempire le borracce e scambiare qualche parola con un anziano signore, di Firenze se la memoria non m’inganna, che si dimostra particolarmente loquace; ci intratteniamo ancora un po’, poi vista l’ora riprendiamo il viaggio in direzione dell’Abetone passando per il Boscolungo; su di un fondo che non è dissimile dal precedente ora però  procediamo in discesa, veloce! Molto veloce! Stando attenti ad ogni curva a non finire addosso a qualche escursionista, il fondo è compatto ma comunque necessita di attenzione per via del brecciolino, poi eccoci alle piramidi simboli stesse della famosa stazione sciistica a quota 1360 m slm!

Approfittiamo dell’ora per una pausa pranzo, e nel contemplare dall’ampia terrazza le creste montuose davanti a noi, ci rilassiamo al caldo sole di luglio fra un morso a una schiacciata e sorseggiando qualcosa di fresco e dissetante, un caffè e poi via si riparte nella discesa infinita fra tornanti e contro tornanti; gli altri tre vanno giù come folli, quasi in una sfida al cardiopalma, gomito a gomito schivando auto e moto, io me la prendo molto più comoda, per queste cose preferisco di gran lunga lo sterrato, e poi dopo tanta salita voglio godermi un po’ di discesa, alla fine della quale ci ritroviamo a Ponte di Sestaione, e attraversato nuovamente il ponte sul torrente Lima, iniziamo la lunghissima e inesorabile salita, tutta su asfalto, verso Melo.

Subito arriviamo a Cutigliano, località che vale sicuramente la pena di visitare, in quanto piccolo borgo di origine medievale, tipico nella sua urbanistica, in estate poi
é spesso teatro di feste paesane che ne animano le antiche vie; noi procediamo oltre e devo dire che la fatica inizia a farsi sentire, ma comunque nessuno mostra segni di cedimento e il gruppo è sempre compatto.

    La salita a tratti dura a tratti più pedalabile sembra in tutti e due i casi interminabile, nessuno molla un centimetro e tutti stringiamo i denti, non è certo una gara, ma chi ne ha di più adesso da fondo a tutte le sue riserve; il caldo seppur neppure paragonabile a quello che alla stessa ora ci sarà a casa, è ad ogni modo asfissiante, rossi come peperoni diamo gli ultimi colpi di pedale per concludere finalmente l’anello e ritornare al furgone… .

Il giro, del quale si può essere assolutamente soddisfatti finisce qui, quello che invece non finisce è la serie di appuntamenti d’uscite con gli amici Svalvolati, altre ne verranno che caratterizzeranno questa pazza torrida estate 2023.

 

Dati del giro:

Lunghezza: 45 km

Dislivello positivo: 1550 m  

foto



Il Pratomagno

sabato 9 settembre 2023 

scritto da Fabio Cappelli

vetta del Pratomagno

L’ultima in ordine di tempo fra quelle uscite che mi hanno visto presente nel ciclo delle grandi escursioni estive 2023, è stata questa.

La destinazione dichiarata, ovvero la croce del Pratomagno, non è una meta a me ignota, anzi! Più di una volta ho avuto modo di renderla l’obiettivo di escursioni, ma solo a mo’ di passeggiata, mai in sella alla mia Scott, oggi sarà l’occasione per infrangere anche questo ultimo muro.

Partenza come sempre da San Miniato basso col solito irriducibile drappello di amici degli Svalvolati in mtb, quindi Andrea, Fabio e Marco, al quale però oggi si è aggiunto anche Vito, un veterano dell’escursionismo, nonché guida del CAI locale, prestato alle ruote grasse da quando cioè le e-bike hanno fatto il miracolo di far avvicinare al pedale persone alle quali probabilmente sarebbe rimasto impermeabile questo mondo fatto di divertimenti da scavezzacollo!

Puntiamo verso Vallombrosa, luogo di inizio della sgambata odierna, parcheggiamo in prossimità della imponente abbazia, circondata da una macchia ricchissima di alberi ad alto fusto, poi ci avviamo lungo la sterrata contrassegnata dal sentiero CAI 12; il primo tratto si sviluppa completamente nel bosco, caratterizzato da una salita costante, a tratti impegnativa di circa 7km.

Questa lunga ascesa fa comodo per rompere il fiato, e fra una chiacchera e l’altra si giunge all’intersezione della strada sterrata che viaggia pressappoco parallela al sentiero 00 del crinale in prossimità del monte Secchieta a quota 1449 m slm, che un tempo ospitava impianti sciistici e che ora versa in stato di abbandono, tuttavia la zona è tutt’altro che spopolata, essendo costellata di abitazioni di privati che qui passano senz’altro giornate piacevoli immersi nella natura e possono godere di viste mozzafiato, inoltre nelle immediate vicinanze esiste il Rifugio di Secchieta, io non lo so ancora, ma tornerà assai utile sulla via del ritorno.  

A dirla tutta non abbiamo un vero e proprio piano da seguire, Andrea ed io ci siamo un po’ documentati su internet improvvisando un itinerario da seguire, quindi il più delle volte si naviga a vista, comunque dovrebbe uscirne alla fine un giro di circa una quarantina di chilometri; sembra evidente a tutti che la direzione giusta  è verso sud su di una strada inghiaiata a tratti anche con segmenti asfaltati e che ci obbliga ogni tanto anche a delle soste per poter godere appieno, complice anche la stupenda giornata di sole, la bellezza dei luoghi e magari scattare anche qualche foto.

Il percorso è ondulato, prevalentemente in discesa, poi un po’ alla volta, curva dopo curva, oltrepassando le vette che ne celano la vista, appare in lontananza la croce del Pratomagno; continuando sulla strada principale arriviamo in prossimità di un punto caratteristico del luogo, il tunnel del Pratomagno che permette di unire, pur su una strada fortemente dissestata nel versante ovest, il Casentino alla Valdarno Superiore!


Anche qui, in prossimità del tunnel che come un sifone crea una forte corrente d’aria rinfrescante, facciamo una breve sosta, poi evitando di voler da retta alla segnaletica che già ci indica una possibile via per la croce su di un sentiero irto e difficilmente pedalabile, seguendo il mio consiglio si prosegue verso il ristorante daGiocondo, che è anche il più classico punto di partenza di escursioni a piedi e senza dubbio il più indicato per quelle in bicicletta.

L’arrivo da Giocondo consente anche di riempire le borracce, l’acqua, (così come il cibo) non è mai troppa in questi frangenti e avrò modo di scoprirlo amaramente più avanti, ma per ora tutto procede nel migliore dei modi giornata perfetta e la compagnìa è ormai collaudata; ultimata anche questa sosta si inizia a fare sul serio, la salita fino alla croce e veramente impegnativa, si aprono sotto i nostri occhi ampi crinali erbosi, il sentiero che invece conduce alla sommità e sconnesso, caratterizzato di pietrame incoerente, intervallato da canale improvvisate per il deflusso delle acque piovane.

Non senza fatica raggiungiamo la cima e qui la croce, un traliccio metallico che svetta su qualunque cosa intorno, a dispetto di quel che poteva sembrare in lontananza, è davvero maestosa, il punto panoramico poi è spettacolare, da qui in giornate limpide si vede un’amplissima parte della Toscana, dall’Appennino tosco emiliano al Monte Amiata, dalle cime del Casentino al Monte Serra, come su una terrazza naturale possiamo osservare una miriade di paesi grandi e piccoli nelle vallate sottostanti, Loro Ciuffenna, Castelfranco di Sopra, Terranuova Bracciolini, Montevarchi e decine ancora potrei citarne, tanti ne scorgiamo vicini e lontani.

Il notevole punto panoramico è inevitabilmente motivo di attrazione per le flotte di visitatori che affollano il luogo, anche noi approfittiamo del momento topico per prolungare la sosta, scambiare due parole e scattare una foto di gruppo approfittando anche della complicità di giovani e belle turiste americane che si prestano volentieri a immortalare questo attimo eterno!

Il giro a ben vedere sarebbe finito qui, tuttavia ignari di quel che ci aspetta e insoddisfatti della brevità del percorso decidiamo di continuare oltre, qualcuno infatti ci ha soffiato nell’orecchio che nelle immediate vicinanze si troverebbe la cosiddetta spada nella roccia, vale la pena quindi spingersi ancora un poco oltre per non sprecare questa occasione d’oro e prendere quindi due piccioni con una fava.

Lasciatoci alle spalle il punto più alto del giro e i suoi 1592 m slm, scendiamo verso un luogo ignoto puntando sempre verso sud; ingenuamente crediamo si tratti della collina successiva, che solo in apparenza è vicina, per di più la salita per scollinarla è anch’essa tutt’altro che semplice, inoltre giunti al culmine della salitaccia, della spada nemmeno l’ombra, perplessi iniziamo a chiedere informazioni ai camminatori che incrociamo, ci garantiscono che la direzione è giusta e in fin dei conti non manca molto alla meta.

        Consolati da tali parole, proseguiamo certi di essere vicini al giro di boa, macché! Anche la collina successiva, che noi credevamo l’ultima non ancora quella che cercavamo noi, e questo giochino antipatico continua ancora fra saliscendi infidi che non fanno altro che farci sempre più allontanare dal punto di partenza, finalmente ormai sconsolati e disillusi arriviamo all’agognata meta, che peraltro vale la pena di raggiungere!


La spada nella roccia

Sosta e foto sono di rito in questi casi, ma ora c’è da riprendere la via del ritorno, chi non dispone di una e-bike comincia davvero a fare i conti con la stanchezza, io più di altri inizio ad accusare la fatica e inoltre l’acqua scarseggia come pure le riserve di barrette energetiche, bah, speriamo bene! Il primo dilemma che ci si para dinnanzi è quale sia la migliore strada del ritorno, fare a ritroso quella appena fatta risulta chiaro a tutti che è massacrante l’alternativa sarebbe un sentiero indicato dai navigatori che però è davvero una incognita, non sappiamo nulla, ne lunghezza, ne dislivello, ne condizioni del fondo, e in ultimo nemmeno se sia veramente percorribile, ad ogni modo ci sembra la soluzione migliore, quindi armati di coraggio optiamo per questa soluzione.

Inizialmente il sentiero CAI 22 è percorribile stando in sella, ma più ci allontaniamo dai prati di alta quota addentrandoci nel bosco, e più questo si fa impervio, fino al punto in cui restare in sella è impossibile, quindi in fila indiana e bici a spalla iniziamo a percorrerlo con l’unica nota positiva che almeno è in discesa, altro punto di vantaggio è che essendo molto ripido conduce sulla Strada Panoramica del Pratomagno, carrabile, seppur dissestata, che dal Valdarno sale e riporta al famoso tunnel già citato, in maniera piuttosto veloce; ma sul momento questo non lo sapevamo, e quindi il timore di aver fatto un grosso sbaglio a passare di qui, ci è balenato senza dubbio per la testa!

Riagguantata la strada carrabile e tirato un sospiro di sollievo, il più sembra fatto, forse! Magari per gli altri! Marco e Vito dotati di e-bike non fanno fatica a ritrovare immediatamente una pedalata efficace e prendono il largo, anche Fabio, che ha un serbatoio inesauribile di energia mantiene un ritmo forsennato e crudele per le mie possibilità, solo Andrea si attesta su una cadenza ancora tollerabile e infatti fra una parola e l’altra ci riportiamo insieme verso l’imbocco del tunnel dove gli altri ci aspettano, dopo di che il cedimento è inevitabile.

 Ormai sono abbondantemente entrato in riserva e quella bella strada inghiaiata che all’andata si presentava come una discesa scorrevole e leggera, ora fatta in senso contrario si profila come una salita di una durezza insormontabile, la borraccia e vuota e la sete è insopportabile, anche lo stomaco reclama qualcosa da metterci dentro, ma nulla, i taschini sono vuoti, c’è solo da sperare che non avvenga il crollo definitivo, oltre a questo c’è solo da stringere i denti e raschiare dal fondo del barile ogni stilla di energia fisica e mentale, ormai gli altri hanno preso il largo, di quando in quando il gruppo si ricompatta, ma bastano tre giri di pedale e fra me e il resto della comitiva si apre una voragine.

Descrivere a parole le sensazioni che si provano quando ci si trova in mezzo ad una crisi di una tale portata non è facile, solo chi leggendo ha vissuto esperienze simili può capirlo, poi, specie se ti trovi così lontano da casa, senza punti di riferimento, le difficoltà si amplificano, e non resta solo che fare affidamento sulle proprie forze e la tenuta mentale, provare a darsi degli obiettivi a brevissimo termine, ed averne uno magari risolutivo come quello di trovare un bar o un punto di ristoro qualsiasi che ti consenta davvero di ributtare benzina in corpo, e quell’obiettivo risolutivo sarebbe stato il Rifugio di Secchieta.

E cosi ogni giro di pedale e un metro in meno che mi divide alla salvezza, e c’è anche il tempo, nonostante l’annebbiamento dei riflessi di apprezzare la grandiosità degli spazi e il bello della natura; poi finalmente le prime case, gli altri hanno rallentato e ci siamo riuniti in gruppo e infine stacco le scarpette dagli attacchi, il rifugio è li, e li è anche la fine di un incubo, entro e il frigo è pieno di bevande fresche e zuccherate, sul bancone ci sono dolci e salati per qualunque gusto, il gestore, che non mi sembra di origine italiana mi serve, per me schiacciata e un thè bello fresco, poi ci accomodiamo tutti fuori, al sole, al caldo, e finalmente a stomaco pieno, si tira un po’ il punto della situazione, adiacente al bar del rifugio esiste anche un noleggio bici, ci soffermiamo a fare qualche considerazione in merito, poi rifocillati e carichi, io in primis, ci avviamo all’ultimo atto di questa dura e al tempo stesso magnifica giornata di pedalata.

Ci attende finalmente l’ultima e vertiginosa discesa del sentiero già percorso ad inizio giro, veniamo giù a rotta di collo, forse anche con qualche rischio di troppo, ma l’adrenalina scorre nelle vene per questo finale a cavallo fra le province di Arezzo e Firenze; gli alberi ci corrono accanto su questa carrareccia caratterizzata da lunghi dirizzoni e curve strette, ogni tanto rallentiamo per la presenza di qualche escursionista a piedi, fra una sgommata e una ripartenza al fulmicotone, quella che all’inizio era una lenta e interminabile salita ora c’è la beviamo in un sorso e in men che non si dica risiamo all’abbazia di Vallom
brosa.

Ora il giro è davvero finito, un giro che non dimenticherò facilmente, ovviamente per la terribile crisi di cui sono stato vittima, ma anche e ancor più per il bel gruppo che si era costituito in questa estate 2023 e con il quale ho condiviso impareggiabili avventure qua e la in questa nostra terra di Toscana, loro avrebbero ancora continuato con qualche altra escursione nei week-end successivi, dal canto mio avevo già messo in conto di chiudere con oggi il ciclo di uscite in mtb, volendo chiudere in bellezza con uno dei luoghi che mancavano fra tutti quelli che avevo già fatto. La storia, per ora finisce qui….   


 









Dati del giro:

Lunghezza: 57 km

Dislivello positivo: 1685 m

foto