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lunedì 1 settembre 2014

LA PANIA DELLA CROCE



scritto da Fabio Cappelli
 



     Questa è la piccola cronaca di un'escursione a piedi, un secondo tentativo a distanza di un pugno di anni per conquistare i 1858 m slm della Pania della Croce; per gli amanti delle scarpinate in quota o agli appassionati di geografia è facile che questo nome dia già delle indicazioni precise sulla vetta al quale faccio riferimento, per tutti gli altri lettori invece suonerà del tutto nuova, anche se l'avrete vista un'infinità di volte, iniziamo quindi col circoscrivere l'area, siamo in Garfagnana, o meglio siamo all'interno del Parco Regionale delle Alpi Apuane; che per chi abita come me a San Miniato e volge lo sguardo in direzione Nord-Ovest non sarà difficile individuare il gruppo della Panie, rispettivamente composto da destra verso sinistra dalla vetta della Pania Secca, l'Uomo Morto e, appunto, la Pania della Croce.
Fig.1 Il gruppo delle Panie vista da Sud.
     Per iniziare il lungo e impegnativo cammino che conduce alla sommità del monte dovete giungere in località Piglionico nel Comune di Molazzana (LU), luogo isolato e immerso in un oceano di fitta boscaglia dove per altro è necessario, per chiunque vi voglia accedere con mezzi motorizzati, pagare un ticket, la strada, inizialmente asfaltata termina su fondo ghiaioso in prossimità di un piccolo sacrario dedicato ai partigiani, da qui in poi bisogna proseguire a piedi armati di tempo, pazienza, fiato e buone gambe.
Fig.2 il sentiero nel bosco

    La camminata di per se stessa non presenta particolari difficoltà tecniche, ne tratti pericolosi, tuttavia è opportuna la prudenza specie se ci sono dei bambini! Inizialmente il sentiero è quasi pianeggiante, e prima di inoltrarsi nel bosco lascia ancora intravedere degli scorci panoramici delle alture e vallate circostanti, poi dopo poche centinaia di metri la vegetazione inghiotte i suoi visitatori entro un sentiero che sale aspro nelle pendenze e tortuoso nell'andamento, intervallato solo di quando in quando da spiazzi pianeggianti che possono essere utili per idratarsi e riprendere fiato; l'ombra e la quiete degli alberi, nonostante le fatiche dell'ascesa sono di per se stessi motivo di rigenerazione dello spirito, sembra quasi che i loro fusti, verticali come i denti di una pettine abbiamo, al nostro passaggio, il potere magico di strinare via e alleggerirci dai gravosi fardelli che la frenetica vita di ogni giorno ci rovescia sulle spalle.

     Terminato il bosco un altro suggestivo spettacolo si spalanca dinnanzi a noi, gli alberi svaniscono di colpo per lasciare il posto a vellutati prati d'erba, su sentieri ben visibili la scalata continua con pendenze sempre piuttosto dure, mentre a sinistra e a destra si stagliano grigie e massicce le vette della Pania Secca e della Pania della Croce, e davanti, in mezzo, il profilo inconfondibile e antropomorfo dell'Uomo Morto, sotto di cui è adagiato il Rifugio E.Rossi alle Panie!

     Dopo circa un'ora di passi svelti fra rocce, terriccio ed erba è giusto regalarsi una bella pausa presso il rifugio a quota 1609 m slm, una piccola ed accogliente struttura in pietra e legno in grado di offrire al visitatore un luogo dove rifocillarsi, una terrazza priviligiata che domina la Garfagnana; per i tanti che giungono fin qui, il rifugio stesso è un punto di arrivo presso il quale sostare che, specie nella belle giornate di sole garantisce attimi di puro relax distesi sui prati tutti attorno, ma per chi invece decide di proseguire per quota 1858 non siamo solo che a metà del guado, alta e in lontananza infatti svetta ancora piccola la croce all'apice della Pania; la roccia è di un colore grigio chiaro e un sole accecante illumina un sentiero erto e tormentato, appena visibile all'occhio, segnalato qua e la dai simboli del CAI, il tempo necessario a portare a termine l'impresa è stimato in almeno un'altra ora; diversamente dal tratto in bosco, dove i piedi erano sufficienti a salire, qui servono anche le mani, in alcuni tratti infatti la morfologia del sentiero è così estrema da dovervisi quasi arrampicare! La salita non presenta pericoli particolari ne tratti esposti, tuttavia è imperativo non abbassare la guardia, una svista potrebbe provocare cadute anche rovinose; allo stato attuale dell'arrampicata non è dato ancora sapere quale sarà lo scenario che ci attende in cima, poiché ci si inerpica all'interno di una gola naturale che preclude buona parte dell'orizzonte circostante, tutto sommato la cosa non è neppure così negativa, si vengono a creare in tal modo i presupposti di quell'attesa tipica che precede il grande evento, quella suspence e quell'eccitazione che si provano prima di spacchettare un regalo o di rompere l'uovo di cioccolato o prima di un incontro speciale! Ma il viaggio non è finito e sarà allora e solo allora che sapremo se ne è valsa la pena, se è andata "o bene bene o male male!" Ancora qualche metro è l'enigma sarà sciolto, manca poco e finalmente lo sguardo potrà godere di una visuale a tutto tondo, un altro sforzo e les jeux sont fait!  
    
Fig.3 Panorama
Ed eccolo la, di un blu sbiadito che sfuma all'orizzonte, piatto ed immenso... il mare, tagliato a metà dal riflesso del sole, vi si scorgono alcune isole dell'Arcipelago e le navi che vi transitano, e poi la Versilia che sembra quasi di poterla toccare con un dito, più in la le insenature delle Cinque Terre, le cave di Carrara da dove Michelangelo fece estrarre il pregiato marmo per le sue opere immortali, l'inquieta e spartana terra di Lunigiana, l'Appennino Reggiano di cui si può solo immaginare la pietra Bismantova, la schiera al completo delle Alpi Apuane, e poi la Garfagnana, l'Appennino tosco-emiliano, il Valdarno e la valle del Serchio con le pianure puntinate di case che sembrano briciole perdute su una tovaglia stesa, il Monte Serra solitario e frastagliato ad impedire ai lucchesi la strada di Pisa, e giù e via, fin dove l'occhio vola più lontano fra realtà e suggestione fra visto e immaginato; da quassù la Toscana, come una carta geografica in scala 1:1 sembra srotolarsi sotto nostri i piedi, purtroppo la visibilità non è ottimale, non di meno quanto ci è dato di guardare lascia senza parole, e a queste altitudini l'essere umano dinnanzi a tanta grandezza, dovrebbe veramente riflettere sulla sua condizione di ospite di passaggio su questa benevola e fragile nave chiamata Terra.
   
Fig.4 La croce in vetta alla Pania
  Il crinale che separa gli ultimi passi dalla croce che sancirà anche la fine dell'ascesa è lungo ormai solo poche decina di metri, ai fianchi si aprono profonde vallate ora di roccia ora di macchia arborea, ancora un passo e finalmente eccoci ai piedi della croce, un assemblaggio di tubi arrugginiti tramite flange imbullonate che domina in altezza qualunque altra cosa nel raggio di decine e decine chilometri, sotto di essa omini di pietra sono stati ammonticati qua e la e bandierine tibetane si animano tremolanti sotto l'anelito del vento, ora non resta altro che concedersi qualche minuto di meditazione nel silenzio sublime della natura e prepararsi, senza troppa fretta, a intraprendere la lunga via del ritorno.