♥ I Pastori
12 agosto
“Questa
terra dalla natura incontaminata e piena di fascino per le sue
origini medievali ammalierà chi con sommo grado saprà apprezzare le
meraviglie della natura e quello che esse rappresentano” (Mirko
Pallini - tratto da Note sulla Svizzera Pesciatina estratte da “In
Val di Nievole – Guida Illustrata compilata da Guido Biagi”)
Il
ciclo di escursioni in mountain bike che hanno caratterizzato
l'estate 2015, e che io ho voluto chiamare il “poker d'Assi” è
iniziato da qui, con una gita improvvisata in un primo pomeriggio caldo e assolato d'agosto su quella che i biker locali
chiamano il “Giro dei Pastori”.
Siamo
nella svizzera pesciatina, un comprensorio che come suggerisce il
toponimo è il bacino naturale entro il quale scorre la Pescia, un
torrente incastrato in una valle angusta e profonda e per il quale il
centro abitato, da tutti conosciuto per l'apprezzata produzione
florovivaistica ne mutua esso stesso il nome; siamo in provincia di
Pistoia, sul confine con quella di Lucca, e che, come a voler
anticipare le bellezze naturalistiche delle adiacenti cime
dell'Appennino tosco-emiliano, si caratterizza qui per alture di
quota inferiore (1000 m circa), ma egualmente ricche di un misterioso
fascino, costituito senza dubbio sia dalla conformazione tormentata
dei suoi rilievi, sia per i boschi fitti, sia infine per l'opera umana
che prende forma nei borghi antichi fatti di case di pietra brunita ed un urbanistica tipicamente medievale; non è per caso quindi che
la definizione stessa di “svizzera” sia un termine coniato dal
viaggiatore elvetico Jean Charles Léonard Sismonde de Sismondi, il
quale, favorevolmente colpito dall'incanto dei luoghi gli parve forse
di riconoscere la sua terra di origine.
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Andrea Kawa - the President |
Il
gruppo è ridotto ai minimi termini, siamo solo io e Andrea, il
Presidente degli Svalvolati in MTB di San Miniato, che oggi, più che mai,
avrà in mano lo scettro di comando in quanto, se pure da tempo abiti
a Ponte a Egola, egli è originario proprio di questa zona, quindi
quale guida più autorevole di lui! Parcheggiata l'auto poco
fuori l'abitato di Pescia, nei pressi di località Pietrabuona e
scaricate le “ruspe” si inizia subito a salire, dopo poche
centinaia di metri su asfalto svoltiamo ad angolo retto su un
ponticello che attraversa il torrente Torbolino, la via è sterrata con pendenze
che oscillano fra il 15% e il 20%, sono stato messo in guardia sul
fatto che essenzialmente il profilo altimetrico dell'intero
itinerario sarà caratterizzato da una impegnativa salita ed un
altrettanto insidiosa discesa.
Come
ho già detto la giornata è calda, ma non quanto i giorni che
l'hanno preceduta, giorni caratterizzati da una colonnina di mercurio
impazzita, una bolla d'aria africana ai limiti della sopportabilità,
oggi invece si tira il fiato, inoltre l'ascesa alle quote che ci
attendono si spera che abbatterà ulteriormente i gradi sul
termometro, cosa che di fatto è accaduta; unica nota negativa,
indipendente da nostra volontà od errore, i tafani, un flagello!
Saliamo
con passo moderato e costante, l'approvvigionamento idrico oggi non
sarà un problema, così almeno mi ha garantito la guida, Andrea mi
ho infatti assicurato che durante il tragitto molte saranno le fonti
che troveremo, le quali diverranno anche il facile pretesto per
tirare un po' il fiato, apprezzare i panorami e rimpinzare
naturalmente le borracce d'acqua fresca; la strada sale tra curve
aperte e tornanti, talvolta in maniera lineare oppure in strappi più
impegnativi, si costeggia l'abitato di Aramo (m. 377 s.l.m.) il
fondo, a tratti, risulta particolarmente dissestato, quindi l'ideale
per fare della mountain bike!
Procedendo,
in località Tamburino a quota 741 m s.l.m., c'è una fonte, detta
dell'Acqua Buona e una piccola chiesetta dedicata alla Madonna, la
struttura in pietra si affaccia su di un prato naturale che
all'occorrenza si presta bene a dei piacevoli pic nic.
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Madonna del Tamburino (foto repertorio ASD Svalvolati in MTB |
La
strada in salita immersa nel verde, finora sinuosa, ora prosegue più
pianeggiante in quanto segue l'andamento del crinale, e
permettendomi di orientare lo sguardo verso panorami mai visti, ma
non durerà ancora per molto, il bosco ci inghiotte nuovamente fino
ad arrivare al Rifugio Uso di sotto (m. 880 s.l.m.) che
contrariamente alle aspettative era chiuso, davvero un peccato! Si procede oltre fino allo scollinamento, per giungere in un luogo
ameno, ad una quota di 1010 m slm ove branchi di mucche pascolano libere
nella quiete di un paesaggio arcaico, il luogo, detto dei “Pastori”
da il nome all'intero giro, e non potrebbe essere altrimenti.
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Alpeggio dei Pastori (foto repertorio ASD Svalvolati in MTB) |
Nell'aria
mite di queste altitudini, con un cielo limpido che garantisce una
perfetta visibilità e con i raggi solari che a quest'ora del
pomeriggio creano giochi di luci e di ombre suggestivi, il tempo
sembra fermarsi per qualche istante! L'alpeggio dei pastori è un
luogo di erba e di roccia, pochi sono gli alberi, contorti, plasmati
dai venti che quassù soffiano rabbiosi, stanno li, immobili e
pazienti come soldati a guardia del territorio; la sosta è
obbligatoria, i crinali dell'Appennino tosco-emiliano sono li a
portata di mano, davanti a noi si erge come una guglia la Penna di
Lucchio, poco distante, celato alla nostra vista l'omonimo già
descritto nelle pagine di questo blog; una crocevia di strade bianche
si dipana in ogni direzioni, d'ora in poi molto del viaggio sarà in
discesa, io e Andrea sostiamo ancora un po' ad ammirare i luoghi, poi
imbocchiamo la via del ritorno.
Si
fanno incontri interessanti in queste zone, dopo uno scoiattolo
quando ancora eravamo sul tratto in salita, ora, mentre scendiamo ci
attraversa un daino, e poco più avanti qualcosa ci taglia per un
attimo la strada strisciando, io ho appena il tempo di vedere che fa
parte della famiglia dei serpenti, Andrea ha modo di osservare un po'
meglio, senza dubbio per lui era una vipera!!
Indubbiamente
degni di nota sono in questa discesa dei passaggi all'interno degli
incantevoli borghi antichi di Pontito (775 m slm) prima e di Sorana
(435 m slm) poi, il primo passaggio è caratterizzato da una discesa
su di un selciato usurato dal tempo, ripido e da affrontare con le
dovute cautele, il secondo per l'attraversamento del borgo che si
snoda su stradine strette che s'infilano sotto arcate e scendono
gradini in pietra!
La
discesa conosce ancora dei tratti di ampi panorami sulla Val di
Nievole, i monti tutti intorno sono di un verde cupo, il sentiero
alterna tratti in sterrato, talvolta molto impegnativi, a spezzoni di
asfalto veloce.
Il
giro volge al termine, l'ultimo tratto è una veloce e briosa discesa
su asfalto che costeggia la Pescia, nonostante la velocità (alta in
questo momento), non mi sfugge di osservare nei campi, chiusi in
questa valle ombreggiata, piante coltivate del famoso fagiolo di
Sorana, che proprio in quest'area conosce le condizione ottimali per
farne quella prelibatezza che lo ha reso famoso nel mondo
guadagnandosi il marchio IGP; siamo alla fine, il sole ha quasi
ultimato la sua lunga parabola in cielo, l'avventura di oggi ha, per
quello che mi riguarda, allargato gli orizzonti geografici su di una
zona della nostra bella ragione, mai esplorata fino ad oggi ma che
sicuramente è ricca di scorci paesaggistici, il giro di per se
stesso è stato tutt'altro che una passeggiata, almeno per le mie
condizioni di allenamento,
♦Montecarlo
21
agosto
“...
Risiede nella sommità di un poggio quasi isolato, dove fu la famosa
rocca del Ceruglio, circa 300 braccia sopra il livello del mare
Mediterraneo; alla cui base scorre da libeccio a scirocco la Pescia
di Collodi, dal lato di ponente il torrente Leccio, mentre il padule
di Bientina, o di Sesto bagna i suoi piedi verso libeccio e ostro...”.
(E.Repetti – da Dizionario Geografico, Fisico e Storico della
Toscana.)
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la squadra |
In
tema di poker, qualcuno potrà pensare che quella di oggi, più che
una girata in bicicletta è stata un'autentica puntata nel tempio del
gioco d'azzardo continentale, il casinò di Montecarlo.... spiacente
di contraddirvi, pensiero sbagliato!! Montecarlo è si la nostra
meta, ma quello ben più vicino a noi, Montecarlo di Lucca! Quella
che segue adesso è il racconto di un'uscita per certi versi atipica,
si snoda infatti su itinerari che non hanno particolarità
paesaggistiche che la possono contraddistinguere rispetto, ad
esempio, all'escursione del giro dei pastori, in fin dei conti le
zone attraversate non differiscono poi più di tanto dai classici
tracciati delle uscite nella zona sanminiatese!
Colline,
boschetti, fondi su terra battuta, strade asfaltate, talvolta anche
molto trafficate e poi la solita via Francigena, fatta e rifatta
chissà quante volte!! Un momento però! Stavolta c'è una
variante non da poco, anziché imboccarla verso sud in direzione Roma
la percorriamo fin da subito verso nord direzione Canterbury,
tranquilli, ci fermeremo molto, molto prima!! Quindi, questa di per
se è già una stranezza, quante volte infatti abbiamo toccato punti
nodali come la pieve di Coiano, o quella di Gambassi, con qualche
rara puntata anche fino a San Gimignano e poi in gara nei dintorni di
Monteriggioni, non c'è che dire, davvero tantissime volte, ma
all'indietro quasi mai, oggi invece no, si cambia direzione, che come
ho prima accennato sconfinerà nella provincia di Lucca,
attraversando oltre a questa altre due provincie in un giorno, Pisa e
Firenze.
Gruppo
numeroso oggi, oltre al sottoscritto sono scesi in campo il Andrea the President, Andrea 2, Roberto, Massimo e Matteo, partenza da Ponte a
Egola presso l'ormai classico punto di ritrovo del distributore Agip,
sole a catinelle e tanto caldo; costeggiando gli argini dell'Egola in
direzione Santa Croce sull'Arno andiamo ad intercettare, nella zona di
Ponte a Cappiano, la Francigena, da qui iniziamo lo sterrato nella
zona delle Vedute e procedendo su fondo scorrevole, intervallato da
profondi solchi dovuti all'erosione dell'acqua, ci addentriamo nel
tratto di macchia.
|
via Francigena all'altezza del Galleno |
Ad
essere sinceri, percorrendo la via Francigena in direzione nord
occorre prestare molta attenzione a non perdere di vista la
segnaletica dedicata, fortunatamente Andrea (the Presindent) gode
di ottima memoria, e visto che l'ha fatta di recente non fa fatica ad
azzeccare tutti i passaggi! In questo tratto la via entra ed esce più
volte dal bosco alla strada asfaltata e viceversa, si arriva al
Galleno dove abbiamo modo di soffermarci a vedere una pietra miliare
posta li da epoca immemorabile a testimoniare la veridicità del
tracciato (almeno in quel segmento), si arriva ad Altopascio, la
città vecchia merita indubbiamente una visita, l'Ordine dei Cavalieri del Tau ebbe qui origine in epoca medievale con la funzione
di scortare i pellegrini attraverso gli insidiosi boschi delle
Cerbaie, nascondiglio, all'epoca, di pericolose bande di briganti.
Usciti
da Altopascio la memoria del nostro condottiero vacilla, un paio di
errori rallentano il passo, mentre il sole ormai è quasi al suo
Zenit, usciti da un prunaio che ci lascia dei graffi che frizzano sulla pelle, Montecarlo appare ormai prossima a noi, ci arriviamo
attraverso un'abbordabile salita, il centro storico del borgo
conserva ancora le vestigia di una castello medievale in un ottimo stato di conservazione, le vie sono animate da schiamazzi di bambini, chiacchere
di gente del luogo e idiomi stranieri, sembrerebbe il giro di boa, ma
il pezzo forte deve ancora arrivare! Un ultimo luogo ancora da
visitare prima di fare rientro a casa, il quercione!
La così
detta “quercia delle streghe”, é un'esemplare secolare di farnia
ritenuta essere il secondo albero più grande della Toscana; per giungervi
dobbiamo scollinare e quindi discendere nella valle sottostante
l'abitato di Montecarlo, non ci sono indicazioni per arrivarci, di
nuovo la memoria di chi ci è già stato in loco, fa da guida al resto del
gruppo, una curva e poi un'altra e all'improvviso ci si para dinnanzi
a noi questa creatura vivente dalla taglia decisamente extra extra extra large! Una
gigante e pacifica pianta che presidia questo luogo forse da ancor
prima che Cristoforo Colombo mettesse piede nel Nuovo Mondo, una
testimone muta, talvolta oltraggiata, coeva dei grandi e dei piccoli
eventi di un ampio scorcio dell'avventura umana; guardarla suscita
sensazioni contrastanti, provoca un senso di inquietudine, rispetto ed
ammirazione, i suoi rami che sembrano gli enormi tentacoli di una
piovra si protendono quasi paralleli al terreno!
|
Girotondo all'ombra della quercia |
Dico ai ragazzi di
formare una catena, a mo di girotondo intorno al fusto, ci riescono
bene, ma senza scialare! La tradizione popolare vorrebbe che Carlo
Lorenzini, in arte Collodi, ebbe ad inserire la quercia nella sua
famosissima favola “Le avventure di Pinocchio” come l'albero sul
quale il gatto e la volpe impiccarono il burattino, del resto molti
altri sono gli aneddoti legati a questo magnifico albero e non c'è
da meravigliarsi vista la sua longevità! Le foto, in questo
particolare contesto sono un rituale spontaneo, l'ombra che la grande
chioma proietta sul terreno ci invita a fare una sosta prolungata che
utilizziamo per mettere qualcosa nello stomaco, ma è anche tempo di
andare, il caldo incombe e in fin dei conti siamo solo a metà
strada, ci aspetta un sudato rientro a ritroso di quanto già
percorso fin qui.
♣Lo
Scaffaiolo
26
agosto
“
Scaffaggiulo,
lago picciolo è nell'Appennino, il quale fra le regioni di Pistoia e
Modena s'inalza, e più per miracolo che per la copia dell'acqua
memorabile, perocchè, come dànno testimonianza tutti gli abitatori,
se alcuno da per sé, ovvero per sorte, sarà che getti una pietra o
altro in quello, che l'acqua muova, subitamente l'aere s'astringe in
nebbia e nasce di venti tale fierezza che le querce e li vecchi faggi
vicini o si spezzano o si sbarbano dalle radici”. (Giovanni
Boccaccio)
|
il lago visto dal rifugio |
L'escursione
odierna, è sicuramente la punta di diamante del poker d'assi calati
sul tavolo di questa “partita”, lo scenario è d'eccezione, Sua
Maestà l'Appenino tosco-emiliano, con le sue vette erbose che
oltrepassano, come nel caso del Monte Cimone i duemila metri di
quota; guida designata del giro odierno è Fabio B., ex compaesano,
collega di lavoro nonché amico di vecchia data del Presidente degli
Svalvolati, a completare il plotone c'è anche il Maffei, elemento
integrante del gruppo in maglia verde acido.
Fabio
B., col suo Garmin ha scaricato una traccia GPS indica come punto di
partenza e di arrivo il paese di San Marcello Pistoiese, giunti fino
a qui in automobile iniziano i preparativi; il dislivello da
affrontare, stando almeno ai dati forniti è nell'ordine dei 1200 m,
che per il sottoscritto, vista l'approssimazione dedicata alle uscite
in sella non sarà per niente uno scherzo, comunque la convinzione di
andare incontro ad un giro veramente bello ha superato la normale
reticenza che probabilmente mi avrebbe fatto desistere.
Il
punto di rifermento in quota, ideale meta del viaggio, è il lago Scaffaiolo, diciamo che per quanto ne so io, San Marcello Pistoiese e
lago Scaffaiolo sono le uniche cose certe della pedalata di oggi,
tutto il resto nascosto nei misteriosi file del Garmin di Fabio B.!
L'inizio
è un po' incerto, comunque trovata la retta via iniziamo l'ascesa,
come era prevedibile in salita, alternata peraltro subito dopo da una
veloce discesa, sarà l'ultima fino al lago Scaffaiolo!
All'altezza
di Lancisa, uno sparuto gruppo di case, abbandoniamo l'asfalto e ci
inoltriamo a destra in un sentiero sterrato che entra in un
boschetto; l'insieme di piccoli sentieri e mulattiere più o meno
riconoscibili che ora paralleli ora che s'intersecano, inducono
spesso in errore la nostra guida, tuttavia non perdiamo mai di vista
la strada maestra e pur con qualche obbligato dietro front, il
percorso scorre alla perfezione.
|
tratta di strada bianca |
Usciamo
dalla macchia per incrociare una carrareccia con un fondo in ottime
condizioni, Ah dimenticavo! Anche oggi, contrariamente a quanto
immaginassimo, credendo di avere per alleate le alte quote, l'insidia
tafani è stata invece impressionante, in pratica almeno fino ai
1.300 m di quota, non hanno mai mollato la presa, chiusa parentesi;
come dicevo usciti dal bosco ci siamo immessi su di una strada
sterrata, ampia e pedalabile, transitabile anche in auto, tutto
intorno si aprono al nostro sguardo dei vasti prati, si distinguono
bene le cime, sembrano vicine, eppure sono ancora tanti i metri di
dislivello da percorrere per raggiungerne la sommità, lungo il
tragitto costeggiamo i recinto di cavalli al pascolo, rispetto al
tratto nel bosco la salita è più abbordabile, dopo pochi chilometri
il bosco ha di nuovo il sopravvento, la via torna ad essere più
rovinata nel fondo ma ad ogni modo non crea alcun problema, tutto
intorno alberi dai tronchi lunghi e dritti ci accompagnano in questa
scalata, ancora qualche curva e appare di nuovo l'asfalto, siamo in
prossimità della Doganaccia, un nucleo di eleganti case di montagna,
meta privilegiata per chi ama le belle passeggiate in estate e lo sci
d'inverno.
|
passo della Croce Arcana |
Dopo
una breve sosta in paese iniziamo l'assalto agli ultimi chilometri,
circa 7 che ci separano dal lago, fuori dalla Doganaccia la strada si
fa nuovamente sterrata e al contempo le pendenze tornano a salire,
arriviamo, lungo una bellissima via panoramica al passo della Croce
Arcana, snodo cruciale che segna il confine tra la Toscana e
l'Emilia Romagna, anche qui ci prendiamo una sosta per scattare delle
foto in ricordo di questa escursione, un cippo commemorativo e alcuni
pezzi di artiglieria rendono caratteristico il luogo, poco più alto
si vedono le grandi torri dei ripetitori televisivi, li prendiamo
come riferimento per continuare a salire, quella che prima era una
strada ora è poco più che di una mulattiera, con tratti insidiosi e
pendenze variabili in funzione dell'andatura del crinale, incrociamo
sovente delle persone a piedi, c'è chi ci guarda con ammirazione,
chi un po' scocciato per il “disturbo” che arrechiamo e chi,
quasi con un'espressione di quello che nella sua testa pensa “ma
chi te lo ha fatto fare!!”.
Dopo
tanta fatica mancano ormai pochi metri e finalmente scavalcato
l'ultimo dosso, si vede il lago, le nuvole bianche si specchiano
sulla sua superficie di un intenso blu cobalto, molte persone sono
distese tutte intorno a godersi comodamente i raggi del sole su
tappeti d'erba spettacolari, alla nostra sinistra il monolitico
rifugio Duca degli Abruzzi, a a destra il picco del Cupolino, ha
inizio la vera sosta programmata fin dal principio dell'uscita, al
rifugio un piatto di polenta coi funghi ci aspetta per rimettere in
equilibrio il serbatoio!
Ci
tratteniamo poco, quanto basta per contemplare la meraviglia del
posto, e ne vale davvero la pena, un consiglio, veniteci! A piedi, in
bicicletta, decidete voi, ritagliatevi una giornata libera in una
bella giornata estiva e credo proprio che non ve ne pentirete.
A
questi punti si apre un dilemma, continuare in base alle indicazioni
fornite dalla traccia GPS che indicano di andare ancora avanti, verso
l'ignoto! Oppure fare a ritroso quanto già fatto finora? Alla
domanda non fa seguito una vera e propria risposta, fatto sta che si
va avanti, scelta che farà rimanere in ansia un po' tutti da li fino
alle macchine, già il primo tratto di sentiero si dimostra
impraticabile, la salita cattiva e il fondo sassoso obbligano
necessariamente a spingere la mtb a mano, ci illudiamo che si tratti
di poche centinaia di metri, quel tanto che basta per raggiungere lo
scollinamento poco più in alto in direzione del Corno alle Scale, è
in realtà l'inizio di un tratto lungo non meno di 5 km nei quali
solo per pochi metri ci verrà consentito di stare in sella, infatti
fra tratti pianeggianti ma strettissimi e scavati nella terra, o
altri estremi sia a scendere che a salire, o altri ancora pietrosi
con tratti dentellati di rocce ben conficcate nel fondo e con
scarpate vertiginose e profonde, ci obbligano a spingere!
|
sentiero verso il passo del Cancellino |
Prossimi
al passo del Cancellino, le mie scarpette da bici, inadatte per
lunghe camminate mi fanno quasi temere di tornare a casa con un bel
paio di vesciche ai piedi, i talloni strofinano ormai doloranti sulle
tomaie, e ogni passo si fa sempre più insopportabile, a dispetto
delle bellissime scenografie che si offrono al nostro sguardo, lo
scoramento inizia a prendere il sopravvento, il sentiero sembra non
finire mai, a volte sembra quasi che voglia beffarsi di noi
illudendoci che sia ormai finito, ma dopo pochi metri il motivo non
cambia! Continuiamo col nostro incedere lento, ormai rassegnati,
continuiamo con un senso di dignitosa disperazione, anche perché non
c'è molto altro da fare! Entriamo ad un certo punto in una fitta
boscaglia, popolata di alberi maestosi, probabilmente, pur senza
indicazioni certe, dovremmo essere all'interno della foresta del Teso, un polmone verde dal notevole valore naturalistico; si
intravede la possibilità di ricominciare anche a salire in sella con
una certa continuità, infatti, pur su un sentiero impegnativo
riusciamo a mantenerci in equilibrio sulle due ruote, quanto basta
per riaccendere la speranza di essere fuori dal tunnel.
|
l'inizio della foresta del Teso |
La
conferma che siamo all'interno della foresta del Teso e quindi
prossimi anche alla fine del giro ci viene data da un gruppo di
escursionisti a piedi che ci indicano anche quale sia secondo loro il
sentiero migliore da prendere, da qui in avanti inizia una rapida
picchiata per ritornare a San Marcello, contravvenendo almeno in
parte alle indicazioni fornite dalla traccia GPS, ci orientiamo in
base al nostro fiuto, e facciamo bene, una lunghissima strada in
discesa inizialmente sterrata, immersa sempre nel verde della
foresta, fa precipitare velocemente l'altimetro.
Ci
siamo! Le indicazioni per San Marcello, dopo oltre sei ore dove
luoghi ed emozioni si sono miscelati in un cocktail col suo sapore
che resterà piacevolmente nella memoria a ricordarci per molto tempo
ancora i risvolti di una bella giornata, adesso non ci resta che
riprendere la strada verso casa.
♠ Berignone
12
settembre
“Berignone
è un ambiente splendido, che per la sua selvaggia imponenza si
carica di colori elettrizzanti, di paesaggi inediti, di profumi
nuovi, tutto in uno sfondo magico, saturo in un'atmosfera provocante,
inconsueta, avvincente, eccezionale.”
(E.Pertici
– tratto da Castello dei Vescovi, in “I luoghi di Velathri, Da
Velathri a Volterra”)
Questo
è l'ultimo capitolo della mini serie di quattro uscite dell'estate
2015, la destinazione stavolta è la riserva di Berignone, per
esteso, come indicato sulle carte geografiche “Riserva Naturaledella Foresta di Berignone e Macchia di Tatti”, che con questa
definizione vuol riferirsi ad un'importante polmone verde situato
nella provincia di Pisa, pochi chilometri a sud dell'antichissima e
fiera città di Volterra, in Alta Val di Cecina.
L'uscita
odierna fa il pieno di presenze, il gruppo infatti è numeroso ed
eterogeneo, si sono aggregate a noi anche due fat bike, l'ultima
tendenza in materia di biciclette da fuori strada che inizia ad
invadere il mercato.
|
i compenti della spedizione |
Questi
i partecipanti oltre a chi vi scrive: (nell'ordine della foto a fianco) David 1, David 2,
Roberto, Claudio, Riccardo, Andrea, Primo, Lorenzo e Luca; A Riccardo è assegnato il compito quest'oggi di guidare la
carovana nel folto della selva.
Partiti
da Ponte a Egola in auto siamo giunti dopo un trasferimento di circa
un ora nei pressi di Volterra, precisamente a Roncolla, da dove,
scesi i mezzi, abbiamo dato il via ufficiale all'escursione puntando
alla volta del piccolo borgo di Mazzolla, si inizia subito in salita,
e prima di addentrarci nel fitto della vegetazione ammiriamo la
struggente bellezza del territorio volterrano, con le sue
caratteristiche dune brulle, dal colore grigio, tipiche di un terreno
argilloso, sulla sommità di qualche collina, come piccole oasi si
vedono dei solidi casolari di pietra e laterizio in perfetta armonia
col paesaggio circostante, più distante i boschi fanno da cornice.
Da
Mazzolla scendiamo nella valle sottostante lungo una veloce strada
bianca al fondo della quale una transenna ci indica che stiamo
entrando nella Riserva, d'ora in poi lasceremo alle nostre spalle le
calve colline per addentrarci nella foresta, mano a mano che
procediamo la strada, precedentemente inghiaiata diviene in terra
battuta, talvolta con brecciolino e pietre che affiorano dal
terreno, comunque si sale bene; altro discorso è la salita che d'ora
in poi non darà tregua, almeno per cinque chilometri successivi,
caratterizzata da pendenze variabili con punte intorno al 14% che
frantuma la comitiva in piccoli gruppetti.
L'ascesa
dentro il bosco è veramente suggestiva, i raggi del sole trafiggono
obliqui le fronde degli alberi, si creano così dei magici giochi di
luce, la quiete di questi luoghi è momentaneamente interrotta dal
nostro passaggio, ogni tanto ci concediamo qualche sosta, vengono
scattate delle foto, si riempiono le borracce, si contemplano i
luoghi, ricompattiamo il gruppo; quando si apre qualche squarcio fra
la vegetazione ne approfittiamo per guardarci il panorama, la visuale
è ampia, in lontananza si vede, adagiato su una collina a circa otto
chilometri in linea d'aria da dove ci troviamo il paese di Pomarance;
lungo la strada troviamo della segnaletica turistica “itinerario
dei castelli”, proseguiamo fino alla cima Coppi, posta a quota 437m
slm nei pressi del monte Metato (546 m slm), ha inizio quindi la
discesa.
Ci
manteniamo per il momento su la via maestra, ma di li a poco
l'abbandoneremo per svoltare a destra per il sentiero n.10 detto
della Torraccia, quello che si prospetta davanti alle nostre ruote è
un lungo ed entusiasmante single track totalmente immerso nella
macchia, il fondo è facilmente percorribile seppure piuttosto sporco
di ramaglie e foglie cadute di vecchio, ad ogni modo il divertimento
è garantito, curve e contro curve, qualche salita e molta discesa,
terra battuta e sassi e poi tanta “strada”, circa quattro
chilometri, direi quasi un unicum! Fra gli alti fusti delle piante,
qui sembra di essere tornati indietro nella preistoria, il timore è
di vedersi sbucare davanti un T-rex!
|
castello dei Vescovi |
Ad
uno ad uno transitiamo in una lunga fila indiana, e dopo essere scesi
per 146 m il sentiero n.10 si ricongiunge con una strada bianca nei
pressi dei ruderi del Castello dei Vescovi, detto appunto la
“torraccia”; il fortilizio versa in un totale stato di abbandono,
questo è una magnifica testimonianza di architettura militare del
medioevo in Toscana, cartelli dissuadono eventuali visitatori di non
procedere oltre per il rischio di crolli, le rovine per quanto
perfettamente visibili, sono ormai assediate dalla vegetazione,
speriamo che un intervento di risanamento possa essere messo in atto
prima che quel che ancora resta vada irrimediabilmente perduto!
La
sosta al castello è fin troppo breve, ripartiamo costeggiando la
gola scavata dal torrente Sellate per giungere poco più a valle ad
un'area attrezzata dove un po' per l'ora, un po' per imprevisti,
decidiamo di sostare per un pranzo mordi e fuggi; non so se sia per il
troppo tempo trascorso da l'ultima volta che c'era stato oppure
un'alterazione dei luoghi dovuta alle esondazioni del Sellate, fatto
sta che Riccardo, la guida, è tratto in inganno ed è quindi
costretto ad optare per una modifica del percorso, che nelle
intenzione aveva come prossimità tappa quella di un passaggio al
Masso delle Fanciulle sul fiume Cecina.
Riccardo,
spiazzato dall'imprevisto, cede il bastone di comando che è subito
raccolto da Roberto, ma ormai gli schemi sono saltati, si punta,
nell'incertezza, a ritornare verso le macchine ma iniziano fin da
subito i “mal di pancia”, c'è chi concorda e c'è chi invece
vorrebbe in qualche modo continuare nel tentativo di raggiungere
l'obiettivo, alla fine prevale il partito di chi vuol raggiungere il
Cecina, si procede a tentavi, tutti inconcludenti, nel frattempo
anche Roberto a gettato la spugna, gli subentra Andrea, ci si mette
anche la sfortuna, una strada conosciuta è interrotta da una grossa
frana, impossibile percorrerla!
Di
nuovo si torna ad improvvisare, un sentiero appena accennato che
costeggia un campo arato, sembra portare direttamente sul fiume,
onestamente tra le file serpeggia il dubbio comunque si tira innanzi,
la discesa fra le zolle avviene in un equilibrio precario, ma è poca
cosa rispetto a ciò che ci attende, terminato infatti il terreno
lavorato inizia una scarpata ripida fra rovi, arbusti ed erbe che
ci sommergono, la discesa è compiuta con le bici a mano, lentissima,
insidiosa, il rischio di rotolare a capofitto in qualche buca è
alto, un'impresa degna più di corpi speciali che dei biker.
Finalmente
l'aspra discesa ha termine, ed arriviamo direttamente sul greto del
Cecina, abbandonata ogni velleità di arrivare al Masso delle
Fanciulle, attraversiamo l'alveo del fiume per risalire verso
Roncolla, che detta così sembra cosa già fatta, ma la stanchezza
inizia a presentare il conto, la strada è ancora tanta, come tanta è
la salita, con pochissimi tratti ombreggiati e l'acqua nelle
borracce ormai scarseggia, senza, in prospettiva nessuna fonte per
riempirle, unica nota positiva un cielo in cui nel frattempo si sono
addensate molte nubi contribuendo a mantenere accettabile la
temperatura.
Lo
skyline di Volterra è davanti ai nostri occhi, più distante il
cucuzzolo di Mazzolla, la, da quelle parti, in un punto imprecisato
avrà termine questa fatica; la strada bianca che stiamo percorrendo
si adatta alla forma delle colline, tendenzialmente in salita, a
volte con strappi anche impegnativi, alzando la testa si vede, lassù
in alto, la via asfaltata e le auto che la percorrono, è distante ma
almeno adesso abbiamo un riferimento visivo.
Ormai
le borracce sono secche, si spera che non manchi molto, infatti
seppure separata da una belle greppa, si intuisce bene il punto di
ricongiungimento tra sterrato e asfalto, e da li, secondo le
indicazioni di Riccardo, siamo praticamente arrivati, un ultimo
sforzo e siamo in cima! Effettivamente le indicazioni sono esatte, la
strada asfaltata procede tutta in discesa ed arrivare alle macchine è
cosa rapida, l'escursione può dirsi conclusa!