mercoledì 10 ottobre 2012

LA FRANCIGENA: UNA VIA CHE UNISCE


Fig.1. Foto di gruppo alla pieve di Coiano sulla via Francigena


scritto da Fabio Cappelli



La Scala di San Miniato - Domenica 7 ottobre 2012:“C'è più gente oggi sulla Francigena che sulla FIPILI!?” Forse, nella giornata odierna, questa affermazione sarà scappata di bocca a qualcuno, che trovandosi a passare in quel suo segmento compreso tra Campriano e Coiano ha visto un intenso quanto inusuale andirivieni di persone! Effettivamente, devo ammettere che anche io stesso, che in quel tratto di strada bianca ci sono passato tante volte, non ero mai stato testimone di un numero così nutrito ed eterogeneo di cristiani tutti in una volta; piccini e grandi, donne e uomini, a piedi, in bicicletta o a cavallo, tutti intervenuti per onorare un appuntamento in calendario già da qualche tempo, che ha visto unire le forze di vari enti locali per dar modo alla gente di conoscere il territorio in cui vive e dar lustro ad un'istituzione millenaria, come lo è la via Francigena.
Ed ecco appunto che l'uomo si riappropria di una cosa per lui assai preziosa, autentica, concreta e insostituibile, che c'era già prima di noi e ci sarà anche dopo..... la Terra! E devo dire che è ben augurante osservare che siano in tanti a volersi riavvicinare a questa culla primordiale, poiché forse, il paradosso, è che più si sta a contatto con la Terra e più ci si sente ricchi d'umanità, sarà anche perché vicino ad essa si percepisce la limitatezza umana, facendo allo stesso tempo riguadagnare alle cose il loro giusto ordine e il loro giusto valore all'interno della nostra vita.
Finita la filosofia ecco un po' di cronaca.


Sono molti coloro che, partiti da Castelfiorentino, sono andati a convergere sull'antica via dei pellegrini, ognuno col proprio mezzo, ognuno col proprio passo, e mentre questo pacifico esercito marciava verso il punto nodale della pieve di Coiano, anche noi, da San Miniato, in sella alle nostre mountain bike abbiamo puntato dritti verso quell'obiettivo.
La partenza ufficiosa fissata per le ore 8:30 dal piazzale Trieste di La Scala, ne ha vista una seconda, questa volta ufficiale, per le ore 9:00 da piazza Buonaparte in quel di San Miniato, con la fusione di 3 realtà locali, la più cospicua proveniente da Ponte a Elsa, e le altre da La Serra e La Scala; potete star certi che il Granduca Leopoldo, assiso sul suo piedistallo, era compiaciuto nel vedere tanti biker's gironzolarglisi attorno e in procinto di dar vita a questa bella iniziativa; con i quadricipiti già caldi dopo aver affrontato l'ascesa del Poggio, e con qualche minuto di ritardo sul rullino di marcia, ci siamo avviati verso la meta prefissata, la Pieve di Coiano, la giornata non è, meteorologicamente parlando bellissima, nuvoloni si rimescolano grigi in cielo e si frappongono fra noi e il sole, ma tutto sommato la temperatura e gradevole e tra le foglie non passa un filo di vento; le ruote artigliate iniziano a rotolare fra asfalto e selciato, usciamo fuori dal centro storico di San Miniato, il gruppo che siamo riusciti a mettere insieme è vivace e variegato, ottimo connubio fra pedalatori e passionisti, fra noi ci sono veterani e nuove leve.
Poco oltre il Poggio Tagliato abbiamo svoltato a destra per iniziare lo sterrato, questo pezzo di strada per quanto inflazionato, è sempre bello da fare, in cima allo scollinamento infatti, la visuale che si apre è davvero appagante per gli occhi, qui siamo in località Capo di Vacca, si continua a salire ancora per un po', poi di nuovo una strada in terra battuta sul crinale, ancora pochi chilometri e la via Francigena, che mai, da quando siamo partiti da San Miniato abbiamo lasciata, convergerà in località Campriano, con la via di Meleto, dal quale stanno giungendo gli amici del gruppo Vallerbike di Castelfiorentino.
L'incontro previsto, almeno per il momento non ci sarà, giunti infatti a Campriano sfiliamo senza trovare anima viva, mentre all'altezza del trivio Castelfiorentino-Coiano-San Miniato, “raccattiamo” gli ultimi due amici che faranno toccare alla nostra comitiva il numero massimo di 16 biker's; ora siamo al completo, non resta che dirigerci verso la meta, e cosi è! Poche pedalate e siamo ai piedi della scalinata che porta alla bella, quanto trascurata, pieve di Coiano, che questo sia un punto di ritrovo non coglie di sorpresa nessuno, molte sono infatti le auto parcheggiate, e un tavolino con due membri della Misericordia locale, prodighi nel darci informazioni, non lasciano spazio ai dubbi, il punto di ritrovo è li. Si ok ma la gente? Dove sono tutti, e più che altro, dov'è l'altro gruppo di biker's con il quale ci dovremmo incontrare?
Qui non si vede e non si sente nessuno! Attendiamo qualche istante, poi l'impazienza di qualcuno ha il sopravvento... non resta che ripartire lasciando sfumare così quest'incontro tanto decantato, peccato, un'occasione persa! Il viaggio riprende, ed ora la strada, sempre sterrata, inizia a farsi davvero bella, non solo! Più proseguiamo e più si iniziano a vedere, prima alla spicciolata, poi in gruppi sempre più consistenti, ivi inclusi quelli a cavallo, file interminabili di persone che ci passano accanto! Sono tantissime, ci salutano in maniera amichevole; gli scenari cambiano continuamente, dalla strada bianca si passa al sottobosco in terra battuta, per giungere, immersi nel verde intenso delle colline, ad un viottolo in cui a malapena si riuscirebbe a passare in due affiancati.
Fig.2. la via Francigena in val d'Orlo.
Terminato questo lungo pezzo di sterrato e abbandonando, per adesso, anche la via Francigena, rifacciamo capolino sulla strada asfalta della via dell'Orlo, qui il gruppo subisce la sua prima scissione, una parte infatti prosegue verso sinistra e quindi per Castelfiorentino, anticipando il rientro a casa, l'altro gruppo, del quale il sottoscritto fa parte, prosegue a destra in direzione Corazzano; dobbiamo rifare il punto del percorso da seguire, varie sono le proposte, alla fine prevale quella di risalire dall'erta che ci riporta verso Coiano, la salita è impegnativa e fa una certa selezione, si arriva su col gruppo allungato, per giungere di nuovo ai piedi della Pieve, è qui, che con stupore e sorpresa, vediamo arrivare uno alla volta, i componenti del gruppone di Castelfiorentino che avevamo, in precedenza, dato per dispersi; chi pedalando, chi spingendo la propria mtb nell'ultimo strappetto prima dello spiazzo asfaltato, arrivano tutti coloro che hanno aderito a questa singolare iniziativa.
Ci fermiamo a far due chiacchere con loro, socializziamo mentre qualcuno ha avuto la brillante idea di imbandire un tavolino con vassoi pieni di cantuccini e bruschette, bravi! E del resto nessuno ha fatto segreto di apprezzare la cosa, vista la rapidità con il quale sono stati spolverati! Abbiamo preso anche spunto dal momento per immortalare quest'attimo a memoria perenne dei posteri scattando qualche foto, infine, salutati i nostri “colleghi di sellino”, ci siamo riavviati verso casa... si ho detto verso casa, ma il giro è proseguito con ancora davanti diversi chilometri e salite, ed ecco a voi il resto!
All'andata il trivio che ci aveva dato due componenti da sommare al resto del gruppo, ora se li riprende e con gli interessi, sono in tre infatti, all'altezza di questo snodo, che sotto gli occhi incuriositi di cavalli e cavalieri, decidono di defilarsi dal gruppo per tornare a casa lungo la via più breve.
Siamo meno ma pur sempre in nove, e sempre con ancora energia da spendere, si arriva a Gello, e attraversando una veloce discesa sterrata, fra panorami sulla valle e passaggi nel bosco, arriviamo dopo una serie di curve e controcurve da cardiopalma, nella frazione di Corazzano; qui qualcuno si è esaltato, e se dopo il suo battesimo del fuoco non ha proprio promesso amore eterno alla mountain bike, almeno un anellino di fidanzamento glielo ha comprato!
Attraversiamo il ponticello dietro l'abitato di Corazzano, e percorso tutto lo sterrato di fondovalle, ai piedi della salita di Balconevisi c'è spazio per un altro saluto a Maurizio, Ivan e Riccardo Magno che ci hanno tenuto compagnia in questa mattinata d'inizio ottobre; è a questi punti che mi salta in testa un'idea perversa, un'idea dal nome Romilda!! Nessuno dei superstiti di quest'uscita sa cosa ho in serbo per loro! Essi mi precedono, e all'altezza del Genovini, dando per certe le mie intenzioni piegano verso sinistra, li faccio illudere ancora qualche secondo, poi indico con la mano di andare a destra, mi guardano e mi seguono disorientati, li faccio entrare per una stradina sterrata, che forse nessuno di loro conosce, finché appare alla nostra vista Romilda appunto, che non è un'avvenente ragazza dalle curve sinuose e vestita in abiti succinti (magari), no proprio non lo è! Si para dinnanzi a noi una collina, tagliata da una “strada” appena accennata fra i campi con fondo insidioso e pendenze taglia gambe! Qualcuno è incredulo sul fatto che si debba e si possa veramente passare da li, ma per dissipare ogni dubbio apro per primo le danze.
La difficoltà pratica nell'affrontare Romilda è, oltre ad una buona preparazione fisica, l'essere anche dotati di una discreta componente di tecnica di guida; la viottola, perché di questo tratta, sale lungo la linea di massima pendenza di un poggetto, essa è solcata da rivoli profondi formati dalle piogge, in alcuni tratti questi rivoli si incrociano, rendendone difficile l'attraversamento, costringendo spesso a mettere il piede a terra, inoltre vanno affrontate delle contro pendenze ed infine non è neppure una salita così breve, specie se si considerano l'entità delle pendenze, che oltrepassano tranquillamente il 20%!
Ad ogni modo nessuno cede, ognuno giunge in vetta salutato anche dalle incitazioni di una coppia di turisti tedeschi che, trovatisi li per caso, non si aspettavano di veder sbucare gente, per giunta in bici da quella stradella!
Ma non è finita!
Dopo la salita, ora ci attende la discesa, all'altezza di Moriolo infatti imbocchiamo il single track omonimo, perfettamente percorribile, questo è, (a parte per il sottoscritto) una novità assoluta per tutti, faccio strada, uno dopo l'altro tutti seguono la mia scia, chi con fare deciso chi un po' più titubante si scende verso il fondo valle.
Il transito attraverso questa burella che s'infila in una macchia di modeste dimensione, non è per nulla facile, essa è caratterizzata da discese ripide, sentieri stretti ed esposti su profondi canali d'acqua, rapidi cambiamenti di direzione, questi fattori sommati insieme, rendono ostico il passaggio, però quando si inizia a prenderci confidenza, diventa davvero elettrizzante, che quasi si spererebbe in un impianto di risalita tipo pista da sci per fare in modo che il divertimento non finisse subito!
Ora il giro volge al termine, nonché le energie, questo l'elenco degli ultimi rimasti che si accingono ad affrontare l'ultima fatica di giornata, in ordine alfabetico per cognome essi sono: “Adorni Fontana, Bia, Cappelli, Musetti, Scali Jr, Scali Sr.” ed ora passo a presentare anche l'ultima fatica: “erta del Cenni”.
L'erta del Cenni, consigliata da Scali Sr, è una strada totalmente sterrata che se qualcuno di voi avesse interesse a documentarsi sui dettagli, potrà farlo sul post Salite/Discese sempre questo blog.
La stanchezza, almeno per quel che mi riguarda inizia a farsi sentire, un giro di pedale dietro l'altro e i metri verso casa sono sempre meno, e quando si intravede la fine di questa greppa, si può affermare che la via verso una doccia calda è ormai spianata; resta, nell'arco di quattro ore di pedalata in gruppo, la soddisfazione di aver passato del tempo sereno in compagnia di persone con le quali condividere una passione che ci porta a conoscere una innumerevole quantità di angoli nascosti del nostro affascinante territorio, speriamo di replicare quanto prima!


mercoledì 3 ottobre 2012

PREGHIERA DEL CICLISTA



scritto da Michele Musetti

Carissimi appassionati ciclisti e non,

non posso esimermi nel proporvi, qui di seguito, le magnifiche righe dell'autentica "Preghiera del ciclista", gentilmente preparata, proposta e donata in occasione della benedizione dei ciclisti nella mattina del 30 settembre 2012 presso il Santuario della Madonna di Montenero a Livorno; e anche quest'anno, come ogni anno (e ne sono passati ormai cinque dalla mia prima volta), che in concomitanza di tale ricorrenza, ho deciso di offrire alla fede, la "sofferenza" di 137 km (tanto dista infatti il Santuario da casa mia, fra andata e ritorno) alla velocità media di 30.3 km/h!.  
Fig.1 - I nostri eroi Michele, Attilio e Andrea
Nel compiere quest'impresa sono stato supportato dall'aiuto di 2 gregari d'eccezione, l'impavido Attilio e l'eroico Andrea che hanno superbamente collaborato alla riuscita di un grande evento atletico e culturale all'insegna della simpatia che li contraddistingue. 
Siamo partiti alle 7:30 con brutti presagi meteo visto i nuvoloni minacciosi che imperversavano, ma soprattutto dopo che la sera prima eravamo andati a nanna con la compagnia di tuoni e fulmini, tuttavia mai dubitare della divina provvidenza, la quale al contrario di quanto anzidetto, ci ha regalato una giornata spettacolare e soleggiata. 
Siamo arrivati a Montenero alle ore 9:45 scortati da un folto gruppo di ciclisti (25/30) acciuffati per caso durante il passaggio lungo l'Arnaccio, ci siamo fidati di costoro e della loro presunta  conoscenza dei luoghi, e la nostra fiducia non è stata affatto mal riposta, essi infatti ci hanno regalato la possibilità di godere di scorci panoramici di una città di Livorno lungo strade a noi ignote e che altrimenti avremmo senz'altro evitato. 
Dopo una breve sosta per mangiare, bere, fare due foto di rito e dedicare qualche minuto alla Madonnina, ci siamo rimessi in cammino, e, aiutati questa volta, sempre casualmente, da un nuovo gruppo di "colleghi" composto di circa 20 unità, questi ci hanno scortato fino a Pontedera dopo una gran prova di valore che ci ha visto sudare le pene per riacciuffarli, e poter così fruire delle loro scie; alle ore 12:30 circa eravamo già a sotto la doccia .
Vi regalo queste parole che ci hanno veramente toccato, perché esse rispecchiano il nostro stato d'animo ogni volta che saliamo sulle nostre amate bici, è come se qualcuno avesse scrutato nel profondo dei nostri pensieri e avesse tradotto in versi quello noi non saremo in grado di esprimere in maniera altrettanto efficace.



PREGHIERA DEL CICLISTA

Grazie Signore,
per avermi fatto conoscere e amare la bicicletta
che mi fa sentire libero sulle strade del mondo.

Fa' o Signore
che la fatica del pedale non sia solo evasione
ma più motivo di ringraziamento
per le bellezze della natura che attraverso.

Aiutami Signore
a trovare il comportamento e le parole adatte
per chi incontro stanco e sfiduciato
come trovo il buon rapporto sulle dure salite
che affronto con coraggio anche se ho forza limitata.

Spero Signore
che tu mi aiuti a finire bene la corsa
per meritare il Tuo giusto premio.

Affido questa speranza alla Tua Madre Santa
che mi protegga sempre con tutti i miei cari.


lunedì 7 maggio 2012

IL CINQUE MAGGIO

scritto da Fabio Cappelli
           
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Fucecchio: poco prima del via.
Ei fu siccome immobile, così inizia una celeberrima poesia di Alessandro Manzoni “Il Cinque Maggio”, dalla sua stesura sono passati 191 anni, ed oggi a distanza di quasi due secoli da allora,  la prima riga dell'opera letteraria potrebbe iniziare così:”Ei son siccome mobili”.
Ore 8:30 del giorno 5 maggio 2012, piazza G.Montanelli, Fucecchio, come da calendario è in programma l'escursione sulla via Francigena da Fucecchio a Gambassi organizzata dalla UISP, è ancora incerto il numero e l'identità di coloro che onoreranno con la propria presenza questo bell'incontro a base di sport, natura e storia, ciascuno dei potenziali adesori, ancora chiuso fra le mura domestiche sta ultimando i preparativi per giungere pronto all'appuntamento; una colazione abbondante, le vettovaglie da mettere nello zainetto, una pulitina alle lenti degli occhiali, la borraccia a riempire sotto la cannella di cucina e l'ultimo controllo alla mountain bike affinché non vengano fuori spiacevoli sorprese a pedalata già iniziata.
In viaggio
Sulla piazza arriviamo in due gruppetti distinti per formarne un unico pronto a macinare chilometri lungo tutto il tragitto ufficialmente riconosciuto dell'itinerario di Sigerico, in ordine rigidamente alfabetico i presenti all'appello sono: David, Fabio, Massimo, Michele, Paolo, Riccardo, Roberto, Roberto, Stefano; la giornata, meteorologicamente parlando non è delle migliori, un cielo prevalentemente coperto, che a tratti sembra minacciare anche pioggia, ci da il benvenuto in questa mattinata di ormai primavera inoltrata, la temperatura dell'aria non sarebbe neppure così male se non fosse per il fatto che una brezza tesa contribuisce a farne percepire una più bassa! Comunque non ci lamentiamo, poteva anche andare peggio.
Alle ore 9:05 viene dato il fischio d'inizio all'escursione, ci si prospettano, tanto per gradire, circa 30 km certi per arrivare a Gambassi, e mentre l'andata sarà ragion forza dettata dagl'obblighi di tracciato preventivamente conosciuti, il ritorno sarà studiato sul momento anche in base alle esigenze dei partecipanti; ad ogni modo alla fine saranno come minimo sindicale 60 km.
Usciamo da Fucecchio e attraversato il ponte sull'Arno, svoltiamo subito a sinistra come la segnaletica dedicata c'impone, i primi chilometri sono su asfalto, oltrepassata la frazione di San Pierino, ultimo avamposto del comune di Fucecchio, si entra in territorio Sanminiatese, all'incrocio principale del paese di San Miniato basso, in una viucciola praticamente sconosciuta a tutti, che s'incunea fra un palazzone e la vecchia chiesa del paese, inizia il primo tratto in fuori strada della giornata e con esso anche la prima salita, è solo un assaggino di ciò che ci attenderà più avanti, nel senso di bellezza del paesaggio, ma quanto meno ci consente di lasciarci alle spalle catrame e tubi di scappamento che già iniziavano a farci venire l'orticaria!
Saliamo per San Miniato, ovviamente non si scappa, qui c'è da sudare! Le pendenze non sono impossibili, ma siamo tutti ancora coi muscoli freddi e le pendenze sono pur sempre degne di rispetto; un po' alla spicciolata, uno dopo l'altro conquistiamo la cima, passiamo sotto le poderose mura di San Francesco, poi piazza Buonaparte e via, fino a lasciarci dietro anche i vicoli medievali della città del tartufo bianco.
Uffa ancora asfalto! E' vero; ma gli scenari già sono mutati, le strade son praticamente sgombre di auto e  il mare verde di colline che si estende a sud del Valdarno inferiore si apre, con tutta la sua arcaica bellezza sotto ai nostri occhi.
Coiano: l'incontro con una pellegrina
I chilometri scorrono sotto le ruote tassellate fino a giungere ad imboccare nuovamente lo sterrato poco oltre il Poggio Tagliato, finalmente s'inizia a fare sul serio, ciascuno dei presenti conosce benissimo queste strade, ma di fatto è sempre un piacere percorrerle da tanto che sono belle; inoltre oggi il fondo è ottimale, non c'è fango e ciò consente di godersi appieno, dopo la neve, il gelo e la pioggia delle settimane precedenti, un terreno ben compatto che agevola tantissimo l'aderenza dei pneumatici.
Arriviamo a Capo di Vacca, proseguiamo in direzione Campriano, qui la Francigena coincide con la sempre affascinante via di Meleto, sempre su sterrato ci dirigiamo verso Coiano; questo luogo è un nodo importante nell'ottica della via Francigena, la Pieve qui costruita infatti, dedicata a San Pietro e Paolo, è indicata come XXI tappa secondo l'itinerario di Sigerico, quindi, giunti anche noi ai piedi dell'antica struttura decidiamo di fare una sosta; è qui che abbiamo incontrato una pellegrina molto speciale, una ragazza di cui ignoriamo il nome, la quale ci ha detto che era partita da Loreto circa una settimana prima per giungere, a piedi e in assoluta solitudine a Santiago de Compostela, non so se leggera mai queste righe, ma, e credo di poter parlare a nome di tutti, le auguriamo un buon viaggio, con la speranza di raggiungere la meta che si è prefissata, sia essa di natura fisica che spirituale.
Via Francigena tra Coiano e via d'Orlo
E' tempo di ripartire! Ci lanciamo in picchiata per una discesa veloce e moderatamente tecnica, lo scenario tutto intorno si fa veramente suggestivo, le continue piogge dei giorni precedenti  hanno reso la campagna di un colore verde vivido, talvolta cangiante per via del vento che soffia sui pendii dei colli, nubi cinerine si aprono e si chiudono sopra di noi, lasciando a tratti filtrare dei caldi raggi di sole; al termine della discesa ci troviamo a transitare per poche decine di metri sulla via dell'Orlo per poi tornare subito dopo su sterrato sempre più vicini al nostro obiettivo, si torna a salire su bellissime strade bianche, costeggiamo case sparse dal sapore antico, recinti d'allevamento di ovini, qualcuno ci saluta col sorriso in faccia, procediamo su crinali ondulati che consento di spaziare lontanissimo con lo sguardo.
La salita sterrata per tornare sulla direttrice di Gambassi, è, nella parte finale più impegnativa, ma nessuno della comitiva demorde, ed eccoci tutti in cima col gruppo che si ricompatta un po' alla volta in corrispondenza della strada asfaltata, giungiamo così all'ultima sosta ufficiale sulla via Francigena, la Pieve di Santa Maria Assunta a Chianni, nonché XX tappa secondo l'itinerario di Sigerico, quando vi giungiamo si sta celebrando un matrimonio, approfittiamo per fare gli auguri ai novelli sposi e al tempo stesso per  visitare il magnifico edificio.
Le verdi colline tra Coiano e Gambassi
Terminato il tratto prestabilito della via Francigena c'è ora da pianificare il viaggio di ritorno, intanto c'è da salire fino allo scollinamento di Gambassi che non è proprio una passeggiata, il segnale stradale parla chiaro, pendenza media 10% ma in fin dei conti i rapporti corti da mountain bike agevolano abbastanza l'impegno che devono sopportare le gambe, più tosta invece se fatta con una bicicletta da corsa (provare per credere!), in cima al valico, mentre attendiamo che il gruppo si riunisca, iniziamo a pensare alla pausa pranzo, mezzogiorno è passato da un po' è le energie iniziano ad entrare in riserva, urge riempire lo stomaco e ci mettiamo d'accordo di sostare qualche chilometro più avanti in corrispondenza dei ruderi della vecchia cisterna romana di Montaione, devo dire che non è una vista usuale quella di 9 biker's stesi su un prato in un clima conviviale, con panini e barrette; fra un morso e l'altro c'è tempo per qualche battuta di spirito, l'atmosfera è rilassata, insomma sono proprio quei momenti che da soli valgono l'intera escursione!
Gambassi: chiesa di Santa Maria Assunta a Chianni
La pausa finita! Risaliamo in sella, ci aspetta il discesone asfaltato fino a Montaione, scorrevolissimo ce lo beviamo in un sorso, ormai l'atmosfera è rilassata, in paese ci concediamo anche il tempo di un caffè, poi via di nuovo verso la stupenda strada di Santo Stefano, questa si snoda su un crinale che riassume un po' tutta la bellezza della campagna toscana, colline verdi e grigi calanchi, borghi sullo sfondo e casolari in stile rustico, davvero un bel paesaggio.
Fatta anche l'ultima discesa, ai piedi della tenuta di Santo Stefano, ci reimmettiamo sulla via d'Orlo e puntiamo decisi per Corazzano, si torna verso casa! Ora l'allegra scorribanda prosegue in surplace, giunti al Genovini imbocchiamo la via di Mugnana e Scorno alla fine della quale iniziano i primi saluti, Riccardo infatti lascia il gruppo e prosegue da solo verso Bucciano, lo salutiamo e proseguiamo da via delle Gronde verso Molino d'Egola, qui il gruppo si sfoltisce ulteriormente, l'escursione sta volgendo al termine, la fatica si fa sentire, fra trasferimenti e quant'altro abbiamo sfiorato gli 80 km, stanchi certo! Ma soddisfatti, ognuno si dirige ora incontro ad una bella doccia calda e rigenerante, consapevoli di aver trascorso una giornata che ricorderemo per un bel pezzo!
           
  

lunedì 30 aprile 2012

L'AFFANNOSA RICERCA DI FONTI ALLE FATE



scritto da Fabio Cappelli


Fig.1. l'ultima parte del sentiero che conduce a Fonti alle Fate

San Miniato 25 aprile.

Saranno al massimo 4 i chilometri che separano l'uscio di casa mia dal luogo dove da molti secoli sgorgano le fresche e dissetanti acque di Fonti alle Fate, eppure per molto tempo ne ho ignorato l'esistenza, fin quando venutone a conoscenza ad opera del blog amico di Smartarc, mi sono ripromesso che un giorno o l'altro ci avrei fatto una capatina.
Mercoledì 25 aprile 2012, oggi, giorno solenne nella storia d'Italia, mentre in moltissime piazze del Bel Paese si commemora l'anniversario della Liberazione dai nazi-fascisti, un gruppetto di novelli Indiana Jones, che per la cronaca sono gli stessi della “passeggiata d'inizio anno alle leggendarie fonti di Pancole” si mettono alla ricerca del leggendario sito.
La giornata era iniziata con un cielo crespato di nuvole e un forte vento, ma nel primo pomeriggio, quando cioè decidiamo di metterci in cammino, le condizioni meteo tendono al miglioramento lasciando intravedere sempre più ampi spazi di azzurro sopra le nostre teste.
Siamo ben consapevoli che l'obiettivo si trova nei pressi del parcheggio del bastione di San Miniato, che nella realtà, e non a caso, nella toponomastica ufficiale risulta essere quello di Fonti alle Fate, quindi ci basterebbe arrivar fin li con l'automobile e, con un po' di senso di orientamento e pochi passi avremmo già partita vinta, ma a noi non basta! Come si suol dire in questi casi, il bello del viaggio è proprio viaggiare, così parcheggiata l'auto nel piazzale antistante il palasport di Fontevivo a San Miniato basso, c'incamminiamo senza un preciso itinerario verso il luogo anzidetto.
I primi metri sono incerti, c'è chi vorrebbe andare da una parte e chi dall'altra, risultato sbagliamo subito strada; chiediamo ad un signore che abita nelle vicinanze del parcheggio di Fontevivo consigli sul percorso più adatto, ci indica quella che per lui è la via migliore, ovviamente non seguiamo il suo consiglio e facciamo di testa nostra, ma non è un male! Mi viene infatti in mente che non troppo lontano da li si può salire verso il colle di San Miniato passando per un tratto suggestivo e immerso nel verde della Via Francigena, l'unico dubbio è l'esatta rotta da seguire e la distanza effettiva per intercettarla, ma non ci scoraggiamo, andiamo per tentativi, il primo fallisce miseramente, convinti di seguire il giusto tracciato, finiamo per entrare nel resede di un'abitazione privata, la cui proprietaria, che sembrava aspettarci al varco, ci invita con fare poco accomodante ad alzare i tacchi e fare dietro front, obbediamo!
Ecco che inevitabilmente prende corpo il piano B, ci immettiamo in una strada vicinale sterrata sottostante, una di quelle belle stradine di campagna che ispirano al solo vederle; per quanto strano a dirsi, i luoghi, poco distanti da casa, risultano sconosciuti, un angolo del nostro territorio rimasto a noi nascosto fino ad oggi; costeggiamo i muri di confine di belle case in stile toscano, qualche cane abbaglia al nostro passaggio, la campagna tutta intorno, dopo le piogge intense dei giorni precedenti, è un tappeto color verde smeraldo di erba rigogliosa.
Camminiamo, senza troppa fretta ma con incedere inesorabile, ancora non son certo della veridicità del percorso, ma più andiamo avanti e più mi convinco che la direzione è quella giusta, fin a quando la deduzione non si fa certezza! Imbocchiamo, senz'indugio di sbagliare il tratto di V.F. che  condurrebbe verso il convento San Francesco, la strada è asfaltata ed in salita.
Fig.2. Logo identificativo della Via Francigena
Giungiamo a un bivio, a sinistra, ancora in salita è sempre V.F. a destra la direzione è ignota, in tutti e due i casi ci si parano innanzi a noi due bei sentierini di campagna, noi tanto per non contraddirci imbocchiamo quello con direzione ignota, ma in questo frangente e all'improvviso spunta da sotto un ciglione un signore che ci sconsiglia il passaggio da quella viottola, visto che a suo dire non porta da nessuna parte, col mugolo fra le labbra gli diamo retta e quindi ci ributtiamo nuovamente sulla V.F.  che da qui lascia intravedere un panorama insolito di San Miniato, sotto i nostri occhi si spalanca la cosi detta valle di Cencione, mentre alzando lo sguardo domina maestosa la Rocca.Con ogni probabilità siamo adesso a metà del guado, ma in realtà ora arriva il pezzo più duro, usciti infatti dalla V.F. (davanti al golf) individuiamo un'altra stradina sterrata a destra che conduce nella sottostante valle di Cencione, la prendiamo, consapevoli che giunti in fondo la dobbiamo di nuovo risalire, e qui la salita si dimostra veramente arcigna; manco a farlo apposta, proprio nel punto in cui si dovrebbe iniziare l'ultima ascesa troviamo un altro signore che ci dissuade caldamente dall'affrontare la faticaccia tant'è dura l'erta, inoltre sostiene che la via d'accesso all'antico manufatto è malmessa se non addirittura inaccessibile e per chiudere in bellezza in tema di argomenti incoraggianti, ci dice peraltro che non vale neppure la pena andare fin lassù, che tutto sommato, secondo lui, non c'è nulla da vedere! Per contro e di buono ci da una dritta che risulterà preziosa nel finale, ci dice infatti che se proprio siamo convinti di voler andare avanti, ci conviene  di seguire, indicandoci un tubo di gomma nera, il suo tragitto lungo la collina, questa arriva dritta dritta a Fonti alle Fate!! Ringraziamo e c'incamminiamo con lo spirito dei condannati ai lavori forzati, qui addirittura la strada è appena accennata nel folto dell'erba alta, si inizia a salire su pendenze abbordabili, tagliamo di traverso la collina, poi ineluttabilmente ci troviamo ai piedi di una greppa allucinante, secondo me qui siamo ben oltre il 35% di pendenza! Ci facciamo coraggio e passo dopo passo conquistiamo la cima, che porta in prossimità di una bella abitazione di nuova costruzione e attualmente non abitata; aggiriamo la casa, di fatto siamo a pochi metri dal parcheggio del bastione, e se l'acqua avesse un odore, probabilmente già ne sentiremmo il profumo tanto siamo certi di essere vicinissimi al traguardo! Ma per definizione l'acqua è incolore, insapore e soprattutto inodore, quindi nessun aiuto sotto questo punto di vista, per di più non abbiamo neppure riferimenti precisi sull'esatta ubicazione delle fonti, che immerse nel folto della macchia sono difficilmente individuabili.
Iniziamo così a perlustrare l'area dove presumibilmente potremmo trovarle, costeggiamo una scarpata che coincide col margine esterno del boschetto, ognuno a proprio modo cerca di trarre indizi utili per giungervi, dall'alto del ciglio buttiamo il nostro sguardo verso valle, tutto sembra un'inestricabile concentrato di piante spontanee, alberi, arbusti e cespugli ci negano il passaggio, mentre ognuno continua nella propria caccia al tesoro, io mi isolo dal gruppo, continuando a guardare in basso vedo un angolo di bosco appena appena più pulito, scendo da un punto più accessibile sul piano sottostante, in questo punto la collina è lavorata a gradoni un indubbio segno dell'opera umana, mi sembra di scorgere un sentiero, forse mi sbaglio, poi ci ripenso, torno indietro, la mia attenzione è catturata dal fatto che affiora da fogliame una porzione di cemento messo li a mo di scalino, guardo meglio e ne intravedo un altro e poi un altro ancora, sono ben mimetizzati ma ci sono! Scendono lungo il costone della collina, poi, ancora più avanti sembra addirittura che il piccolissimo sentiero sia ancora più battuto rispetto al piano soprastante, mi sporgo ancora per dare uno sguardo al gradone sottostante, mi torna a mente l'indicazione del signore incontrato ai piedi della salita, “seguire il tubo nero di gomma”, lo vedo! È proprio li sotto, in realtà i miei piedi si trovano già sopra “il tetto” delle fonti, il quale, totalmente ricoperto di terra e fogliame è reso assolutamente invisibile.Continuo per un'altra decina di metri, c'è un'altra curva a scalini piuttosto agevoli da scendere,  poi finalmente mi trovo davanti all'antico manufatto, chiamo il resto del gruppo che si precipitano a vedere questo luogo così vicino alla civiltà moderna eppure così ben isolato da questa.
Fig.3. L'ambiente centrale di fonti alle fate
Purtroppo, contrariamente alla precedente spedizione alle fonti di Pancole manchiamo di stivali impermeabilizzati che ci consentirebbero di fare un indagine più approfondita all'interno della struttura, ci limitiamo pertanto ad un'ispezione esterna; la vegetazione la fa da padrona, la costruzione è immersa totalmente nel verde, è composta a prima vista da 3 volumi con soffitto a volta (almeno così è per quello centrale che è facilmente ispezionabile), l'acqua ristagna sul pavimento, le incrostazioni calcaree sono ovunque e ben evidenti, in fondo, nella parete opposta, da una finestrella sulla muratura sembra esserci una polla sorgiva, è un brutto giudicare, ma la logica porterebbe a questa conclusione, s'intravede al suo interno un blocco calcareo piuttosto lucido, segno che l'acqua, sgorgando dalla terra lo mantiene perennemente bagnato; i comparti di fianco non sono visitabili, desumiamo si trattino, anche memori dell'esperienza di fonti di Pancole, di cisterne per la raccolta dell'acqua.
Il castello è espugnato! Perseveranza e spirito d'indagine l'hanno avuta vinta sul resto, ora, dopo il dispendio di energie ci attende una passeggiata più tranquilla e rifocillante per le vie del borgo vecchio che pullula di vita e di colori, ma questa è un'altra storia...
  

      

mercoledì 21 marzo 2012

DUE SPECIALITA’ DELLA MOUNTAIN BIKE: CROSS COUNTRY E GRANFONDO

scritto da Fabio Cappelli

E' tempo di gare, di gare vere, il conto alla rovescia che ci separa da Londra 2012 è infatti iniziato, carico di quella spasmodica attesa che ci porterà a gioire, tifare ed emozionarci per le prodezze olimpiche degli atleti, un'attesa trepidante, tipica di quel periodo ormai prossimo che ci separa dall'inizio di un evento di portata planetaria; è in attesa di quei giorni che il mondo delle ruote grasse, come ogni anno, inizia ad entrare nel vivo della stagione agonistica, ovunque in Italia i campi di gara pullulano di biker's che si promettono battaglia fino all'ultimo metro, qui di seguito ho voluto fare una descrizione sintetica di due specialità del mondo della mountain bike che attraggono a se un numero di concorrenti che di anno in anno è sempre più consistente, le gare di Cross Country e le Granfondo.  


CROSS COUNTRY (XC):
Fig.1. Estratto di una gara di XC (con la maglia tricolore M.A.Fontana)

E’ la gara delle gare, quella che indossa per antonomasia la corona di regina assoluta.
La gara di XC, inserita a pieno titolo nel calendario delle competizioni di Londra 2012, è specialità olimpica dal 1996, in quella edizione, che si tenne ad Atlanta partecipò anche una giovanissima quanto determinata atleta italiana, Paola Pezzo la quale riuscì a conquistare la medaglia d’oro facendo sventolare il tricolore sul pennone più alto della cerimonia di premiazione; Paola Pezzo replicò l’impresa anche quattro anni più tardi nell’Olimpiade di Sydney, salendo nuovamente sul gradino più alto del podio.
Il XC è per definizione una gara nervosa che si sviluppa su circuiti brevi e ad anello da ripetersi più volte con sviluppo generalmente non superiore ai 40 km; si snoda su tracciati al limite della pedalabilità, all’interno di boschi ma anche in spazi aperti, in ogni caso ben delimitati anche dall’ausilio di fettucce e nastri; in genere i dislivelli totali che i concorrenti devono affrontare non hanno gli stessi numeri di una Granfondo , ma contrariamente a queste è l’estrema discontinuità del profilo altimetrico a fare la differenza, salite tecniche dalle pendenze micidiali si alternano a discese altrettanto esasperate, il tutto condito da sentieri tortuosi e stretti (single track) che non agevolano affatto il sorpasso degli inseguitori, da qui se ne deduce l’assoluta importanza di poter contare, in fase di partenza, di un buona posizione in griglia.
Il fondo di una gara di XC può essere variabilissimo, si può partire su asfalto o strada bianca, per poi subito dopo essere dirottati dentro la fitta boscaglia, dove, tra gli alberi che fanno da cornice, si devono superare grandi pietre affioranti e sassicaie, radici attorcigliate e guadi d’acqua, non di rado accade che l’organizzazione della corsa, al fine di spettacolarizzare ulteriormente la manifestazione predispone anche degli ostacoli artificiali, concernenti generalmente in gradoni e salti; le condizioni di per se stesse già difficili, possono ulteriormente complicarsi in seguito a precipitazioni che rendono il fondo fangoso e viscido.
La gara di XC mette a dura prova l'organismo di coloro che vi partecipano per via dei cambi repentini di pendenza, obbligando il cuore a lavorare spesso fuori soglia, necessita inoltre di un ottima padronanza della bicicletta, i continui adattamenti ad un fondo estremamente irregolare non ammettono infatti improvvisazione, la preparazione della gare deve prevedere un giusto mix di allenamenti tecnici, di resistenza e di potenza.
La mountain bike da utilizzare in questo tipo di specialità è essenzialmente la front (ovvero una mountain bike con forcella ammortizzata solo anteriormente), più raramente una full suspended (con sospensione sia anteriore che posteriore), infatti coloro che partecipano a questo tipo di competizioni ricercano, in maniera quasi maniacale, biciclette dai pesi contenuti (nell’ordine degli 7,5 ÷ 9 kg).
  
GRANFONDO E MARATHON
Fig.2. La partenza di una Granfondo

In linea di massima le difficoltà tecniche rilevabili su di un campo di gara di una Granfondo sono essenzialmente simili a quelle riscontrabili in una gara di XC, anche qui infatti si ritrovano gli stessi elementi tipici di quella specialità, strade bianche, mulattiere, single track, pietraie, guadi etc.
Quello che invece le differenzia rispetto alle gare di XC sono le distanze e dislivelli che gli atleti si trovano ad affrontare, i circuiti in genere hanno tracciati che non scendono mai al di sotto dei 40 km ma possono superare tranquillamente anche i 70 km, in egual misura i dislivelli si attestano intorno ai 1200÷2000 m, anche nelle GF i circuiti sono normalmente ad anello, ma eseguiti un’unica volta; viste le notevoli distanze è normale imbattersi in salite con pendenze moderate (7 ÷ 10 %) ma molto lunghe, prevale in genere la strada bianca rispetto ai single track, non di meno però i tratti tecnici possono risultare egualmente difficili.
Mentre nelle gare di XC si assiste, per ovvi motivi, ad una partecipazione circoscritta di concorrenti, nelle GF al contrario si contano un gran numero di iscritti, divenendo spesso eventi spettacolari per la variopinta marea umana che vi affluisce, queste gare, inoltre snodandosi su tracciati così lunghi cambiano spesso scenario, lasciano intravedere scorci di grande bellezza paesaggistica, tipico esempio sono le manifestazioni che hanno come teatro le cime dolomitiche, non di meno anche in terra di Toscana si disputano gare alle quali fanno da sfondo teatri naturali di indiscutibile pregio 
Fig.3. Frammento di una gara dolomitica 
Le peculiarità del tracciato di una GF si ripercuotono inevitabilmente anche sulle caratteristiche atletiche dei partecipanti, ferme restando infatti le qualità tipiche di chi pratica le XC, in queste gare occorre anche una resistenza straordinaria, nonché una tenuta mentale ferrea specie se si intende affrontarne la variante più dura, la Marathon, di norma infatti le Marathon si eccedono nei numeri, con distanze che possono oltrepassare i 100 km e con dislivelli superiori ai 3000 m (es. sellarondahero , dolomitisuperbike).
Seppure in questo tipo di kermesse siano previsti dei punti di ristoro, conviene, per buona regola, pianificare un proprio programma di integrazione alimentare e idrica per non rischiare di andare incontro a drammatiche “crisi di fame”.    
Così come nel XC la tipologia di mountain bike che meglio si presta a questo tipo di gara resta sempre la versione front, tuttavia anche una full sospended dai pesi contenuti (8,5 ÷ 10 kg) può rivelarsi ottimale per non affaticare eccessivamente la schiena, costretta come è a mantenere anche per più di 4 ore una posizione in sella obbligata e scomoda.

GRANFONDO VAL DI CECINA

prefazione di Fabio Cappelli
 
San Miniato 21 marzo 2012

A tutti i graditi frequentatori di questo blog vorrei portare all’attenzione il resoconto ideato, scritto e ancor prima sudato, dall’amico Michele Musetti, il quale avendo preso parte alla 9 ͣ edizione della  Granfondo Val di Cecina, una gara per stradisti che si è tenuta il 4 marzo e che ha avuto come scenario le stupende colline in prossimità della costa tirrenica nei pressi appunto di Cecina, ha voluto offrirci il suo punto di vista su questa esperienza. Come colui che ben semina, anche Michele ha saputo con costanza e dedizione raccogliere col tempo una preparazione tale che gli consente di togliersi tante soddisfazioni in sella alla sua amatissima Scott, non ultima appunto quella di prendere parte a manifestazioni come questa che ti faranno di certo tornare a casa con le gambe avvelenate dall’acido lattico, ma che al tempo stesso fanno schizzare gli indicatori dell’autostima al massimo! L’impegno paga! Non ci sono vie di mezzo, non esistono scorciatoie per chi gioca pulito, la compagna di un’atleta, qualunque sia lo sport che pratica è una sola, la fatica, e in bicicletta la fatica assume sembianze quasi perverse. Chi te lo fa fare di durare tutta quella fatica? Chissà in quanti si saranno sentiti rivolgere questa domanda, le risposte possono essere molteplici è tutte con una propria dignità, ognuno si trovi la sua, intanto, se può esservi utile leggetevi questo sunto, chissà che magari in esso, di risposte non ne troviate qualcuna.
 
Scritto da Michele Musetti
 
Carissimi Gregari!!
 
Con queste due righe voglio rendervi partecipi della granfondo Val di Cecina di stamani. E’ stata un’esperienza bella, elettrizzante, angosciante (poi capirete il perchè), sicuramente da rimettere nel programma il prossimo anno con qualche accorgimento in più maturato dall’esperienza odierna. Colazione alle ore 8:00 con una mela, tre biscotti, mezzo piatto di pastasciutta in bianco e mezza barretta di carboidrati a rilascio graduale. Tale spuntino ha dato poi  i suoi frutti sperati. La partenza era fissata per le ore 10:00 ed io ero già in griglia alle 9:00 assieme a pochi aitanti amatori che a giudicarli dalle facce rilassate, dalla spensieratezza e soprattutto dall’età che dimostravano, sembrava si mettesse proprio come pensavo, cioè una gran bella passeggiata tranquilla fischiettando, ridendo e scherzando nelle strade tra le più belle d’Italia. Eh già ero io da solo senza alcuno dei miei fidati seguaci che prima uno poi l’altro mi hanno lasciato in balia di questi feroci agonisti. Alle 9:50 la griglia a me assegnata era stracolma e tutti erano pronti alla partenza. Eravamo quasi 2000.   Alle ore 10:00 il megafono scandisce il conto alla rovescia e VIA!   Io tranquillamente do’ il primo colpo di pedale per posizionarmi in sella e lentamente con molta calma (tanto i primi chilometri saranno una passerella davanti ai cittadini di Cecina) chino il capo per assicurare anche l’altro piede sul pedale, quando alzando la testa noto un fuggi fuggi generale impressionante da far paura con gente che ti sfiorava ai 40 all’ora e con gli occhi assatanati che cercavano guadagnare posizioni su posizioni……. Cazzo ! Stamattina un’è serata ! Il tempo di rendermi conto che avevo sbagliato nettamente l’approccio alla manifestazione che potevo vedere tutti i 2000 partecipanti con un sol colpo d’occhio senza dovermi girare in dietro !!!! A quel punto ho iniziato anch’io a far girare le gambe a più non posso per non vedermi superare anche dalla vettura che portava la scritta “FINE GARA CICLISTICA”.  I primi chilometri erano caratterizzati dalla salita abbastanza dolce e pedalabile di circa 9 Km che porta a Guardistallo, e lì ho potuto rimettere nelle giuste posizioni tanti ganzini che se lo meritavano. Il tempo era ottimale, nuvoloso, ma senza pioggia. In alcuni punti però la strada era umida, non bagnata, ma umida a tal punto da averne paura soprattutto in discesa. Infatti dopo Guardistallo la strada scende un po’ verso Casale Marittimo per continuare la scesa verso Bibbona e proprio in una di queste curve  a gomito ho dovuto scansare una caduta per fortuna senza conseguenze per i malcapitati. La gente veniva giù ai 60 all’ora tutti erano lanciati giù per quelle curve insidiose pronti a superare chi gli stava davanti. Io come vero caprone di montagna mi facevo trasportare dall’entusiamo e dall’agonismo che si respirava pesante nell’aria, e giù anch’io in picchiata come un coglione diversamente da come di solito affronto le discese, cioè con calma prudenza e razionalità.  A un certo punto un episodio che mi ha colpito profondamente, e che tuttora rivedo con molta ansia, a circa 50 metri davanti a me si è cominciato a sentire uno sgretolio, un frullio di carbonio che non smetteva più, si vedevano biciclettte avvorticciolate che facevano balzi fino a tre metri da terra e gente che rotolava per le terre assieme ad esse. Tutti gridavano Fermi! Attenzione !!  Rallentate!  Passando dal campo di sterminio, ho intravisto un ciclista inerte che versava sangue dal capo e lo sguardo fisso sull’asfalto. Una sensazione tristissima, non voglio neanche pensare come sia andata a finire per quel poverello. Il fatto sta che da quel punto in poi c’è stato in tutti come un cambiamento, l’agonismo che si tagliava a fette un minuto prima poteva andare a farsi fottere.. E’ tornato in tutti il vero spirito di queste bellissime manifestazioni. Si udiva, al contrario di prima, un gran stridio di freni tirati per evitare rischi inutili, l’aria non era più fredda come a 60 all’ora e si parlava l’un con l’altro del tremendo colpo d’occhio che aveva dato quell’incidente. Sapendo che una cosa simile poteva benissimo capitare a ciascuno di noi. Si giungeva così tranquilli fino alla fine della discesa dove iniziava un mangia e bevi con direzione Castagneto Carducci. A metà abbiamo potuto godere del paesaggio offerto dallo spettacolare viale dei cipressi di Bolgheri decantato in tutto il Mondo grazie all’ode a San Guido dal Carducci. La parte finale in prossimità dell’inizio dell’ascesa verso Castagneto Carducci ho potuto fruire di un trenino di circa 10/11 ciclisti tanto per gradire. L’ascesa (che conosco benissimo, come tutto il percorso) è stata tranquilla e del mio passo. Mi sono tolto anche qualche soddisfazione superando diversi broccolini. Dopo Castagneto la strada sale ancora direzione bivio Sassetta e anche lì mi sono divertito parecchio. Però quasi alla fine della salita si è materializzata la paura che temevo fin dall’inizio. Mi stava superando la macchina del Fine Gara!!!  Che delusione…… Che disonore…… Ora che cominciavo ad averne diversi dietro… Lungo la strada che porta prima a Monteverdi Marittimo e poi a Canneto mi sono fatto trainare ai 45 all’ora fissi da due benefattori con i quali abbiamo ripreso diversi ganzini, ma giunto al bivio del percorso corto o lungo li ho dovuti lasciare perché facevano il lungo.   Comunque avevamo fatto un bel gruppetto e qualcuno ha fatto la mia scelta. Quindi siamo scesi gentilmente da Canneto per poi fare un autentico treno con cambi regolari lungo la pianura fino a Casale. A un certo punto ci ha raggiunto una squadra di Juniores in allenamento che per quel tratto faceva la nostra strada. Noi facevamo i 45 Km/h e pensavo di aver trovato il treno giusto. Ma cavolo quelli facevano 50 e io sono stato il primo ad accodarmi. Mancavano 33 Km. alla fine della corsa e stavo bene. Dopo 5 minuti, fino a quando questa squadra ha girato lasciando il nostro percorso, mi sono girato e dietro a me non c’era più nessuno !!!!   grande !!! che mito!!! Sono er mejo…….Però iniziavo a sentire qualche crampetto ai polpacci e mi ritrovavo ad affrontare  una strada in leggera salita con vento a sfavore tutta da solo E fu così, pensando di dar tutto per mantenere il vantaggio, che aggravavo la situazione dei crampi e del fiato.  Fino ad all’ora non mi ero mai fermato ai ristori (solo un bicchiere d’acqua preso al volo). Avevo ingerito a distanza di circa mezz’ora per tre volte una gelatina di carboidrati  a rilascio graduale con magnesio e potassio. Ma a quel punto ero davvero arrivato, e dopo avermi raggiunto mi hanno lasciato anche indietro, perché non ce la facevo neanche a stargli a ruota.  L’ultima fativa era la salita di 3,1 Km verso Casale  dove ho dovuto amministrare le forze e risparmiarle per il finale. Da Casale a Cecina è poi una lieve discesa che invoglia a tenere costanti i 40/43 km/h e anche lì ho potuto fruire di un gruppetto di 5 unità fino all’arrivo. Ad un km dall’arrivo ho pensato: tra un po’ faccio uno scatto e li lascio tutti addietro, ma invece, appena mi sono provato ad alzare sui pedali, mi sono rimesso a sedere tranquillo tranquillo per evitare di trovarmi sotto lo striscione dell’arrivo con le gambe ritte a strillare dai crampi alle cosce, ai polpacci, al collo, agli orecchi, e ai diti tutti.  87,7 Km. In 3 ore alla media di quasi 30 Km/h. Non male… Mi sembrava doveroso mettervi al corrente di ciò che vi aspetta qualora vogliate prender parte ad una di queste grandi manifestazioni. Sicuramente ne è valsa la pena e la rifarò sicuramente, almeno spero. Magari assieme a qualche gregario che mi aiuti nei momenti infernali.
 
 
 
 

mercoledì 4 gennaio 2012

RIFLESSIONI DI UN PELLEGRINAGGIO IN BICICLETTA

prefazione di Fabio Cappelli
Ho il piacevole compito di proporvi un articolo con il quale ho la presunzione di riuscire a suscitare in voi delle emozioni genuine, parole che spero riescano a soffiar via un po’ di quello strato grigio di polvere che si accumula lento e inesorabile sulle nostre coscienze. Parole vive di un significato profondo, che tentano di aprire una varco sul velo opaco che si interpone tra i nostri occhi ed il mondo. Parole che nascono dal viaggio, non un viaggio qualunque, ma uno di quei viaggi intrapresi verso due mete, una reale, fisica, la città eterna, Roma, l’altra interiore, immateriale, indefinita, metafisica, che si propone il compito ambizioso di andare a scandagliare l’essenza stessa dell’individuo. Un viaggio che ancor prima di cercare la meta, trova la strada, anch’essa fatta di riferimenti tangibili che si fondono in un tutt’uno d’esperienze, con quelli confinabili alle pure sensazioni, quelli che difficilmente si prestano a farsi imbrigliare dalle parole, cosa questa che ha tentato di fare il Sig.Marco C. da Meda (MB), riuscendovi a mio parere in maniera eccellente. Qualcuno si domanderà cosa lega Marco al sottoscritto, risposta :”la casualità” è il caso infatti che ha voluto, in maniera gradita, di far si che le nostre strade si incrociassero nei primi giorni di novembre, quando di ritorno da una girata in bici, sono stato avvicinato proprio da lui che era intento a portare a compimento la sua lunga pedalata verso l’Urbe! All’altezza del crocevia di San Miniato Basso (PI) mi ha chiesto indicazioni sul miglior tragitto da seguire per arrivare a San Gimignano (SI), ed io, venuto a conoscenza dei suoi propositi e della sua storia, sono rimasto sulle prime incredulo e subito dopo entusiasta di poter dare il mio piccolo contributo per aiutarlo a raggiungere il suo scopo; l’ho accompagnato fin sul piazzale del duomo di San Miniato, prestandomi ad elargire informazioni e consigli sui luoghi, sugli itinerari e scattandogli pure una foto, poi così come ci siamo incontrati, allo stesso modo le nostre strade si sono nuovamente divise  . Sia ben chiaro! Marco è un uomo comune, con  una vita che potrebbe rispecchiare la vita di molte altre persone, assorbito anch’egli come molti di noi dalla frenesia della quotidianità, non è un eroe ne ha compiuto un’impresa eccezionale, ma gli va riconosciuto il grandissimo merito di essersi messo in cammino nel senso più nobile del significato, di aver trovato dentro di se la spinta e l’energia per rompere i vincoli della ragione, quella specie di catena che ci tiene legati al palo e che vorrebbe che queste imprese fossero lasciate ad altri. Nella lettura che andrete a fare ci viene offerta anche una fotografia di questa Italia, avvitata intorno a se stessa per via della difficile crisi economica che stiamo attraversando , raccontandoci di incontri, di luoghi e con riflessioni sue personali che toccano le corde dell’anima. Concludo col mio personale grazie a Marco che mi ha consentito di pubblicare questo suo reso conto, buona lettura.
scritto da Marco C.

Spinto dal desiderio di fare qualcosa di alternativo, in un mese non certo ideale per fare "passeggiate" a lungo raggio, ho deciso comunque di seguire il mio istinto alla ricerca di qualcosa che spezzasse i consueti folli ritmi della Brianza a cui da 50 anni, in crescendo, sono sottoposto.
Gli ultimi amici a cui ho avuto il coraggio di chiederlo….mi avevano risposto se fossi diventato, matto del tutto…. Così, in buona compagnia di me stesso, con l'incoraggiamento di mia moglie e delle mie figlie e qualche predica di mamma e papà e di tanti moderati, sono partito da Meda, il primo di novembre, sulle orme degli antichi pellegrini, per raggiungere Roma, in bicicletta, attraverso un antico percorso denominato “la via Francigena”.
Questo percorso, conduceva i viandanti in preghiera provenienti dalla parte nord occidentale dell'Europa che si dirigevano alla tomba di San Pietro a Roma per ristorarsi alle radici della propria fede. Nei tempi in cui ci si vanta della velocità di tutto, ci si è dimenticati di quanto è bello andar piano.
E siccome il mezzo che ho scelto….coi carichi delle borse…non mi consentiva di andar veloce….ho potuto ammirare tanta natura, e incontrare tanti volti.Ho incontrato molte salite, la pioggia, il vento, la fatica. Ma ho trovato anche discese, il sole, i colori, la natura, tanti sorrisi. Ho trovato una semplice ma calda accoglienza in conventi e parrocchie. Ho percorso circa 800 km, visitando tanti borghi, unici nelle loro architetture, ma uniti in un’Italia incantevole, un’Italia preoccupata, un Italia alluvionata. Alla fine mi ha atteso la Basilica di San Pietro, che da tempo non vedevo, maestosa, bella come la nostra capitale. Ad accogliermi anche un gentile Monsignore che mi ha dedicato una inaspettata attenzione donandomi una pergamena Vaticana, testimonial del pellegrinaggio "Ad Limina Petri". Un percorso di 9 giorni come sintesi di un cammino che è poi il cammino della vita.
Un pellegrinaggio che mi ha dato modo di pensare, di riflettere, di vedere, fuori e dentro me stesso. così come nella vita si dovrebbe avere il coraggio di fare ogni giorno. Forse c’è più pazzia nelle nostre quotidianità, avvolti nelle abitudini della fretta che ci divora per arrivare a mete superflue o addirittura inutili.
Fig.1. San Miniato -  Piazza del Duomo
Molti mi hanno fatto i complimenti….in realtà a me basta essere contento di aver fatto questo “viaggio”. Tra i tanti ricordi uno speciale ad Andrea. . 31 anni e un viaggio lunghissimo e meraviglioso alle spalle anche se le gambe non lo reggono e da sempre non riesce a camminare. Il suo un viaggio interiore, illuminato da una fede grandissima. L'ho incontrato in una delle tappe, e siamo divenuti amici.
Mi sono domandato se prima di partire ne valesse la pena. Ma per un viaggio si parte con la fiducia, senza a volte pianificare tutto, senza navigatore, senza essere allenati, umilmente e desideroso di scoprire con la curiosità di un bambino quello che incontri.
Un pò come il mistero del viaggio della vita.
A volte qualche pazzia e uscire un po’ dal gregge può fare solo bene. Perdersi magari, per poi ritrovarsi. Tanto ...siamo tutti qui...
Nelle pianure lombarde, così come tra le colline toscane o i tufi di Sutri, si nota che le stagioni combiano, e la terra solcata dagli aratri,
assumerà altri colori nelle prossime stagioni quando ai colori succederanno altri colori e altra vita. . Dopo essere stata bagnata dalla pioggia e accarezzata dal sole, la crescita e la rinascita lasceranno posto all’apparente morte del paesaggio.
Il volto delle stagioni della natura è un pò come il volto delle stagioni della vita.
Ho scoperto attraverso questo parte d'Italia, monumenti bellissimi, tantissime chiese con un'arte infinita. Ma la speranza è che molte chiese travestite da museo possano tornare ad essere pietre vive nei cuori di ognuno.
Attraverso il Bel Paese noti che gli argomenti sono spesso simili. La crisi che oggi ci preoccupa così tanto, il PIL, il debito, il lavoro, le leggi dei numeri che governano le vite degli uomini e di famiglie sempre più afflitte. Non sarà facile uscire da questa crisi. E probabilmente dovremo cambiare stile di vita. Forse sarà ipocrisia, ma mi viene in mente anche che non di solo pane vive l’uomo. Con tutto il rispetto, la comprensione, la condivisione dei poveri vicini e lontani...non sarà che sulle tante auto di lusso, siamo così tristi  perché tra il corpo e l’anima….ci hanno convinto di curare e nutrire solo il primo? Un aforisma Indiano così si esprime: "se hai due pezzi di pane, uno regalalo ai poveri. L’altro vendilo e con il ricavato compra due giacinti per nutrire l’anima." Saremo probabilmente costretti a curare questa bulimia consumista e forse ...con qualche giocattolo in meno...potremo tornare a ridere un pò di più. e tornare a camminare ...sulle strade della vita a piedi o in bicicletta magari con un pizzico in più di serenità.


Auguri di Buon Cammino a tutti.

 
Marco C.