martedì 30 aprile 2013

LE TECNICHE D'ORO DELLA MOUNTAIN BIKE: SURPLACE, IMPENNATA E BUNNY HOP




 
scritto da Fabio Cappelli

PREMESSA

molti biker's come del resto il sottoscritto iniziano ad andare con una certa costanza in mountain bike quando non si è più bambini, quando cioè il germe dell'incoscienza ha lasciato pian piano spazio ad una più obiettiva e ponderata valutazione dei rischi a cui ci si espone praticando questo tipo di sport; è indubbio infatti che un fondamentale numero di automatismi, tecniche e modalità con il quale si deve imparare a padroneggiare questo mezzo, si apprendono, o perlomeno sarebbe auspicabile apprenderle in un'età dove il nostro corpo, e in particolar modo la nostra mente si dimostrano più recettivi nell'immagazzinare tutta una quantità di informazioni che diverranno un bagaglio permanente e inscindibile dell'individuo stesso.
Nella mountain bike la capacità di improvvisare, di adattarsi alle continue variabili ai quali sia il mezzo che l'individuo verranno sottoposti, diventa una discriminante fondamentale per far si che si possano affrontare con disinvoltura e con un ampio margine di sicurezza, percorsi caratterizzati da difficoltà tecniche che per altri risultano insormontabili.
Posso garantire per esperienza che l'allenamento paga, esso infatti e il miglior maestro anche quando non si inizia da bambini; imparare a conoscere i propri limiti, ascoltare i segnali che il fisico ci invia e cimentarsi di volta in volta in difficoltà tecniche progressive, fa fare al corpo, ma principalmente alla mente, un salto qualitativo importante, tuttavia talvolta non è sufficiente, poiché a parte il conservare in noi stessi quella sopracitata vena d'incoscienza che c'è l'hai o non c'è l'hai scritta nel tuo DNA, per il resto è tecnica acquisita in quel tempo della vita dove gli errori hanno un peso diverso.
Di seguito riporto alcune tecniche utili, anzi fondamentali per la pratica della mtb che, specie se acquisite in tenera età si dimostreranno preziose per la conduzione della bicicletta entro una amplissima varietà di situazioni nelle quali ci possiamo imbattere nel momento in cui decidiamo di intraprendere la “via del biker”.



IL SURPLACE

Apparentemente la tecnica del surplace può sembrare superflua non quando addirittura contraddittoria rispetto alle capacità tecniche che dovrebbero distinguere un biker, qualcuno infatti si potrà chiedere a cosa mai possa servire imparare a stare fermi e in equilibrio in sella ad una bicicletta, quando poi, proprio la bicicletta ha come scopo quello di farci spostare viaggiando, da un posto all'altro!
Nella realtà il surplace è nato proprio con la bicicletta, specie nelle gare su pista, questa particolare tecnica è parte integrante della competizione, gli atleti si sfidano in lunghissimi ed estenuanti testa a testa nell'attesa che uno dei due contendenti rompesse gli indugi e scattasse in maniera fulminea nella speranza di prendere di sorpresa l'avversario.
A prescindere dal fatto che esercitarsi nel surplace è propedeutico con qualsiasi tipo di bicicletta, nella mountain bike esso diviene addirittura fondamentale! La mountain bike infatti a causa dei tipi di tracciati che vengono affrontati, necessità di una notevole capacità di equilibrio, su salite sconnesse, caratterizzate da solchi, avvallamenti e terreno incoerente, che costringono il biker ad effettuare dei continui cambi di velocità , diventa utilissimo saper padroneggiare la bicicletta, non di meno la stessa cosa vale in discese tecniche, o di fronte ad imprevisti lungo il percorso.

Esecuzione del Surplace:

Il surplace si può eseguire sia stando seduti in sella che in piedi sui pedali, qualcuno sostiene che il surplace non serve esclusivamente per non mettere il piede in terra in corrispondenza di un semaforo rosso, l'affermazione mi trova d'accordo, però aggiungo, visto che rado si monta in bici proprio per imparare/migliorare questa tecnica, il semaforo rosso diventa un ottimo momento per far pratica, piuttosto che appoggiarsi ad un lampione o peggio ancora attraversare!
Per spiegare come si esegue il surplace si possono spendere mille parole più o meno esaustive, io dirò semplicemente che bisogna salire in bicicletta e cercare di stare in equilibrio (piedi sui pedali), stando il più fermi possibile per un tempo illimitato, e affidandosi il meno possibile all'aiuto dei freni.....facile no?!




IMPENNATA

La tecnica dell'impennata rientra a pieno titolo nell'ABC del vocabolario della mountain bike, non è infatti neppure immaginabile un approccio a questa disciplina senza conoscerne i rudimenti.
Attenzione! C'è da fare una netta distinzione fra un'impennata acrobatica, esibita per dar spettacolo e che naturalmente presuppone ottime capacità di equilibrio, preparazione, automazione del gesto, ed un'impennata al servizio del biker in funzione dell'utilità del momento, come può essere ad esempio lo scavalcamento di una radice affiorante dal terreno oppure l'attraversamento di un solco poco ampio oppure ancora di un gradino o una roccia; mi fermo qui, ma le casistiche sono infinite!
In questi casi, e quindi più sovente di quanto pensiamo, in maniera del tutto istintiva, di fronte a queste situazioni utilizziamo l'impennata! Ovviamente la sua esecuzione non lascia a bocca aperta nessuno per la meraviglia, ma ad ogni modo la base di quel gesto è già tutta li, altrettanto ovviamente un modo di interpretare l'impennata in termini così limitati ne svaluta la sua efficacia di fronte a ostacoli appena appena più minacciosi, esponendoci al facile, ma poco elegante rimedio, di mettere piede a terra, o peggio facendoci perdere l'equilibrio e cadere! Si dimostra quindi molto utile razionalizzare e fare nostro un movimento che già il nostro inconscio utilizza di base!
Ecco in sintesi i passaggi essenziali per svolgere un'impennata efficace, che con dedizione e perseveranza può portarci a compiere autentici giochi di funambolismo:
Gioco forza di questa tecnica è quella di trovare un punto di equilibrio sulla ruota posteriore della bicicletta, si procede eseguendo in simultaneamente due azioni distinte, 1) trazione del manubrio all'indietro con le braccia semiflesse e 2) una pressione col piede sul pedale più avanzato, conviene a tal proposito usare dei rapporti corti.
Una volta staccata di circa 30 cm da terra, si continua a pedalare mantenendo questa posizione, e se ci accorgiamo che la bicicletta inizia ad impennarsi troppo si agisce con tempismo e leggerezza sulla leva del freno della ruota posteriore.
I più bravi riescono a stare in equilibrio un tempo “infinito”, anche con mezzi che per loro stessa natura mal si presterebbero a certe acrobazie, i video qui riportati chiariranno meglio quel che dico!




BUNNY HOP

Il bunny hop, ovvero, letteralmente tradotto "il salto del coniglio", è un singolare tipo di tecnica utilizzata nella mountain bike il cui nome ci da un'idea abbastanza precisa in merito alla sua esecuzione e che ha come scopo quello di saltare anche in corsa, degli ostacoli altrimenti insormontabili. 
Quando si parla di ostacoli insormontabili si possono intendere grossi rami caduti, fosse, manufatti artificiali, pietroni e più in genere tutti quegli ostacoli che non consentono un loro attraversamento con la classica impennata, limitandosi poi a “trascinare” la ruota posteriore sull'ostacolo; no! In questo caso la natura dell'ostacolo, vuoi per la sua eccessiva sporgenza dal terreno, o per la sua ampiezza, non renderebbero sufficiente una semplice impennata, essa non garantirebbe infatti uno scavalcamento agevole e sicuro, con il conseguente rischio di un arresto improvviso e pericoloso della marcia; è proprio in queste circostanze che può tornare utile il bunny hop! 
Niente paura!! Se è vero infatti che la tecnica del bunny hop risulta di non facile apprendimento, nella normalità delle escursioni fra amici è pressoché inutilizzata poiché non indispensabile a causa del tono semiserio che queste uscite intendono avere, essa infatti è indirizzata più che altro ai campioncini in erba, che fin dalla tenera età vengono avviati a tutte le sfaccettature delle ruote grasse, più raramente diventa oggetto di studio da parte di atleti più adulti che lo fanno semmai per una normale propensione ad apprendere tecniche via via sempre più evolute. Ben inteso, tanto per non essere fraintesi, il bunny hop non è una finezza o uno sfizio fine a se stesso, utile per strappare qualche l'applauso dei presenti! Esso entra a pieno titolo del protocollo dei corsi dei svolti dai maestri di mountain bike, che devono trasmetterlo in maniera ottimali alle nuove leve, e chiunque e ad ogni età dovrebbe quanto meno capirne i rudimenti.
Ma veniamo alla sua esecuzione:


La tecnica del bunny hop si sviluppa in 3 fasi distinte:
  1. Salto: una volta individuato l'ostacolo, il corpo si rannicchia leggermente verso il basso, giunti a pochi centimetri dall'ostacolo solleviamo con un azione rapida il manubrio tirandolo a noi e mantenendo le braccia tese, spostando il peso all'indietro, facendo alzare così la ruota anteriore.
  2. Volo: La parte del volo è, con ogni probabilità il segmento più difficile nell'esecuzione del bunny hop. Il corpo dovrebbe distendersi in avanti e con un'operazione sincronizzata e fulminea dovremmo spingere sui pedali per far si che la ruota posteriore si stacchi, così come l'anteriore, anch'essa da terra.

  1. Atterraggio: la linea di pensiero relativa a come si dovrebbe atterrare nel bunny hop non è univoca, chi sostiene con la ruota posteriore, chi con l'anteriore e c'è chi in ultimo sostiene di privilegiare un contatto del suolo con ambedue le ruote contemporaneamente.
    Molte sono, a mio modesto parere, le variabili che incidono sulla scelta di ognuna di queste versioni d'atterraggio, es: il tipo di ostacolo, la velocità, la natura del terreno, la padronanza della tecnica etc... il consiglio è di trovare la soluzione più congeniale a noi stessi con un sistematico allenamento e ricordate è che solamente giunti con esito positivo in questo segmento del bunny hop che potrete dire che l'esercizio è stato ben svolto, diversamente è probabile che assaggerete la nuda terra.

domenica 10 marzo 2013

UN COLPO DA KO

Sono riconoscente nei confronti di tutti i miei amici di bicicletta vecchi e nuovi che, venuti a conoscenza dello spiacevole inconveniente accadutomi nel pomeriggio di sabato 9 marzo, non mi hanno fatto mancare la loro solidarietà.

Ancora grazie                                                                                 Fabio

mercoledì 6 marzo 2013

GF VALDICECINA 2013

Fig.1. Michele, alias il "Kap"

prefazione di Fabio Cappelli



Il Kap c'ha preso gusto, ed anche quest'anno, per la seconda volta ha preso parte all'edizione 2013 della GF della VALDICECINA, il suo resoconto è un'ampia sintesi, dettagliata e coinvolgente dal punto di vista privilegiato di colui, che vestiti i panni del gladiatore, si butta in mezzo alla mischia; fatica, esperienza e una vena di romanticismo hanno filtrato per voi queste parole che vi consiglio di leggere.
 

 

Scritto da Michele Musetti

…VIVI …, CORRI PER QUALCOSA, CORRI PER UN MOTIVO CHE SIA LA LIBERTA’ DI VOLARE  O SOLO  PER SENTIRTI VIVO…

 03 Marzo 2013 – 10°  GRANFONDO VALDICECINA.
 Circa 2000 iscritti,  circa 1700 alla partenza.
 Meteo: sole meraviglioso, vento leggero con temperatura piacevole e ottima per agevolare le scorribande sul bellissimo tracciato della prova Livornese che comprende luoghi di inestimabile valore turistico e storico/culturale. La corsa come tutti gli anni ha dato modo a oltre 1700 partecipanti di godere dei paesaggi etruschi che le colline della Valdicecina offrono. Tra gli altri, il  decantato VIALE DEI CIPRESSI di Bolgheri e Castagneto Carducci dove il Poeta Giosuè Carducci, trascorse la sua giovinezza.
Tali luoghi verranno successivamente ricordati con amore dallo stesso Giosuè nelle opere che ci ha regalato, come la nota ode “Davanti San Guido”

I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
van da San Guido in duplice filar,
quasi in corsa giganti giovinetti
mi balzarono incontro e mi guardâr……


Ma veniamo al sodo,
 Ore 9:30 ero sempre a casa che mi stavo gustando gli ultimi preparativi, controllo estetico (muta nuova a scacchi bianco rossi donata dall’ ex dilettante Guido.B. della Malmantile Romano Gaini Taccetti)  olio alla catena, controllo pressione gomme, rimozione degli ultimi invisibili granelli di polvere presenti sul telaio ecc… anche se la partenza era imminente, visto che era fissata per le ore 10:00.
L’esperienza dell’anno scorso però insegna, quando fremente per l’impegno e pieno di adrenalina mi ritrovai in griglia, a patire il freddo dalle 8:30 . Infatti tutto tranquillo mi metto in sella e verso le 9:45 arrivo in prossimità delle griglie di partenza. La mia griglia era l’ultima, avevo il pettorale n. 1854 e mi ero iscritto il giorno prima, quindi non potevo chiedere di meglio. In pratica ultima griglia e ultimo ad arrivare avevo davanti a me tutto il Viale Mattotti gremito di ciclisti pronti al via e nessuno dietro tranne gli addetti dell’organizzazione. Visto ! che quest’anno sono stato vispo ? pensavo. Sono già ultimo. E ancora non eravamo partiti. Bene. Come avevo detto l’esperienza insegna !!  Poi piano piano qualche ritardatario dietro di me arrivava ancora, tra questi un paio di tesserati “GS Ontraino” tali Metello. M. e Gabriele N. con i quali, a questo punto,  dopo aver scambiato opinioni, preoccupazioni e pensieri sull’evento, pensavo di affrontare la gara o perlomeno parte di essa, per poi intraprendere una fuga solitaria e lasciarli alla loro sorte.
Pronti VIA !!  lo starter si era pronunciato inequivocabilmente da 1 minuto, ma io ero sempre fermo piede a terra in attesa che la fila davanti a me si smaltisse, così è stato per circa 4 minuti (tempo che poi dovrò scontare dall’effettivo tempo di gara). Come al solito una volta il sella tutti cercavano di guadagnare posizioni più in fretta possibile, compreso me e i colleghi dell’Ontraino. La squadra a tre che si era formata è durata poco perché nel caotico fiume di maglie e caschi colorati li ho persi di vista definitivamente dopo circa 2/3 Km. Bene. Visto!. Il mio pronostico era stato rispettato :).  Ora il solitario ero io come sempre (mi rivolgo a coloro che vanno in giro a spacciarsi come miei gregari :)).
 La strada dopo il passaggio iniziale nel centro di Cecina si snoda lungo la salita di Guardistallo (poco più di 6 Km.) che ho cercato di fare non ai massimi sforzi in vista del lungo e intenso tracciato che si prospettava, ma comunque in modo da distinguermi da molti altri che superavo agevolmente, cercando di individuare allo stesso tempo, in base all’andatura, i possibili gregari che avrebbero composto successivamente il mio treno giusto per i tratti in pianura.
Fig.2. foto di repertorio
 Il percorso continua con la discesa verso Casale Marittimo e come al solito ho cercato di limitare i danni non gradendo particolarmente le massime velocità che le discese spesso invogliano a raggiungere.  Da li a poco il passaggio da Bibbona e quindi il famoso mangia e bevi che porta ai piedi di Castagneto Carducci con passaggio dal sopra citato Viale dei Cipressi di Bolgheri.
 Procedeva tutto come immaginavo, fatica, sudore, battiti cardiaci mai al di sotto dei 160 al minuto, adrenalina e concentrazione sempre al top.
 Intanto come buona norma in competizioni come queste si andavano formando gruppi di ciclisti (più o meno con le stesse caratteristiche di andatura) i quali istintivamente collaborano per rendere al massimo lo sforzo di ognuno a favore del gruppo stesso.
 Salita di Castagneto tutto ok, mentre si faceva sempre più imminente la salita verso Sassetta, quella in cui puntavo per avvantaggiarmi un po’ su diversi contendenti.
Già prima di iniziare l’ascesa, però,  lungo il tratto quasi pianeggiante che la precede  mi sono tolto la soddisfazione di portami con prepotenza in testa al mio gruppo e tirare a tutta birra più di 40  unità, ed era uno spettacolo quello che riuscivo a intravedere con la coda dell’occhio dietro di me in fase di curva, un serpentone infinito in fila indiana che si dannavano per starmi dietro.  A circa 1 Km. dalla salita ho chiesto il cambio e sono sfilato di qualche posizione per prendere fiato e recuperare le forze per la premeditata fuga..
 La salita ha una pendenza regolare e non troppo dura, innesto la marcia e con il mio ritmo metto tutti in riga, alla fine il distacco era però solo di circa una ventina di metri, ma il numero degli inseguitori era drasticamente calato.
 Il gruppo che si era formato era sufficiente per fare una discreta andatura nel tratto che portava a Monteverdi prima e a Canneto poi.  Ma uno dei componenti, “il blu-cerchiato” di cui non ricordo il sodalizio di appartenenza si faceva apprezzare per la sua particolare freschezza e tonicità a tal punto che in un paio di occasioni ha provato l‘allungo in solitario, ma sempre senza risultato, riagguantato prima dal sottoscritto e poi dal resto del treno in entrambe le occasioni. Così fino e dopo la discesa da Canneto in cui sono riuscito a non perdere troppo terreno e rientrare poco dopo. Fin li la media oscillava intorno ai 34 Km/h e si cominciava a sentirne il peso sulle gambe. In questo lungo tratto di strada in pianura il birichino “blu-cerchiato” che probabilmente si sentiva un po’ penalizzato da questo gruppetto, si faceva ancora protagonista di un allungo, questa volta più deciso e importante. Tant’è che io pur avendolo tenuto costantemente d’ occhio  mi sono trovato spiazzato da quel gesto, ma con uno scatto repentino partendo dal centro del gruppo mi riportavo a ruota dando circa 10/20 metri a tutti gli altri. Si pensava fosse la volta buona, ma  dopo 2/3 Km. il treno si rifaceva sotto e ci superava inesorabilmente. Da quel preciso istante e dopo quello sforzo ho cominciato a vacillare sia fisicamente che mentalmente. Mancavano circa 25 Km. all’arrivo e dovevo ancora affrontare l’ultima asperità chiamata “Casale Marittimo”. Di per se non è una salita di grande difficoltà, ma dopo 60 Km. a manetta, per me rasentava l’incubo “Marmolada”…..
 Difatti a metà salita il morso dei crampi si fece presente e mi ha accompagnato costantemente fino allo scollinamento raggiunto con il 28 dopo che quasi tutti i miei compagni di carrozza mi avevano abbandonato al mio destino.  Ero in riserva, colpa del poco allenamento che purtroppo ho potuto concedere nel periodo precedente a quest’evento.
 Lungo la strada in prossimità dell’arrivo intravidi innanzi a me una figura bianco-rossa proprio come la mia tuta, era Riccardo S. della Ciclistica Malmantile e dopo averlo raggiunto, aver fatto conoscenza ed essersi lamentati l’un l’altro dei crampi che ci affliggevano ogni dove, siamo arrivati sotto lo striscione appaiati.
Tempo impiegato 2 ore 53 minuti e 49 secondi (compreso i 4 minuti persi alla partenza) -  percorso medio 87,7 i Km. totali, fate voi la media…Ritardo dal primo classificato circa 38 minuti.
 Bella storia !  bella esperienza anche quest’anno, incomincio a pensare che forse una sola granfondo (o meglio mediofondo) all’anno sia pochino, quindi occhio alla prossima del 24 marzo a Cascina Terme …meditate gente meditate..

Un saluto alla locomotiva padovana (a vapore) "ATTILIO"....

argomento correlato:  edizione Valdicecina 2012

martedì 12 febbraio 2013

I MAGNIFICI 7

scritto da Fabio Cappelli

Domenica 10 febbraio. 
Accolti da una fredda ma soleggiata mattinata, ci ritroviamo alla spicciolata tutti davanti il Blu bar di Ponte a Elsa (sponda pisana), per un'escursione off road sulle nostre belle strade di collina; oggi siamo in sette, numero suggestivo direi! Questi, in rigoroso ordine alfabetico i partecipanti:" Adriano, Andrea, David, David, Fabio, Giacomo, Nicola". 
Il programma vorrebbe come meta ideale di oggi "Toiano alle Botra", ma fin da subito dobbiamo fare i conti con i tempi necessari a compiere tutto il giro e quelli ristretti ai quali sono vincolati alcuni dei presenti per far rientro a casa... poco male, l'incredibile quantità di strade, strade bianche, sentieri e single track presenti nella zona, garantiscono la possibilità di improvvisare al meglio un itinerario che si adatti alle esigenze di ciascun componente dell'allegra brigata!
Anche se l'ipotesi Toiano è stata accantonata, puntiamo comunque dritti verso quella località, non si sa mai!! quindi si inizia a salire alla volta delle piscine cercando di rispettare due criteri: "1 percorrere la via più breve in direzione Toiano, 2 stare alla larga da strade impraticabili per via del fango"; l'ascesa alle piscine scalda animi e muscoli, i piedi sono congelati ma per il resto non ci si può certo lamentare, i tessuti termici trattengono alla perfezione il calore del corpo e tutto intorno non soffia neppure un filo di vento.
Oltrepassate le piscine e giunti a Calenzano, scopriamo che oggi si svolge anche una gara podistica, accadrà che per un bel tratto dovremmo piacevolmente condividere la stessa strada con coloro che alle ruote preferiscono le scarpette.
In verità quando transitiamo noi il grosso dei podisti è già sfilato, capita comunque di incrociare ancora qualcuno che con spirito di abnegazione, infischiandosene di tempi e classifiche, fa la propria corsa; come i podisti anche noi imbocchiamo la via di Marzana, e sempre in ugual modo, più o meno a metà della stessa svoltiamo a sinistra su strada sterrata in discesa, contraddistinta, specie nel tratto finale da una forte pendenza e che conduce alla sottostante valle detta di Cafaggio.
Abbiamo appena il tempo di giungere in piano che già dinnanzi a noi ci si para un'altra bella greppa che tormenta i quadricipiti, è "l'erta di Corniano", qui si oltrepassa anche il 20%, comunque poco male, senza troppi patemi si sale ognuno al proprio ritmo, la fatica ad ogni modo è ben ripagata nel finale, a Corniano infatti, presso la casa vacanze è allestito il ristoro della gara dove un sempre brillante Giglioli senior ci accoglie e ci invita a rifocillarci delle golosità che riempiono i vassoi sui tavoli, ne approfittiamo per immortalare l'attimo fuggente incaricando proprio il Giglioli di scattare anche una foto.
Fig.1. Sosta a Corniano - foto di gruppo
Pausa finita; Gello, la Via dell'Artista e Calenzano sono le tappe successive che ci beviamo in un sorso, e da qui si sale per Collegalli, all'altezza del bivio Collegalli-Sughera dobbiamo definitivamente riporre nel cassetto l'idea di raggiungere Toiano, la morsa del tempo stringe e dobbiamo procedere per altre vie! 
Fra salite e discese arriviamo al Leccio della Vecchia, e da qui, imboccato uno dei tanti sentieri che portano in Barbinaia procediamo verso questa stupenda valle che tutti noi biker's (e non solo) ci auguriamo non venga mai irrimediabilmente compromessa da interventi umani; lasciando dietro la Barbanaia e la vena di polemica che l'accompagna, ci troviamo davanti la quarta importante asperità del tour odierno, la salita che dai ruderi della pieve di Barbianaia porta a Bucciano, che dopo il ripristino del fondo risulta molto meno difficile da affrontare sotto il punto di vista tecnico, non di meno, un terreno soffice e le pendenze dure, ne rendono la scalata sicuramente impegnativa.
Scollinato Bucciano ci fiondiamo giù per la via del cimitero, un single track semplice e insidioso al tempo stesso, tanto più che le ultime pioggie hanno contribuito a renderlo fangoso e viscido, uno dietro l'altro arriviamo in piano, a La Serra iniziano i primi saluti, Andrea e David degli Svalvolati in mountain bike, dopo 3 ore e più in sella conquistano la meritata via di casa, ma se per gli Svalvolati una doccia e un piatto di pasta sono ormai vicini, per noi che proseguiamo oltre, si profila ancora un'ultima ma significativa sgropponata da affrontare, considerando infatti che una parte dei restanti dovrà andare a La Scala e l'altra a Ponte a Elsa, è unanimemente accettato il fatto che ci sarà da affrontare l'ineluttabile scoglio della salita di Pentola.
La lancetta del serbatoio è ormai per tutti sul rosso fisso, l'ascesa per il borgo di Calenzano viene cadenzata da un passo fiacco, ma in vero proprio niente di cui lamentarsi, anzi! Normale conseguenza di tanti chilometri fatti su è giù sulle colline sanminiatesi, indice di un giro non certo votato al risparmio! Il gruppo si ricompatta, ed ora siamo all'epilogo, Adriano, Giacomo e Nicola scendono verso Ponte a Elsa, io e David scendiamo invece per La Scala da via Landeschi, prima di lasciarci ci ripromettiamo di organizzare per le settimane a venire, altri begli itinerari come quelli di oggi contando sulla loro compagnia.

PS: ulteriori foto sono visionabili sul blog amico http://svalvolatiinmtb.blogspot.it/p/foto-2013.html

martedì 4 dicembre 2012

MEZCAL E LA SUA BANDA DI RAZZIATORI



scritto da Fabio Cappelli

Mezcal e i suoi seguaci, Barro e Saguaro, sono stati avvistati l'ultima volta per la via di Collegalli, la testimonianza è stata riportata da un malcapitato pedalatore della domenica, al poveretto è stata razziata la propria bici, e come se non bastasse lo hanno obbligato a scattare questa foto da far girare ovunque, dettandogli addirittura le taglie! Il tutto condito   da un fare sardonico, confidando nel fatto di non essere mai acciuffati, prendendosi oltremodo gioco dello sventurato; poi con la stessa velocità con cui si erano fiondati sull'ignara vittima, così si sono dileguati nel folto della macchia.    







giovedì 29 novembre 2012

CICLOTARTUFANDO 2012




scritto da Fabio Cappelli

Fig.1. Il gruppo si riunisce in piazza del Sombrero (foto di Sonia Gemignani)
Fig.2. Alcuni componenti dell'escursione (foto di Sonia Montagnani)
Diciamolo subito, quella di domenica scorsa 25 novembre, è stata una girata in bici veramente atipica; in calendario c'era Ciclotartufando 2012, un'escursione in mountain bike organizzata dal CAI di Pontedera sulle splendide colline nei dintorni di San Miniato, proprio nel giorno in cui nel centro storico della città medievale giungeva al suo epilogo anche la mostra mercato del tartufo bianco.
Fig.3. Veduta panoramica di San Miniato.
Dunque ho premesso che è stata una giornata atipica, è lo è stata fin dall'inizio, da quando la sveglia per scendere giù da letto non è suonata, al suo posto ha suonato invece il telefono! All'altro capo del filo c'era l'amico Michele che nell'avvisarmi che erano le 9:00 (ora prevista della partenza), mi chiedeva quanto tempo c'avessi per giungere al punto di ritrovo (vale a dire in piazza del Sombrero a San Miniato Basso), a quell'affermazione un brivido freddo mi è scivolato lungo la schiena, non ricordo esattamente cosa gli ho farfugliato nell'orecchio, di fatto fra il confuso e l'incredulo son saltato come un grillo giù da letto, ho fatta colazione con l'imbuto, mi sono imbacuccato in tre balletti, e dopo aver buttato un po' d'olio sulla catena son saltato in sella e …. via!
Fortunatamente niente di compromesso, il caso ha voluto che l'itinerario prestabilito passasse a poche centinaia di metri da casa mia, quindi, anche con un po' di anticipo, ho atteso che il gruppo mi venisse incontro; a far da apri pista era Alessandro che, membro del CAI-Pontedera ha rivestito nella giornata odierna il ruolo di accompagnatore designato della comitiva.
Fig.4. La Chiesina di San Genesio.
All'altezza del cavalcavia della FIPILI di via Trento, dopo il meritato abbajone da parte dei miei compagni abituali di pedale, che per l'occasione sono stati Attilio, Michele e Stefano B., abbiamo proseguito verso gli scavi archeologici di San Genesio, il gruppo, composto da circa una ventina di partecipanti, si è dimostrato molto eterogeneo, in sintonia con lo spirito più ecumenico che la mountain bike è in grado di attrarre a se; la giornata, meteorologicamente parlando, è stata davvero gradevole, senza un filo di vento, con temperature miti e un bel sole in cielo, un clima se vogliamo anomalo per il mese di novembre, ma tant'è a noi non è dispiaciuto!
Giunti a San Genesio, contravvenendo fortunatamente a quello che il tracciato originale imponeva, abbiamo attraversato la Tosco Romagnola e imboccato immediatamente la via di Montorzo, aggredendo, su un bel pezzo di sterrato, la collinetta verso il podere del Grillo e su fino a Calenzano, percorrendo di fatto il tratto non ufficiale ma a dire il vero “autentico” (secondo l'itinerario di Sigerico) della via Francigena; la viottola, che passa tra filari di viti, presenta in alcuni tratti pendenze aspre, che qualcuno ha dovuto affrontare piede a terra.
Giunti a Calenzano, il gruppo, allungato in fila indiana, ha proceduto per le piscine di San Miniato, da li verso il Poggio Tagliato, costeggiato a gas aperto Canneto per poi ricompattarsi all'inizio della via della Dogana, da li abbiamo proceduto verso la suggestiva via di Meleto.
Chi conosce la via di Meleto avrà sicuramente avuto modo di apprezzarne i magnifici scorci che spaziano da San Gimignano alle Alpi Apuane, la strada si snoda lungo un crinale che fa da spartiacque fra i comuni di Castelfiorentino e San Miniato, essa è totalmente sterrata, e non è un breve tratto! Il color rosa pallido della strada, il verde austero dei cipressi, il grigio delle colline d'argilla e l'azzurro del cielo, regalano in questo tratto di pedalata la classica effige da cartolina che ha reso la nostra regione unica nel mondo, per qualcuno si inizia ad entrare nel vivo del giro, gli amanti delle ruote grasse si esaltano lontano dalle lingue nere di catrame, alcuni invece, pur godendo dei luoghi iniziano a sentire il peso sulle gambe, in realtà non siamo ancora a metà giro, e in scaletta lo spettacolo prevede delle salite di prima categoria, e tutte nel finale... ci sarà da soffrire!
Fig.5. Foto di gruppo in località Campriano.
Comunque il morale è alto e oggi la parola “fretta” è bandita dal dizionario! Si prosegue imperterriti, prossimo snodo cruciale sono le case sparse di Campriano, dove, in attesa che tutto il gruppo rientri, ci dedichiamo a qualche fuori programma e ad alcune foto che immortaleranno questa giornata per i posteri; inoltre queste brevi pause ci consentono di familiarizzare, e scopro così che ci sono persone di Buti, di Pardossi, di Pontedera etc, autentici sostenitori del viver sano e del contatto con questa bella e troppo bistrattata natura, tutti compagni di viaggio magari d'un sol giorno ma che hanno contribuito con la propria presenza, le loro parole e le loro azioni a rendere una giornata di autunno inoltrato altrimenti anonima, in una giornata fuori dall'ordinario.
La traversata prosegue, percorsa tutta la via di Meleto svoltiamo per Gello, Michele che per esigenze d'orario non può continuare, insieme ad altri amici di Ponte a Elsa, fra cui Adriano, si avviano verso casa, per tutti gli altri però Ciclotartufando 2012 continua; Alessandro ci indica la strada da prendere e da Gello puntiamo decisi, complice anche la bella ed eccitante discesa, verso Collebrunacchi, primi a scendere siamo io e Francesco, un quindicenne che in compagnia del babbo ha deciso di prendere parte a questa iniziativa, e devo dire che il ragazzo ha buone carte da giocare, resistenza e tecnica non gli mancano, con un allenamento mirato si potrebbe levare tante soddisfazioni! Finita la discesa ci lasciamo dietro lo sterrato, e su asfalto proseguiamo alla volta dell'incantevole borgo di Cusignano, lo attraversiamo e ci precipitiamo nella sottostante valle di Cafaggio, dove a mezza discesa incrociamo col suo completo grigio a scritte blu Mr. Stefano M., che, intento a farsela in salita non regge alla tentazione, e messo da parte il proposito di giungere fino in cima fa dietrofront e si unisce almeno per un po' a noi!
Pilerno ci accoglie con la sua bella vallata verdeggiante, in località Volpaio ricomincia lo sterrato, una bella salita di media difficoltà attende di essere conquistata, qualcuno ingaggia battaglia a suon di scatti sulle pedivelle, qualche altro invece se la sorseggia con tutta tranquillità, poco più avanti, in località Capo di Vacca i primi del gruppo si fermano ad attendere gli altri, mentre Stefano M., in sella già da almeno un paio ore ci lascia e fa ritorno a casa.
Foto.6. Ristoro presso la Fattoria di San Quintino.
La prossima sosta, questa preventivamente messa in agenda è alla fattoria di San Quintino, dove ad attenderci sarà un ristoro; quando arriviamo ci accoglie un corpulento e gentile signore con barba folta e maglia verde, scendiamo di bici famelici, nel frattempo su una tavola già apparecchiata egli porta vassoi con panini e fettunte, nonché bottiglie di vino novello; è un vero toccasana, dopo almeno due ore in sella la stanchezza inizia a farsi sentire, e ingerire alimenti sostanziosi e genuini è proprio quel che ci vuole per ripartire a tamburo battente! Anche in questo frangente, la sosta diventa motivo per scambiar due parole e così capita che un signore mi si avvicina e chiede conferma della mia identità, non mi sembra una faccia nuova ma nell'immediato non realizzo, costui si chiama Domenico, lo avevo incontrato alcuni mesi prima proprio durante un' uscita in mtb, ci eravamo ripromessi di riandarci qualche volta insieme ma non si era più presentata l'occasione propizia, poi, senza accordi di sorta il caso ha voluto che fossimo qui oggi insieme!

Fig.7. Attimi al ristoro (foto di Sonia Montagnani)
Terminata la sosta, rifocillati e baldanzosi e avendo a malincuore salutato Maurizio e il suo amico dei Glemas che nel frattempo prendono la via di casa, noi altri si scende da San Quintino, chi ha fatto scorta di carboidrati ha fatto bene! Fra pochissimi chilometri ci si parerà dinnanzi la fantomaica salita di Pentola, un'erta breve, asfaltata ma con pendenze che si attestano intorno al 20%! Io la conosco ed è indubbio che saperlo è un bel vantaggio, altri invece avranno oggi il loro battesimo del fuoco, per chi ha un allenamento improvvisato questa è una salita che può fare male; infatti iniziandone l'ascesa il gruppo si allunga inesorabilmente, ognuno sale al meglio che può, i ritmi diventano blandi per tutti, si viene su a non più di 7-8 km/h, alcuni scendono e spingono!
Fig.8. Alcuni dei presenti a Ciclotartufando 2012.
Quando anche l'ultimo componente della spedizione si riunisce al gruppo, torna nuovamente il tempo del bel paesaggio, imbocchiamo infatti, poco prima di entrare nella frazione di Calenzano, la via sterrata che conduce in località Marzana, da questa bella strada bianca, che passa lungo tutto il crinale di una serie di colline che si susseguno, si ha una splendida panoramica di San Miniato, ed ecco così che sembra quasi di toccar con mano la Rocca federiciana, poco più in basso la Torre di Matilde e poi tutte le mura degli edifici della cittadella antica; ma questa immagine appagante per la vista farà sicuramente balenare nella testa di qualcuno un'inquietante dilemma, “ma noi dobbiamo arrivare fin lassù?” risposta:“Si”.
Lasciate ogni speranza o voi che pensate che le fatiche sian finite”, dopo Pentola c'è ancora una sfida da superare, essa porta il nome di erta del Cenni, anche qui, come per la precedente salita, le pendenze non ci vanno di scartino, con l'aggravante che la via è sterrata e con un fondo in condizioni proibitive, io vado del mio passo e mi affianco a Sonia, una coriacea componente del CAI-Pontedera che ha prestato le sue gambe, (che per sua stessa ammissione sono più votate alle scarpinate in montagna) alla bicicletta, e se è giunta fino qui può ritenersi a buon diritto soddisfatta, adesso infatti quei circa 45 km preventivati dall'organizzazione stanno volgendo al termine, in cima alla salita del Cenni, anche uno dei protagonisti della mattinata, il volenteroso Attilio, si stacca dal gruppo per tornare verso casa, i restanti proseguono per San Miniato, in piazza Bonaparte si spendono le ultime parole ufficiali di Ciclotartufando 2012, qualcuno di li a poco se ne andrà verso Montopoli, l'inesauribile Stefano B., vista anche ormai l'ora tarda, decide di lasciarci per puntare subito verso una bella doccia calda in quel di La Scala, io decido di continuare ancora per un po', accompagno i superstiti di questa avventura fin quasi a San Miniato basso, fra gli ultimi saluti ci congediamo con la speranza di ripetere il prossimo anno con lo stesso spirito una 2° edizione di Ciclotartufando 2013.

hanno partecipato:

Adriano e gli amici da Ponte a Elsa
Alessandro da Isola
Attilio da Ponte a Elsa
Domenico da La Scala
Francesco e suo babbo da Montopoli
Maurizio col suo amico del gruppo dei Glemas da Montopoli
Michele da Ponte e Elsa
Sonia e tutto il gruppo CAI di Pontedera e dintorni
Stefano M. da Ponte a Egola
Stefano B. da La Scala