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martedì 19 giugno 2018

SAN MINIATO - ROMA SULLE ORME DEGLI ANTICHI PELLEGRINI

RESOCONTO DI UN AVVENTURA IN MOUNTAIN BIKE LUNGO LA VIA FRANCIGENA DA SAN MINIATO A ROMA 


scritto da Fabio Cappelli


ai miei familiari


Premessa

...che tu possa trovare in queste parole, quanto potrà esserti utile se un giorno deciderai di metterti sul cammino...



Giorno 1  
SAN MINIATO – SIENA

San Miniato cogito ergo sum
San Miniato - Piazza del Duomo - LA PARTENZA

Lunghezza 91,3 km
Dislivello 1643 m
Tempo 6h 05'

La grande escursione, pianificata nelle sue linee essenziali circa un mese fa ma che covava sotto la cenere già da alcuni anni, ha conosciuto il suo preludio sotto la minaccia incombente di un meteo a dir poco variabile, la partenza che infatti era fissata per le ore 8:30, ha visto un cielo grigio ed una pioggia battente che per un attimo ci hanno fatto temere di dover dare forfait ! Dalle 7:00 in poi si è messo in moto un incalzante scambio di messaggi per decidere la cosa migliore da fare, il dilemma è stato, partire o rinunciare? 
Fortunatamente alle 8:20 il sole è sbucato dalla coltre di nubi, una tregua? Di più, il principio di quattro giorni di bel tempo insperato. 
Parto quindi con la mia mountain bike opportunamente allestita per l’occasione e mi dirigo a casa di Michele, mentre arrivo, all’ingresso del vialetto, incrocio sua moglie che pur in procinto di andare a lavoro non resiste alla tentazione di un ultimo saluto, torna indietro e ci augura ogni bene per la riuscita di questo viaggio.
Ore 8:45, si parte ufficialmente, prima destinazione Gambassi Terme, prendiamo la via della Dogana per evitare di impantanarci subito nel fango presumibilmente presente viste le copiose piogge cadute nella notte, decisione saggia ma parzialmente utile come dirò più avanti, giunti in prossimità di Gambassi mi giro un ultima volta a cercare con lo sguardo le familiari colline samminiatesi, la rocca come un braccio dalle dita spezzate sembra darci l'ultimo saluto prima di prendere il largo verso "mari ignoti", poco fuori il paese imbocchiamo il tracciato ufficiale della Via Francigena, fin qui ancora lo conosciamo, inizialmente è una lunghissima discesa inghiaiata da bere tutta in un sorso, poi, giunti nel punto più a valle attraversato dalle acque placide di un torrente, inizia la lenta risalita verso San Gimignano, e iniziano anche le prime noie, il fango si appiccica sulle ruote fin quasi a bloccarle completamente, si impasta nella catena, sul deragliatore, appesantisce terribilmente le biciclette, per di più essendo il terreno viscido rende faticosissimo arrampicarci con i piedi che scivolano continuamente. Non senza difficoltà ne veniamo fuori, io sono sudatissimo, Michele sale con la bici a spalla, il sole intanto inizia a scaldare l’aria e la sete si fa sentire, approfittiamo di un fontanello per riempire le borracce e dare una sommaria pulita alle nostre compagne di viaggio, ma togliere tutto il fango è impossibile, quello che non potrà essere rimosso c’è lo porteremo con noi per tutto il tragitto, fino, si spera,  a San Pietro.
San Gimignano sulla via francigena
San Gimignano
Entriamo in una affollatissima San Gimignano, sullo sfondo di un cielo azzurro svettano bianche le torri dell’antica città, le nuvole corrono inseguendo il vento, la temperatura è ottima per pedalare, quindi, senza indugi ripartiamo alla volta di Monteriggioni; percorrendo un sentiero a tratti tecnico, passiamo per un bel bosco costeggiando un affluente limpidissimo del fiume Elsa fino alle vasche delle Caldane, poi fra strade sterrate e strade bianche uscendo ed entrando in macchie di fitta vegetazione scorgiamo ad un tratto, in lontananza, la turrita cinta muraria di Monteriggioni, verso le 13:30, dopo una breve sosta alla pieve di Abbadia a Isola, siamo ai piedi della fatidica e temuta salita di porta fiorentina, ci inerpichiamo su di essa come sulla schiena di un drago che dorme, evitando pertanto di far troppo rumore per il timore di destarlo dal suo sonno, in compenso a far schiamazzi ci pensano dei turisti che ci incitano a non mollare, li accontentiamo!
Monteriggioni sulla via Francigena
Monteriggioni
Approfittiamo del pozzo posto nel bel mezzo della piazza centrale per poggiare le nostre mountain bike e mettere qualcosa sotto i denti, dopo di che, credenziali alla mano ci rechiamo all’ufficio turistico per far apporre il secondo timbro di questo lungo viaggio (il primo era stato messo a San Miniato).
Riprendiamo a pedalare per l’ultima sosta di giornata, Siena, che ci ospiterà per la notte, Michele in omaggio al sottoscritto ha provveduto a prenotare due posti letto presso gli alloggi di Santa Maria della ScalaPoco fuori Monteriggioni dopo una serie di saliscendi su ombreggiati sentieri di bosco, costeggiando la montagnola senese, ci troviamo d'un tratto ad attraversare una valle amena, sembra davvero di essere tornati nel medioevo, con castelli dalla massiccia architettura che imperscrutabili e severi ci osservano passare come moderni paladini di ventura; usciti dalla campagna intravedo d'un tratto la sommità della Torre del Mangia, l’ingresso a Siena sulla Via Francigena è caratterizzato da una lunga e insidiosa salita asfaltata, dopo di che ci dirigiamo verso Porta Camollia che è l’ingresso ufficiale in città, passiamo con le nostre amiche dalle ruote tassellate presso le vie del centro storico brulicanti di gente, ci concediamo una sosta in Piazza del Campo, la prima giornata di fatiche si chiude all’ombra del palazzo comunale, l’indomani sarà il punto ufficiale di partenza per l’inizio della seconda giornata di questa folle galoppata verso Roma.
Numeri alla mano, quello di domani è il segmento che temo di più, presso la sosta al Santa Maria della Scala, struttura accogliente e completamente ammodernata grazie ad interventi recenti di restauro, io e Michele abbiamo consultato le guide per analizzare il percorso, ne è uscita una sola conclusione, risparmiare energie e buttare il cuore oltre l’ostacolo.


Giorno 2
SIENA- ACQUAPENDENTE

Siena - scorcio di piazza del Campo

Lunghezza 108,8 km
Dislivello 1759
Tempo 7h 05’

Con la mattinata odierna ha inizio il secondo segmento che deve portarci da Siena ad Acquapendente, iniziamo in discesa, il che non guasta mai! 
Uscendo da Siena ci inoltriamo nella sua bellissima campagna circostante caratterizzata dalle famose crete che si perdono a vista d’occhio, è la Toscana da cartolina, con le strade bianche che, orlate di cipressi, risalgono serpeggiando il dorso di smussate colline; il primo step della mattina è Buonconvento, qui scorre il fiume tanto caro ai senesi, quello che Dante nel canto X dell'Inferno immortalò in rime a perenne memoria dei posteri; egli ricordando i violenti fatti di Montaperti scrisse, "lo strazio e 'l grande scempio che fece l'Arbia colorata in rosso" 
Il nostro percorso invece, molto meno cruento della storica battaglia, si snoda prevalentemente in pianura, le difficoltà qui riscontrate sono il vento ed il traffico intenso della via Cassia, alterniamo tratti di asfalto ad altri di strade bianche, poi fuori dall’abitato di Buonconvento ci immettiamo inizialmente in un sentiero inventato appositamente per i pellegrini, dopodiché proseguendo ancor oltre, questo lascia nuovamente spazio ad ampie strade bianche dove contemporaneamente la pianura cede il passo alla collina.
Val d'Orcia via Francigena
uno scorcio della Val d'Orcia
Siena è ormai lontana, innanzi a noi si affaccia, magnifica, la Val d’Orcia; filari di vigneti e grandi fattorie ci accompagnano in questo spezzone di tragitto, un paese abbarbicato su di un promontorio lo confondiamo per San Quirico d’Orcia, (nella realtà ancora lontano) scopriremo poco dopo che si tratta di Montalcino.
Sparuti gruppetti di pellegrini a piedi rendono meno solitaria questa lunga giornata, l’animo è combattuto dalla struggente bellezza dei luoghi e dalla loro feroce solitudine, vediamo qua e la pittoreschi borghi, lontani, sulla cresta di alture ai quali non siamo in grado di attribuire un nome, si prosegue in lunghi saliscendi ghiaiosi sino alle case di Torrenieri.
Siamo ai piedi della salita di San Quirico d’Orcia, imbocchiamo la via sterrata che in parte costeggia l'asfalto per arrivare in paese; si sale con pendenze costantemente dure, ma non cattive, eccezion fatta solo per l’ultimo tratto prima di arrivare a San Quirico d’Orcia, un muro!
Dopo tanti chilometri di aperta campagna, San Quirico appare quasi come un’oasi nel deserto, piccolo e suggestivo, il borgo ha un impianto urbanistico tipicamente medievale, caratterizzato da massicci edifici in pietra, un corso principale e tanti vicoli stretti che affluiscono in esso; noi lo usiamo come punto di sosta, ci rifocilliamo ben bene sulle panchine di pietra nella piazzetta principale dell’abitato, più o meno siamo a metà strada da Acquapendente, e nel mezzo si trova la lunga ascesa per Radicofani.
Rimontiamo in sella, ancora strisce di strade bianche ci attendono davanti a noi, arriviamo nel minuscolo ed incantevole agglomerato di Vignoni Alto, da dove una iconica porta medievale si apre come una finestra su un'altro scorcio della Val d’Orcia; i panorami sono mozzafiato, le colline smeraldine si perdono all'orizzonte senza soluzione di continuità in una sintesi che è una perfetta armonia tra l'opera umana è lo spettacolo della natura, anche qui una breve sosta per qualche foto d'obbligo e poi giù a rotta di collo lungo una discesa vertiginosa che porta verso la famosa stazione termale di Bagno Vignoni
Arriviamo presso l’abitato nel primo pomeriggio, l’atmosfera è rilassata, quasi sonnacchiosa, i turisti vagano fra i caratteristici negozi ed i caffè del borgo, ove al centro troneggia la gigantesca piscina di acque termali.



Bagno Vigno - Piscina Termale
La tentazione di fare un bagno nelle vasche naturali sottostanti Bagno Vignoni è tanta! Del resto il costume da bagno è stato messo negli zaini in previsione di occasioni come queste. Ma il tempo stringe e la strada davanti a noi è ancora molto lunga e impegnativa, di comune accordo optiamo per continuare, ma non senza rammarico!
Oltrepassiamo il villaggio di Gallina, d’ora in poi non troveremo altro che colline intorno a noi, niente, solo il deserto, un guasto meccanico alle biciclette non riparabile, un’improvvisa crisi di fame e ci metterebbe davvero in serie difficoltà! Chilometri di tragitto ignoto in compagnia della solitudine, che se non si è in coppia come io e Michele, il rischio di farsi assalire dallo sconforto è alto! Da Siena sono ormai stati percorsi all’incirca una sessantina di chilometri, per Radicofani ne stimiamo altri quindici, la strada procede in leggera ma costante salita su asfalto, un vento teso ci batte ora di fianco ora sulla schiena, si pedala senza trovare né pellegrini a piedi, né in bicicletta! Da dietro le infinite colline iniziamo ogni tanto a vedere, lontanissima, la rocca di Radicofani, questa ha uno skyline inconfondibile, svettante com’é su di uno sperone di roccia a forma di panettone. 
Ad un tratto uno svincolo indica Radicofani 8 km, abbandoniamo la via Cassia ed iniziamo a salire, con pendenze, stavolta ben più significative, a onor del vero non impossibili, ma vista la lunghezza, visti i chilometri già sulle gambe, inclusi quelli del giorno precedente, visti quelli che ancora ci attendono fino a fine segmento, la faccenda inizia a farsi impegnativa; inizialmente con Michele, decisamente più in forma di me, sdrammatizzo, bischereggio del più e del meno, ma poi mi chiudo in un mutismo che ha lo scopo di risparmiare ogni energia disponibile e aumentare la mia concentrazione.
Una fontanella d’acqua, autentica rarità, diventa l’occasione per rimpinguare le borracce e al contempo contemplare su panorami immensi di questo remoto angolo di Toscana, il monte Amiata non è lontanissimo da qui, e la sua mole giganteggia su tutta questa vasta area circostante; non siamo soli in questo frangente, oltre a due pellegrini a piedi, dietro un recinto pascolano due magnifici cavalli, mentre sullo sfondo la rocca di Radicofani fiera e ieratica domina incontrastata. 
L'ingresso a Radicofani
Ormai non manca molto alla vetta, ripartiamo e pedalata dopo pedalata entriamo nel fortilizio, l’agglomerato, col fascino tipico delle roccaforti medievali è semi deserto, anche l’info point, dove ci avviamo per il timbro sulle credenziali è chiuso e non aprirà neppure nella giornata odierna, così ci dice una signora proprietaria di un bar lì vicino, la quale molto gentilmente si rende disponibile a metterci quello del suo esercizio, come prova del nostro passaggio; l’aria è fine agli 814 m slm di Radicofani, ci fermiamo un po' in paese, l’ultimo che attraverseremo in terra di Toscana, cerchiamo di tenere a mente le geometrie dei suoi muri, il colore delle sue pietre, poiché nessuno di noi lo ha mai visitato prima e raramente capiterà di rivederlo sperduto com’è quaggiù ai confini con il Lazio.
Finita la sosta iniziamo a scendere tenendo ben aperti gli occhi sulla segnaletica della Via Francigena, perdere un passaggio ora potrebbe non essere affatto divertente! La discesa è moderatamente tecnica ma molto, molto veloce, si scende in picchiata nella valle sottostante, dove, dopo un bel tratto in pianura con branchi di bestiame al pascolo, ritroviamo la via Cassia, svoltiamo a sinistra in direzione di Acquapendente, ancora pochi chilometri, poi alle 16:45 ci lasciamo la Toscana definitivamente alle spalle ed entriamo ufficialmente nel Lazio, in provincia di Viterbo, nell'Alta Tuscia, quello che un tempo fu uno dei cuori pulsanti della civiltà etrusca. 
In lontananza si vedono declivi vellutati che sopportano pazienti il peso di innumerevoli rotoli di fieno, intravediamo ancora distante il borgo di Acquapendente adagiato su di una collina a circa 400 m slm, ancora qualche pedalata e ci troviamo all'inizio della ripida salita che ci immette nel centro storico; appena arrivati ci avviamo presso il convento che ci ospiterà per la notte, se a Siena Michele ha omaggiato me prenotando al Santa Maria della Scala dal quale mutua il nome la frazione dove risiedo, ora egli omaggia se stesso scegliendo per la notte la casa di Lazzaro, che è il nome della contrada della frazione di Ponte a Elsa, ove lui abita. 
Ci accolgono col sorriso Suor Amelia e due ospitalieri, Roberta e Pasquale; non siamo soli, ci sono altri ospiti presso la struttura, fra i quali alcuni stranieri, francesi in prevalenza, veniamo accompagnati nella nostra camera, un ambiente rustico, caratterizzato da 3 letti a castello, l’ambiente è semplice, spartano, pulito e ben tenuto; la struttura, molto antica ed è costruita intorno al suo piccolo chiostro. 
Lasciamo sotto i loggiati del chiostro le biciclette (non sono le uniche), e nello spirito di convivialità che caratterizza questi luoghi, ognuno liberamente e a propria discrezione da una mano per i preparativi della cena; la stessa diventa motivo per conoscere un po' meglio gli altri commensali, il clima è subito disteso e la serata vola via leggera.   
Il secondo giorno, che si appresta a far calare il sipario, esce di scena ma non senza prima riservarmi l’ultima sorpresa di giornata, la ruota anteriore della mia fedele scudiera in carbonio è a terra, potrebbe essere un problema? Si potrebbe! Ma ora sono troppo stanco, ne riparleremo la mattina seguente.         
   





Giorno 3
ACQUAPENDENTE – SUTRI

Acquapendente - Il chiostro della Casa di Lazzaro

Lunghezza 105,1 km
Dislivello 1635 m
Tempo 7h 13’

Il Castello di Bolsena e il lago sullo sfondo
Riparto la da dove avevo concluso il giorno prima, dopo infatti esserci svegliati di buon mattino, fatta una rapida colazione e impacchettati i bagagli vado nel chiostro a sistemare la ruota ormai totalmente a terra, un rapido consulto con Michele e si, vada per sparare subito una bomboletta gonfia e ripara, l’operazione va a buon fine, tirato un sospiro di sollievo e salutati con la doverosa riconoscenza coloro che ci hanno ospitato anche la scorsa notte, ci rimettiamo in viaggio zaino in spalla alla volta di Bolsena, anche stamani un vento sostenuto non ci nega la sua compagnia, fortuna che in prevalenza è a nostro favore, dopo due giorni di pedalate su distanze di circa 100 km, le gambe iniziano a farsi legnose, pesanti, occorrono un po' di chilometri per iniziare a sciogliere i muscoli, il primo tratto non dovrebbe (e il condizionale è d’obbligo) essere troppo impegnativo, cosa vera fino a un certo punto, dopo alcuni tratti di strada bianca si apre ai nostri occhi, all’altezza di San Lorenzo Nuovo, il lago di Bolsena, un vasto specchio d’acqua blu cobalto di origine vulcanica, circondato tutto intorno da un anello di modeste alture punteggiate di borghi e case sparse.
I primi tratti di questa giornata capita di condividerli, almeno in piccola parte con alcuni dei commensali della sera precedente, in particolare due ciclisti di Milano sulla settantina che, con distanze per tappa più brevi delle nostre hanno deciso comunque un po' alla volta di raggiungere la Capitale.
Arriviamo a Bolsena in prossimità dell’imponente castello che domina il borgo sottostante, le viuzze strette e le case in conci di pietra rendono la cittadella un luogo degno di nota, da visitare magari un giorno con più calma quando se ne presenterà l’occasione, ora le lancette corrono e la prossima nostra destinazione è Montefiascone, per arrivarci attraversiamo la macchia di Turona, caratterizzata da piante d’alto fusto e un corso d’acqua con piccole cascatelle, c’è una fonte d’acqua di sorgente che utilizziamo per fare rifornimento, Montefiascone coi suoi circa 600 m di altitudine è lo scoglio più duro della giornata odierna, ci arriviamo di passo tranquillo, senza eccessive difficoltà su di una salita con diversi cambi di pendenza, ma tutto sommato non durissima.
La vecchia Cassia Romana
Non ci soffermiamo tanto, nemmeno il tempo di un timbro e via in discesa lungo un tratto autentico di strada romana della vecchia via Cassia, caratterizzato da imponenti lastroni di basolato, si iniziano a trovare anche i primi cippi col simbolo del pellegrino indicanti Roma, sono i primi dall’inizio del viaggio, la meta si avvicina, un altro cartello indica 100 km alla tomba di Pietro, fatti due conti a noi ne risultano qualcuno in più ma poco cambia! Scendiamo da Montefiascone alla volta di Viterbo, in pianura si aprono tutta una serie di strade bianche ampie e veloci che ci conducono in prossimità di Viterbo, la città, capoluogo della provincia omonima ci si presenta caotica, ci avviamo, prestando molta attenzione, ci dirigiamo verso il centro storico dove abbiamo programmato una sosta. 
Viterbo - P.zza San Lorenzo e il Palazzo dei Papi
L’aria è calda anche se sopportabile, ci rechiamo anche presso un punto info per timbrare la nostra credenziale, la piazza dove si trova l’ufficio preposto è davvero bella, Viterbo fu città di Papi che qui edificarono importanti edifici che ne fanno un luogo di grande interesse culturale; tutt’altro discorso invece il tratto della Via Francigena in uscita dalla città, senz’altro al momento del nostro passaggio, fra i meno curati fin qui attraversati! Ritornati nuovamente in aperta campagna saliamo su strade secondarie, talora asfaltate altre volte su terra battuta in direzione Vetralla.
Nel paese fervono i preparativi per una qualche festa, ci sono bancarelle e allestimenti scenografici lungo la via principale del paese, per me inizia a farsi dura, devo fermarmi in un bar a ricaricare un po’ le pile, ancora la strada è lunga per l’arrivo della giornata odierna, Sutri, usciamo da Vetralla con un altro timbro fresco, fresco che subito si prospetta una bella salita! 
Inizialmente su asfalto, poi, qualche chilometro fuori dal paese si entra in una bella e lussureggiante boscaglia, al termine della quale ci immettiamo in infinite coltivazioni di piante di nocciola, ce ne sono tantissime, carichi dei loro gustosi frutti in fase di maturazione, poi ad un certo punto dalla piantagione spunta una torre cilindrica visibilmente antica, Torri di Orlando leggo su un cartello posto nelle immediate vicinanze, non è l'unica, c’è ne sono altre, qualcuna è ormai collassata, ridotta a ruderi,  la prima che abbiamo visto è sicuramente quella meglio conservata, sono tombe di età romana ancora in piedi dopo duemila anni!

Capranica - Tombe Romane
Le foto sono doverose, non capiterà credo mai più di ripassare di qui, quindi vale la pena immortalare il momento, proseguiamo per Capranica, un centro fatto di tufo e sul tufo costruito lungo la Via Francigena; per la notte abbiamo prenotato presso la comunità delle suore francescane di Sutri, che rispetto al paese è decentrato di circa 5km.
Mi ero fatto nella testa l’idea di una struttura antica, mentre di contro, quello che ci ospiterà questa notte, è un edificio in cemento armato, arredato al suo interno in maniera essenziale ed ordinata, ci accoglie una suora dall’accento marcatamente meridionale che ci guida verso il nostro alloggio, riponiamo le biciclette in un garage, poi via, verso una doccia rivitalizzante, una rapida sciacquata ai panni e poi a cena! Cena che non lascia delusi, e consente di rimettere benzina in un motore che ormai inizia a dare segni pronunciati di affaticamento.
La sera si chiude, per la prima volta dopo due giorni, con la visione di una partita del mondiale di Russia, ma dura poco, poi il sonno vince su ogni cosa, tacciono le voci, si spengono le luci e i pensieri corrono già a domani in attesa della giornata che sarà l’epilogo di questi quattro giorni speciali.  


Giorno 4
SUTRI – ROMA

Roma - Piazza San Pietro- L'ARRIVO  
Lunghezza 72,9
Dislivello 873 m
Tempo 4h 20’

È il giorno! Oggi è l’atto conclusivo di questo sogno rimasto nel cassetto per lungo tempo e che a breve, al cielo piacendo, diventerà realtà, la stanchezza accumulata è tanta ma la consapevolezza di stare per portare al termine un’impresa che per quanto modestissima è pur sempre fuori dal comune, rende l’aria elettrizzante, per scaramanzia né io né Michele osiamo dire niente del tipo “c’è l’abbiamo fatta” o frasi azzardate di questo genere, mancano ancora circa 70 km, quindi capo basso e pedalare! La giornata è calda fin dalle prime ore del mattino, poco il vento, scendiamo verso Sutri del quale purtroppo non abbiamo potuto vedere granché, ma ne sarebbe valsa la pena, anch’essa come Capranica è costruita col e sul tufo, da qualche giorno Sutri ha un nuovo sindaco, molti credo lo conosceranno, si chiama Vittorio Sgarbi! A parte questi dettagli gossip, stamani il percorso sarà prevalentemente pianeggiante, ma come avremo modo di scoprire, non mancheranno nemmeno alcuni micidiali strappi in salita, il primo è appena fuori da Sutri, una greppa che passa all’interno di una gola tagliata nel tufo, seguiamo scrupolosamente la segnaletica ufficiale in direzione di Campagnano di Roma.
Fra strade bianche e sentieri di campagna arriviamo, costeggiando la Cassia, che qui è una vera e propria superstrada, a Monterosi, proseguiamo quindi alla volta di Campagnano di Roma, arrivando circa un'ora dopa ai suoi piedi, il borgo è costruito a strapiombo su di una cresta di tufacea, per raggiungerlo si deve coprire un dislivello notevole attraverso una serie di brevi rampe di notevole pendenza e tornanti a gomito! A Michele gli ricorda vagamente i Sassi di Matera, bah! Entrando nella via principale del paese alcuni degli edifici hanno invece un aspetto più barocco, noi ci fermiamo per una seconda colazione, il gestore del bar mi rassicura dicendomi che un’ultima, seppur impegnativa salita, si frappone ormai fra noi e la Città Eterna... ahimè sbagliava!
Arrivati a Formello proseguiamo oltre, continuando attraverso un continuo cambio di direzioni, fra strade asfaltate, poi strade bianche, poi sentieri in terra battuta, salite nervose, discese tecniche e chi più ne ha più ne metta, scendiamo sempre più a valle fino ad intercettare una strada asfaltata frequentata da molti ciclisti della domenica, la segnaletica a questi punti si divide, quella bianca e rossa, che indica la Via Francigena canonica dedicata in prevalenza a chi la percorre a piedi svolta a destra, per contro quella segnalata in bianco e azzurro, più indicata a chi viaggia in bicicletta, svolta invece a sinistra, memore di alcune raccomandazioni lette su internet che indicavano per le biciclette come migliore quest’ultima soluzione, prendiamo a sinistra ed iniziamo a scendere verso sud per una strada asfaltata punteggiata di pini e con un fondo deformato dalle radici.
La campagna romana è brulla, con colline di modesta altitudine, più simili a dune di sabbia, interrotte qua e la da piccole macchie di vegetazione e solitarie, monumentali querce ne ombreggiano i loro picchi.
Cippo sulla Via Francigena
Ci avviciniamo sempre più a Roma, ne sono segno evidente le abitazioni sempre più frequenti che rubano spazio alla campagna, prima sparse poi a formare piccoli quartieri infine ci troviamo nella periferia della Città, stando sempre ben attenti a non perdere di vista la segnaletica, scivoliamo via veloci in direzione Saxa Rubra! Il caldo inizia ad essere torrido, fra le ultime salite spezza gambe e discese di giornata, in una periferia frenetica e alienante, imbocchiamo la ciclabile Castel Giubileo - Ponte Milvio, che secondo quanto scritto in alcuni siti dovrebbe portarci dritti dritti a San Pietro!
Ci saliamo sopra, di per se l’idea di questa ciclabile è ottima, essa si sviluppa sulla riva destra del Tevere, il fondo si presenta in discrete condizioni, ed agevolerebbe sicuramente i suoi fruitori nello svolgimento di piacevoli pedalate rilassanti, non fosse per un piccolo dettaglio, la vegetazione ai margini, incolta, ha occupato buona parte della carreggiata, obbligando i ciclisti ad avvicinarsi pericolosamente verso la mezzeria col rischio tutt'altro che scontato di agganciarsi con altri che procedono nella direzione opposta, al riguardo siamo costretti a tenere gli occhi bene aperti! Per brevi tratti il problema appena menzionato non c’è e ciò consente di volgere lo sguardo un po’ intorno per vedere se non s'intraveda il profilo di qualche monumento famoso, da lontano scorgo il cupolone, finalmente il problema della vegetazione termina quando entriamo nel centro urbano, ora il pericolo deriva dal traffico, la ciclabile effettivamente arriva fin quasi alle porte del Vaticano, una folla immensa di gente sciama incontro a noi, sono circa le 12:40, il caldo è quasi insopportabile quando ci affacciamo finalmente su Piazza San Pietro, davanti ai nostri occhi increduli si spalancano l’immensa facciata della Basilica, l’enorme cupola, l'obelisco e il colonnato del Bernini, sono lì a pochi metri da noi! 
E' una strana sensazione essere giunti fin qui in sella ad una mountain bike, ancor prima di prendere la ciclopista lungo fiume la cosa mi sembrava surreale! Roma con le sue origini antichissime che affondano nella mitologia è stata raggiunta a forza di colpi di pedale dopo quattro giorni senza dubbio fuori dall'ordinario; Roma trabocca di vita, è un crogiolo ribollente di umane genti, volendola raccontare in due parole si rischierebbe di cadere nei classici luoghi comuni, quindi soprassiedo.  
Con Michele ci stringiamo la mano, questa volta possiamo dirlo con cognizione di causa che è davvero fatta! Vengono scattate alcune foto che fermeranno l'attimo! La grande piazza, via della Conciliazione e le strade limitrofe sono una babele di lingue, i presidi delle forze dell'ordine vigilano discrete, ma ben presenti! Gente di ogni nazionalità e ceto sociale si muovono in ogni direzione intorno a noi.  
Prima di dirigersi verso la Stazione Termini, autentico formicaio umano, rimane però un’ultima cosa da fare, ritirare il Testimonium che attesta il nostro viaggio sulla Via Francigena verso la Città Eterna; con un po’ di difficoltà troviamo l’ufficio preposto al rilascio di questo documento, favoriamo le nostre credenziali con i timbri apposti durante tutto il tragitto e ci viene consegnata una pergamena che sancisce la fine del viaggio; ultima aneddoto degno di particolare nota è stata la fugace passata in bici al cospetto di alcuni dei monumenti simbolo dell’Urbe, da Castel Sant’Angelo, al Vittoriano, dai Fori Imperiali al Colosseo! Mica cotiche!



THE END




APPROFONDIMENTI

Il tracciato ufficiale della Via Francigena, è bene specificarlo, è stato concepito in funzione dell’itinerario seguito dal Arcivescovo britannico Sigerico che da Roma ritornando verso Canterbury nel 990 d.C., annotò come in una sorta di diario di viaggio le soste (mansio) che egli faceva, partendo da questo manoscritto, in epoca contemporanea, è stato ricostruire con buona approssimazione e di conseguenza studiare un percorso che unisca il più fedelmente possibile quasi tutti i vari punti di sosta, è comunque indubbio (e non potrebbe essere altrimenti) che ci siano delle discrepanze fra l’ipotizzabile percorso reale fatto da Sigerico e quello di oggi che altro non è che un riadattamento in chiave escursionistica e che non di rado strizza l’occhio ad interessi turistici locali. 
Del resto anche in antichità la Via ha subito diverse variazioni! O per meglio dire, poteva non esistere un solo ed unico tracciato della Via Francigena, bensì più direttrici che talvolta convivevano contemporaneamente talvolta ramificandosi o convergendo in più direttrici, lo testimoniano a tal proposito altri "diari di viaggio" pressapoco coevi a quelli di Sigerico, dal quale si evincono differenze sulle soste rispetto al tracciato da questi riportato e che ad oggi è quello universalmente riconosciuto.
Le variazioni del tracciato potevano avere, come è facilmente intuibile, svariate ragioni, ad esempio il periodo dell'anno in cui veniva intrapreso il viaggio, eventuali conflitti locali o calamità naturali etc, quindi, queste come altre cause potevano diventare il motivo che rendevano impervio e pericoloso un passo precedentemente ritenuti sicuro, rendendo naturale la ricerca, a chi percorreva la VF, di nuovi attraversamenti più affidabili.
Ciò detto, nulla sminuisce il fascino o va a sottrarre valore alla bellezza del cammino odierno, eccezion fatta per le eventuali negligenze di manutenzione, attribuibili semmai alle amministrazioni territoriali!


CONSIGLI
  • per quattro giorni uno zaino sulle spalle è un peso sopportabile, sceglietene accuratamente uno che sia il più leggero possibile, impermeabile e con spallacci larghi.
  • portate il minimo indispensabile, e che questo minimo indispensabile sia il più leggero possibile
  • se siete più persone ripartitevi i pesi specialmente del materiale utile ad effettuare eventuali manutenzioni alla bicicletta.
  • informatevi dove potrete trovare lungo il tragitto di giornata gli eventuali ristori e fonti d'acqua, quest'ultime, specie in Val d'Orcia sono molto rare, nel dubbio riempite 2 borracce, restare senz'acqua è triste!
  • procuratevi pantaloncini da ciclista con fondello imbottito della miglior qualità.
  • occorre spirito di adattamento
  • non credete a chi dice che si più partire senza allenamento, a meno che non copriate ogni giorno distanze che al massimo arrivano a 30 km, occorre una preparazione fisica e anche mentale per stare quasi 8 ore in sella, preparatevi di conseguenza!
  • fissate almeno un giorno di anticipo il ristoro per la notte.
  • evitate periodi eccessivamente freddi così come quelli troppo caldi, maggio-giugno sono a mio parere i mesi migliori, le temperature sono miti e le giornate tendono ad allungare.

LA BICICLETTA PIU' ADATTA

Partiamo dal presupposto che la Via Francigena in bicicletta può seguire almeno 2 direttrici, la prima quella canonica concepita originariamente solo per chi la transitava a piedi e indicata da una segnaletica rossa e bianca, la seconda più specifica per biciclette e evidenziata da una segnaletica azzurra e bianca.
Nella sostanza, il secondo tipo di tracciato cerca di eliminare tratti che prevedono gli sterrati, le scalinate, salite particolarmente impervie e tratti che in caso di cospicue piogge si trasformano in pantani non praticabili con la bici. 
Per noi il giusto compromesso è stato quello di seguire per la quasi totalità il tracciato ufficiale (rosso-bianco), ponderando lungo il tragitto eventuali variazioni, variazioni che di volta in volta potrebbero essere necessarie in funzione delle condizioni climatiche, del traffico, del proprio stato di allenamento o di suggerimenti ricavati prima di partire da varie fonti (es. internet, guide, etc) facendo riferimento, in quest'ultimo caso, ad alcuni segmenti specifici!
Ciò premesso, è doveroso specificare che sia che scegliate il tracciato per camminatori, sia scegliate quello per pedalatori (che per lunghi tratti coincidono!) vi troverete comunque ad affrontare degli spezzoni sterrati, che diventano la normalità nel caso decidiate di seguire il percorso ufficiale (rosso-bianco), il quale è caratterizzato prevalentemente da strada bianca, sentieri in terra battuta, antichi selciati in pietra o fondo naturale di rocce anche affioranti.
E' evidente che in relazioni a quanto appena esposto, la bicicletta che meglio si presta a questo tipo di percorsi è la mountain bike o in alternativa modelli da trekking, provviste di sistema ammortizzante, con pneumatici adatti alle condizioni sopracitate, da escludere invece la bicicletta da corsa.
Potendo scegliere opterei per modelli con telai in alluminio, (piuttosto che di quelle in carbonio) più facili da allestire, qualora se ne presentasse la necessità, con portapacchi sia anteriori che posteriori.



CONCLUSIONI

Per quanto percorsa a ritmi lenti, in sella ad una bicicletta o a piedi, lungo la Via Francigena sarebbero infinite le cose da vedere e da fotografare, anche soltanto con la memoria, già nel "breve" tratto che unisce San Miniato a Roma; ogni città, ogni borgo, ogni villaggio, talvolta anche un edificio o un singolo luogo avrebbero una storia da raccontarci, meriterebbero da parte di chi li visita un attimo in più del suo tempo, ma come si fa? Vedere tutto è impossibile, e lo è ancor di più raccontarlo.
La stesso limite si ripresenta per le persone, quelle incrociate cioè lungo il tragitto, e ne duole ancora di più, anch'esse meriterebbero un approfondimento, almeno lo sforzo di cercare di decifrare le ragioni di un cammino o più normalmente di capire i chilometri e gli anni di vita che si può solo intravedere alle loro spalle, e per ciascuno scriverne una riga, o anche una sola parola che sia la sintesi migliore! Ma allo stesso modo dei luoghi, ancor più per le persone è impossibile dire e raccontare tutto.
Allora ci facciamo bastare le sensazioni, gli odori, i momenti di scoramento, l'euforia di un traguardo raggiunto, i ricordi messi in fila, tutte le immagini cristallizzate nella mente e che ci porteremo dentro di noi per sempre nel tempo futuro.


Un ringraziamento a Michele, amico ed insostituibile compagno di viaggio.