lunedì 30 aprile 2012

L'AFFANNOSA RICERCA DI FONTI ALLE FATE



scritto da Fabio Cappelli


Fig.1. l'ultima parte del sentiero che conduce a Fonti alle Fate

San Miniato 25 aprile.

Saranno al massimo 4 i chilometri che separano l'uscio di casa mia dal luogo dove da molti secoli sgorgano le fresche e dissetanti acque di Fonti alle Fate, eppure per molto tempo ne ho ignorato l'esistenza, fin quando venutone a conoscenza ad opera del blog amico di Smartarc, mi sono ripromesso che un giorno o l'altro ci avrei fatto una capatina.
Mercoledì 25 aprile 2012, oggi, giorno solenne nella storia d'Italia, mentre in moltissime piazze del Bel Paese si commemora l'anniversario della Liberazione dai nazi-fascisti, un gruppetto di novelli Indiana Jones, che per la cronaca sono gli stessi della “passeggiata d'inizio anno alle leggendarie fonti di Pancole” si mettono alla ricerca del leggendario sito.
La giornata era iniziata con un cielo crespato di nuvole e un forte vento, ma nel primo pomeriggio, quando cioè decidiamo di metterci in cammino, le condizioni meteo tendono al miglioramento lasciando intravedere sempre più ampi spazi di azzurro sopra le nostre teste.
Siamo ben consapevoli che l'obiettivo si trova nei pressi del parcheggio del bastione di San Miniato, che nella realtà, e non a caso, nella toponomastica ufficiale risulta essere quello di Fonti alle Fate, quindi ci basterebbe arrivar fin li con l'automobile e, con un po' di senso di orientamento e pochi passi avremmo già partita vinta, ma a noi non basta! Come si suol dire in questi casi, il bello del viaggio è proprio viaggiare, così parcheggiata l'auto nel piazzale antistante il palasport di Fontevivo a San Miniato basso, c'incamminiamo senza un preciso itinerario verso il luogo anzidetto.
I primi metri sono incerti, c'è chi vorrebbe andare da una parte e chi dall'altra, risultato sbagliamo subito strada; chiediamo ad un signore che abita nelle vicinanze del parcheggio di Fontevivo consigli sul percorso più adatto, ci indica quella che per lui è la via migliore, ovviamente non seguiamo il suo consiglio e facciamo di testa nostra, ma non è un male! Mi viene infatti in mente che non troppo lontano da li si può salire verso il colle di San Miniato passando per un tratto suggestivo e immerso nel verde della Via Francigena, l'unico dubbio è l'esatta rotta da seguire e la distanza effettiva per intercettarla, ma non ci scoraggiamo, andiamo per tentativi, il primo fallisce miseramente, convinti di seguire il giusto tracciato, finiamo per entrare nel resede di un'abitazione privata, la cui proprietaria, che sembrava aspettarci al varco, ci invita con fare poco accomodante ad alzare i tacchi e fare dietro front, obbediamo!
Ecco che inevitabilmente prende corpo il piano B, ci immettiamo in una strada vicinale sterrata sottostante, una di quelle belle stradine di campagna che ispirano al solo vederle; per quanto strano a dirsi, i luoghi, poco distanti da casa, risultano sconosciuti, un angolo del nostro territorio rimasto a noi nascosto fino ad oggi; costeggiamo i muri di confine di belle case in stile toscano, qualche cane abbaglia al nostro passaggio, la campagna tutta intorno, dopo le piogge intense dei giorni precedenti, è un tappeto color verde smeraldo di erba rigogliosa.
Camminiamo, senza troppa fretta ma con incedere inesorabile, ancora non son certo della veridicità del percorso, ma più andiamo avanti e più mi convinco che la direzione è quella giusta, fin a quando la deduzione non si fa certezza! Imbocchiamo, senz'indugio di sbagliare il tratto di V.F. che  condurrebbe verso il convento San Francesco, la strada è asfaltata ed in salita.
Fig.2. Logo identificativo della Via Francigena
Giungiamo a un bivio, a sinistra, ancora in salita è sempre V.F. a destra la direzione è ignota, in tutti e due i casi ci si parano innanzi a noi due bei sentierini di campagna, noi tanto per non contraddirci imbocchiamo quello con direzione ignota, ma in questo frangente e all'improvviso spunta da sotto un ciglione un signore che ci sconsiglia il passaggio da quella viottola, visto che a suo dire non porta da nessuna parte, col mugolo fra le labbra gli diamo retta e quindi ci ributtiamo nuovamente sulla V.F.  che da qui lascia intravedere un panorama insolito di San Miniato, sotto i nostri occhi si spalanca la cosi detta valle di Cencione, mentre alzando lo sguardo domina maestosa la Rocca.Con ogni probabilità siamo adesso a metà del guado, ma in realtà ora arriva il pezzo più duro, usciti infatti dalla V.F. (davanti al golf) individuiamo un'altra stradina sterrata a destra che conduce nella sottostante valle di Cencione, la prendiamo, consapevoli che giunti in fondo la dobbiamo di nuovo risalire, e qui la salita si dimostra veramente arcigna; manco a farlo apposta, proprio nel punto in cui si dovrebbe iniziare l'ultima ascesa troviamo un altro signore che ci dissuade caldamente dall'affrontare la faticaccia tant'è dura l'erta, inoltre sostiene che la via d'accesso all'antico manufatto è malmessa se non addirittura inaccessibile e per chiudere in bellezza in tema di argomenti incoraggianti, ci dice peraltro che non vale neppure la pena andare fin lassù, che tutto sommato, secondo lui, non c'è nulla da vedere! Per contro e di buono ci da una dritta che risulterà preziosa nel finale, ci dice infatti che se proprio siamo convinti di voler andare avanti, ci conviene  di seguire, indicandoci un tubo di gomma nera, il suo tragitto lungo la collina, questa arriva dritta dritta a Fonti alle Fate!! Ringraziamo e c'incamminiamo con lo spirito dei condannati ai lavori forzati, qui addirittura la strada è appena accennata nel folto dell'erba alta, si inizia a salire su pendenze abbordabili, tagliamo di traverso la collina, poi ineluttabilmente ci troviamo ai piedi di una greppa allucinante, secondo me qui siamo ben oltre il 35% di pendenza! Ci facciamo coraggio e passo dopo passo conquistiamo la cima, che porta in prossimità di una bella abitazione di nuova costruzione e attualmente non abitata; aggiriamo la casa, di fatto siamo a pochi metri dal parcheggio del bastione, e se l'acqua avesse un odore, probabilmente già ne sentiremmo il profumo tanto siamo certi di essere vicinissimi al traguardo! Ma per definizione l'acqua è incolore, insapore e soprattutto inodore, quindi nessun aiuto sotto questo punto di vista, per di più non abbiamo neppure riferimenti precisi sull'esatta ubicazione delle fonti, che immerse nel folto della macchia sono difficilmente individuabili.
Iniziamo così a perlustrare l'area dove presumibilmente potremmo trovarle, costeggiamo una scarpata che coincide col margine esterno del boschetto, ognuno a proprio modo cerca di trarre indizi utili per giungervi, dall'alto del ciglio buttiamo il nostro sguardo verso valle, tutto sembra un'inestricabile concentrato di piante spontanee, alberi, arbusti e cespugli ci negano il passaggio, mentre ognuno continua nella propria caccia al tesoro, io mi isolo dal gruppo, continuando a guardare in basso vedo un angolo di bosco appena appena più pulito, scendo da un punto più accessibile sul piano sottostante, in questo punto la collina è lavorata a gradoni un indubbio segno dell'opera umana, mi sembra di scorgere un sentiero, forse mi sbaglio, poi ci ripenso, torno indietro, la mia attenzione è catturata dal fatto che affiora da fogliame una porzione di cemento messo li a mo di scalino, guardo meglio e ne intravedo un altro e poi un altro ancora, sono ben mimetizzati ma ci sono! Scendono lungo il costone della collina, poi, ancora più avanti sembra addirittura che il piccolissimo sentiero sia ancora più battuto rispetto al piano soprastante, mi sporgo ancora per dare uno sguardo al gradone sottostante, mi torna a mente l'indicazione del signore incontrato ai piedi della salita, “seguire il tubo nero di gomma”, lo vedo! È proprio li sotto, in realtà i miei piedi si trovano già sopra “il tetto” delle fonti, il quale, totalmente ricoperto di terra e fogliame è reso assolutamente invisibile.Continuo per un'altra decina di metri, c'è un'altra curva a scalini piuttosto agevoli da scendere,  poi finalmente mi trovo davanti all'antico manufatto, chiamo il resto del gruppo che si precipitano a vedere questo luogo così vicino alla civiltà moderna eppure così ben isolato da questa.
Fig.3. L'ambiente centrale di fonti alle fate
Purtroppo, contrariamente alla precedente spedizione alle fonti di Pancole manchiamo di stivali impermeabilizzati che ci consentirebbero di fare un indagine più approfondita all'interno della struttura, ci limitiamo pertanto ad un'ispezione esterna; la vegetazione la fa da padrona, la costruzione è immersa totalmente nel verde, è composta a prima vista da 3 volumi con soffitto a volta (almeno così è per quello centrale che è facilmente ispezionabile), l'acqua ristagna sul pavimento, le incrostazioni calcaree sono ovunque e ben evidenti, in fondo, nella parete opposta, da una finestrella sulla muratura sembra esserci una polla sorgiva, è un brutto giudicare, ma la logica porterebbe a questa conclusione, s'intravede al suo interno un blocco calcareo piuttosto lucido, segno che l'acqua, sgorgando dalla terra lo mantiene perennemente bagnato; i comparti di fianco non sono visitabili, desumiamo si trattino, anche memori dell'esperienza di fonti di Pancole, di cisterne per la raccolta dell'acqua.
Il castello è espugnato! Perseveranza e spirito d'indagine l'hanno avuta vinta sul resto, ora, dopo il dispendio di energie ci attende una passeggiata più tranquilla e rifocillante per le vie del borgo vecchio che pullula di vita e di colori, ma questa è un'altra storia...
  

      

mercoledì 21 marzo 2012

DUE SPECIALITA’ DELLA MOUNTAIN BIKE: CROSS COUNTRY E GRANFONDO

scritto da Fabio Cappelli

E' tempo di gare, di gare vere, il conto alla rovescia che ci separa da Londra 2012 è infatti iniziato, carico di quella spasmodica attesa che ci porterà a gioire, tifare ed emozionarci per le prodezze olimpiche degli atleti, un'attesa trepidante, tipica di quel periodo ormai prossimo che ci separa dall'inizio di un evento di portata planetaria; è in attesa di quei giorni che il mondo delle ruote grasse, come ogni anno, inizia ad entrare nel vivo della stagione agonistica, ovunque in Italia i campi di gara pullulano di biker's che si promettono battaglia fino all'ultimo metro, qui di seguito ho voluto fare una descrizione sintetica di due specialità del mondo della mountain bike che attraggono a se un numero di concorrenti che di anno in anno è sempre più consistente, le gare di Cross Country e le Granfondo.  


CROSS COUNTRY (XC):
Fig.1. Estratto di una gara di XC (con la maglia tricolore M.A.Fontana)

E’ la gara delle gare, quella che indossa per antonomasia la corona di regina assoluta.
La gara di XC, inserita a pieno titolo nel calendario delle competizioni di Londra 2012, è specialità olimpica dal 1996, in quella edizione, che si tenne ad Atlanta partecipò anche una giovanissima quanto determinata atleta italiana, Paola Pezzo la quale riuscì a conquistare la medaglia d’oro facendo sventolare il tricolore sul pennone più alto della cerimonia di premiazione; Paola Pezzo replicò l’impresa anche quattro anni più tardi nell’Olimpiade di Sydney, salendo nuovamente sul gradino più alto del podio.
Il XC è per definizione una gara nervosa che si sviluppa su circuiti brevi e ad anello da ripetersi più volte con sviluppo generalmente non superiore ai 40 km; si snoda su tracciati al limite della pedalabilità, all’interno di boschi ma anche in spazi aperti, in ogni caso ben delimitati anche dall’ausilio di fettucce e nastri; in genere i dislivelli totali che i concorrenti devono affrontare non hanno gli stessi numeri di una Granfondo , ma contrariamente a queste è l’estrema discontinuità del profilo altimetrico a fare la differenza, salite tecniche dalle pendenze micidiali si alternano a discese altrettanto esasperate, il tutto condito da sentieri tortuosi e stretti (single track) che non agevolano affatto il sorpasso degli inseguitori, da qui se ne deduce l’assoluta importanza di poter contare, in fase di partenza, di un buona posizione in griglia.
Il fondo di una gara di XC può essere variabilissimo, si può partire su asfalto o strada bianca, per poi subito dopo essere dirottati dentro la fitta boscaglia, dove, tra gli alberi che fanno da cornice, si devono superare grandi pietre affioranti e sassicaie, radici attorcigliate e guadi d’acqua, non di rado accade che l’organizzazione della corsa, al fine di spettacolarizzare ulteriormente la manifestazione predispone anche degli ostacoli artificiali, concernenti generalmente in gradoni e salti; le condizioni di per se stesse già difficili, possono ulteriormente complicarsi in seguito a precipitazioni che rendono il fondo fangoso e viscido.
La gara di XC mette a dura prova l'organismo di coloro che vi partecipano per via dei cambi repentini di pendenza, obbligando il cuore a lavorare spesso fuori soglia, necessita inoltre di un ottima padronanza della bicicletta, i continui adattamenti ad un fondo estremamente irregolare non ammettono infatti improvvisazione, la preparazione della gare deve prevedere un giusto mix di allenamenti tecnici, di resistenza e di potenza.
La mountain bike da utilizzare in questo tipo di specialità è essenzialmente la front (ovvero una mountain bike con forcella ammortizzata solo anteriormente), più raramente una full suspended (con sospensione sia anteriore che posteriore), infatti coloro che partecipano a questo tipo di competizioni ricercano, in maniera quasi maniacale, biciclette dai pesi contenuti (nell’ordine degli 7,5 ÷ 9 kg).
  
GRANFONDO E MARATHON
Fig.2. La partenza di una Granfondo

In linea di massima le difficoltà tecniche rilevabili su di un campo di gara di una Granfondo sono essenzialmente simili a quelle riscontrabili in una gara di XC, anche qui infatti si ritrovano gli stessi elementi tipici di quella specialità, strade bianche, mulattiere, single track, pietraie, guadi etc.
Quello che invece le differenzia rispetto alle gare di XC sono le distanze e dislivelli che gli atleti si trovano ad affrontare, i circuiti in genere hanno tracciati che non scendono mai al di sotto dei 40 km ma possono superare tranquillamente anche i 70 km, in egual misura i dislivelli si attestano intorno ai 1200÷2000 m, anche nelle GF i circuiti sono normalmente ad anello, ma eseguiti un’unica volta; viste le notevoli distanze è normale imbattersi in salite con pendenze moderate (7 ÷ 10 %) ma molto lunghe, prevale in genere la strada bianca rispetto ai single track, non di meno però i tratti tecnici possono risultare egualmente difficili.
Mentre nelle gare di XC si assiste, per ovvi motivi, ad una partecipazione circoscritta di concorrenti, nelle GF al contrario si contano un gran numero di iscritti, divenendo spesso eventi spettacolari per la variopinta marea umana che vi affluisce, queste gare, inoltre snodandosi su tracciati così lunghi cambiano spesso scenario, lasciano intravedere scorci di grande bellezza paesaggistica, tipico esempio sono le manifestazioni che hanno come teatro le cime dolomitiche, non di meno anche in terra di Toscana si disputano gare alle quali fanno da sfondo teatri naturali di indiscutibile pregio 
Fig.3. Frammento di una gara dolomitica 
Le peculiarità del tracciato di una GF si ripercuotono inevitabilmente anche sulle caratteristiche atletiche dei partecipanti, ferme restando infatti le qualità tipiche di chi pratica le XC, in queste gare occorre anche una resistenza straordinaria, nonché una tenuta mentale ferrea specie se si intende affrontarne la variante più dura, la Marathon, di norma infatti le Marathon si eccedono nei numeri, con distanze che possono oltrepassare i 100 km e con dislivelli superiori ai 3000 m (es. sellarondahero , dolomitisuperbike).
Seppure in questo tipo di kermesse siano previsti dei punti di ristoro, conviene, per buona regola, pianificare un proprio programma di integrazione alimentare e idrica per non rischiare di andare incontro a drammatiche “crisi di fame”.    
Così come nel XC la tipologia di mountain bike che meglio si presta a questo tipo di gara resta sempre la versione front, tuttavia anche una full sospended dai pesi contenuti (8,5 ÷ 10 kg) può rivelarsi ottimale per non affaticare eccessivamente la schiena, costretta come è a mantenere anche per più di 4 ore una posizione in sella obbligata e scomoda.

GRANFONDO VAL DI CECINA

prefazione di Fabio Cappelli
 
San Miniato 21 marzo 2012

A tutti i graditi frequentatori di questo blog vorrei portare all’attenzione il resoconto ideato, scritto e ancor prima sudato, dall’amico Michele Musetti, il quale avendo preso parte alla 9 ͣ edizione della  Granfondo Val di Cecina, una gara per stradisti che si è tenuta il 4 marzo e che ha avuto come scenario le stupende colline in prossimità della costa tirrenica nei pressi appunto di Cecina, ha voluto offrirci il suo punto di vista su questa esperienza. Come colui che ben semina, anche Michele ha saputo con costanza e dedizione raccogliere col tempo una preparazione tale che gli consente di togliersi tante soddisfazioni in sella alla sua amatissima Scott, non ultima appunto quella di prendere parte a manifestazioni come questa che ti faranno di certo tornare a casa con le gambe avvelenate dall’acido lattico, ma che al tempo stesso fanno schizzare gli indicatori dell’autostima al massimo! L’impegno paga! Non ci sono vie di mezzo, non esistono scorciatoie per chi gioca pulito, la compagna di un’atleta, qualunque sia lo sport che pratica è una sola, la fatica, e in bicicletta la fatica assume sembianze quasi perverse. Chi te lo fa fare di durare tutta quella fatica? Chissà in quanti si saranno sentiti rivolgere questa domanda, le risposte possono essere molteplici è tutte con una propria dignità, ognuno si trovi la sua, intanto, se può esservi utile leggetevi questo sunto, chissà che magari in esso, di risposte non ne troviate qualcuna.
 
Scritto da Michele Musetti
 
Carissimi Gregari!!
 
Con queste due righe voglio rendervi partecipi della granfondo Val di Cecina di stamani. E’ stata un’esperienza bella, elettrizzante, angosciante (poi capirete il perchè), sicuramente da rimettere nel programma il prossimo anno con qualche accorgimento in più maturato dall’esperienza odierna. Colazione alle ore 8:00 con una mela, tre biscotti, mezzo piatto di pastasciutta in bianco e mezza barretta di carboidrati a rilascio graduale. Tale spuntino ha dato poi  i suoi frutti sperati. La partenza era fissata per le ore 10:00 ed io ero già in griglia alle 9:00 assieme a pochi aitanti amatori che a giudicarli dalle facce rilassate, dalla spensieratezza e soprattutto dall’età che dimostravano, sembrava si mettesse proprio come pensavo, cioè una gran bella passeggiata tranquilla fischiettando, ridendo e scherzando nelle strade tra le più belle d’Italia. Eh già ero io da solo senza alcuno dei miei fidati seguaci che prima uno poi l’altro mi hanno lasciato in balia di questi feroci agonisti. Alle 9:50 la griglia a me assegnata era stracolma e tutti erano pronti alla partenza. Eravamo quasi 2000.   Alle ore 10:00 il megafono scandisce il conto alla rovescia e VIA!   Io tranquillamente do’ il primo colpo di pedale per posizionarmi in sella e lentamente con molta calma (tanto i primi chilometri saranno una passerella davanti ai cittadini di Cecina) chino il capo per assicurare anche l’altro piede sul pedale, quando alzando la testa noto un fuggi fuggi generale impressionante da far paura con gente che ti sfiorava ai 40 all’ora e con gli occhi assatanati che cercavano guadagnare posizioni su posizioni……. Cazzo ! Stamattina un’è serata ! Il tempo di rendermi conto che avevo sbagliato nettamente l’approccio alla manifestazione che potevo vedere tutti i 2000 partecipanti con un sol colpo d’occhio senza dovermi girare in dietro !!!! A quel punto ho iniziato anch’io a far girare le gambe a più non posso per non vedermi superare anche dalla vettura che portava la scritta “FINE GARA CICLISTICA”.  I primi chilometri erano caratterizzati dalla salita abbastanza dolce e pedalabile di circa 9 Km che porta a Guardistallo, e lì ho potuto rimettere nelle giuste posizioni tanti ganzini che se lo meritavano. Il tempo era ottimale, nuvoloso, ma senza pioggia. In alcuni punti però la strada era umida, non bagnata, ma umida a tal punto da averne paura soprattutto in discesa. Infatti dopo Guardistallo la strada scende un po’ verso Casale Marittimo per continuare la scesa verso Bibbona e proprio in una di queste curve  a gomito ho dovuto scansare una caduta per fortuna senza conseguenze per i malcapitati. La gente veniva giù ai 60 all’ora tutti erano lanciati giù per quelle curve insidiose pronti a superare chi gli stava davanti. Io come vero caprone di montagna mi facevo trasportare dall’entusiamo e dall’agonismo che si respirava pesante nell’aria, e giù anch’io in picchiata come un coglione diversamente da come di solito affronto le discese, cioè con calma prudenza e razionalità.  A un certo punto un episodio che mi ha colpito profondamente, e che tuttora rivedo con molta ansia, a circa 50 metri davanti a me si è cominciato a sentire uno sgretolio, un frullio di carbonio che non smetteva più, si vedevano biciclettte avvorticciolate che facevano balzi fino a tre metri da terra e gente che rotolava per le terre assieme ad esse. Tutti gridavano Fermi! Attenzione !!  Rallentate!  Passando dal campo di sterminio, ho intravisto un ciclista inerte che versava sangue dal capo e lo sguardo fisso sull’asfalto. Una sensazione tristissima, non voglio neanche pensare come sia andata a finire per quel poverello. Il fatto sta che da quel punto in poi c’è stato in tutti come un cambiamento, l’agonismo che si tagliava a fette un minuto prima poteva andare a farsi fottere.. E’ tornato in tutti il vero spirito di queste bellissime manifestazioni. Si udiva, al contrario di prima, un gran stridio di freni tirati per evitare rischi inutili, l’aria non era più fredda come a 60 all’ora e si parlava l’un con l’altro del tremendo colpo d’occhio che aveva dato quell’incidente. Sapendo che una cosa simile poteva benissimo capitare a ciascuno di noi. Si giungeva così tranquilli fino alla fine della discesa dove iniziava un mangia e bevi con direzione Castagneto Carducci. A metà abbiamo potuto godere del paesaggio offerto dallo spettacolare viale dei cipressi di Bolgheri decantato in tutto il Mondo grazie all’ode a San Guido dal Carducci. La parte finale in prossimità dell’inizio dell’ascesa verso Castagneto Carducci ho potuto fruire di un trenino di circa 10/11 ciclisti tanto per gradire. L’ascesa (che conosco benissimo, come tutto il percorso) è stata tranquilla e del mio passo. Mi sono tolto anche qualche soddisfazione superando diversi broccolini. Dopo Castagneto la strada sale ancora direzione bivio Sassetta e anche lì mi sono divertito parecchio. Però quasi alla fine della salita si è materializzata la paura che temevo fin dall’inizio. Mi stava superando la macchina del Fine Gara!!!  Che delusione…… Che disonore…… Ora che cominciavo ad averne diversi dietro… Lungo la strada che porta prima a Monteverdi Marittimo e poi a Canneto mi sono fatto trainare ai 45 all’ora fissi da due benefattori con i quali abbiamo ripreso diversi ganzini, ma giunto al bivio del percorso corto o lungo li ho dovuti lasciare perché facevano il lungo.   Comunque avevamo fatto un bel gruppetto e qualcuno ha fatto la mia scelta. Quindi siamo scesi gentilmente da Canneto per poi fare un autentico treno con cambi regolari lungo la pianura fino a Casale. A un certo punto ci ha raggiunto una squadra di Juniores in allenamento che per quel tratto faceva la nostra strada. Noi facevamo i 45 Km/h e pensavo di aver trovato il treno giusto. Ma cavolo quelli facevano 50 e io sono stato il primo ad accodarmi. Mancavano 33 Km. alla fine della corsa e stavo bene. Dopo 5 minuti, fino a quando questa squadra ha girato lasciando il nostro percorso, mi sono girato e dietro a me non c’era più nessuno !!!!   grande !!! che mito!!! Sono er mejo…….Però iniziavo a sentire qualche crampetto ai polpacci e mi ritrovavo ad affrontare  una strada in leggera salita con vento a sfavore tutta da solo E fu così, pensando di dar tutto per mantenere il vantaggio, che aggravavo la situazione dei crampi e del fiato.  Fino ad all’ora non mi ero mai fermato ai ristori (solo un bicchiere d’acqua preso al volo). Avevo ingerito a distanza di circa mezz’ora per tre volte una gelatina di carboidrati  a rilascio graduale con magnesio e potassio. Ma a quel punto ero davvero arrivato, e dopo avermi raggiunto mi hanno lasciato anche indietro, perché non ce la facevo neanche a stargli a ruota.  L’ultima fativa era la salita di 3,1 Km verso Casale  dove ho dovuto amministrare le forze e risparmiarle per il finale. Da Casale a Cecina è poi una lieve discesa che invoglia a tenere costanti i 40/43 km/h e anche lì ho potuto fruire di un gruppetto di 5 unità fino all’arrivo. Ad un km dall’arrivo ho pensato: tra un po’ faccio uno scatto e li lascio tutti addietro, ma invece, appena mi sono provato ad alzare sui pedali, mi sono rimesso a sedere tranquillo tranquillo per evitare di trovarmi sotto lo striscione dell’arrivo con le gambe ritte a strillare dai crampi alle cosce, ai polpacci, al collo, agli orecchi, e ai diti tutti.  87,7 Km. In 3 ore alla media di quasi 30 Km/h. Non male… Mi sembrava doveroso mettervi al corrente di ciò che vi aspetta qualora vogliate prender parte ad una di queste grandi manifestazioni. Sicuramente ne è valsa la pena e la rifarò sicuramente, almeno spero. Magari assieme a qualche gregario che mi aiuti nei momenti infernali.
 
 
 
 

mercoledì 4 gennaio 2012

RIFLESSIONI DI UN PELLEGRINAGGIO IN BICICLETTA

prefazione di Fabio Cappelli
Ho il piacevole compito di proporvi un articolo con il quale ho la presunzione di riuscire a suscitare in voi delle emozioni genuine, parole che spero riescano a soffiar via un po’ di quello strato grigio di polvere che si accumula lento e inesorabile sulle nostre coscienze. Parole vive di un significato profondo, che tentano di aprire una varco sul velo opaco che si interpone tra i nostri occhi ed il mondo. Parole che nascono dal viaggio, non un viaggio qualunque, ma uno di quei viaggi intrapresi verso due mete, una reale, fisica, la città eterna, Roma, l’altra interiore, immateriale, indefinita, metafisica, che si propone il compito ambizioso di andare a scandagliare l’essenza stessa dell’individuo. Un viaggio che ancor prima di cercare la meta, trova la strada, anch’essa fatta di riferimenti tangibili che si fondono in un tutt’uno d’esperienze, con quelli confinabili alle pure sensazioni, quelli che difficilmente si prestano a farsi imbrigliare dalle parole, cosa questa che ha tentato di fare il Sig.Marco C. da Meda (MB), riuscendovi a mio parere in maniera eccellente. Qualcuno si domanderà cosa lega Marco al sottoscritto, risposta :”la casualità” è il caso infatti che ha voluto, in maniera gradita, di far si che le nostre strade si incrociassero nei primi giorni di novembre, quando di ritorno da una girata in bici, sono stato avvicinato proprio da lui che era intento a portare a compimento la sua lunga pedalata verso l’Urbe! All’altezza del crocevia di San Miniato Basso (PI) mi ha chiesto indicazioni sul miglior tragitto da seguire per arrivare a San Gimignano (SI), ed io, venuto a conoscenza dei suoi propositi e della sua storia, sono rimasto sulle prime incredulo e subito dopo entusiasta di poter dare il mio piccolo contributo per aiutarlo a raggiungere il suo scopo; l’ho accompagnato fin sul piazzale del duomo di San Miniato, prestandomi ad elargire informazioni e consigli sui luoghi, sugli itinerari e scattandogli pure una foto, poi così come ci siamo incontrati, allo stesso modo le nostre strade si sono nuovamente divise  . Sia ben chiaro! Marco è un uomo comune, con  una vita che potrebbe rispecchiare la vita di molte altre persone, assorbito anch’egli come molti di noi dalla frenesia della quotidianità, non è un eroe ne ha compiuto un’impresa eccezionale, ma gli va riconosciuto il grandissimo merito di essersi messo in cammino nel senso più nobile del significato, di aver trovato dentro di se la spinta e l’energia per rompere i vincoli della ragione, quella specie di catena che ci tiene legati al palo e che vorrebbe che queste imprese fossero lasciate ad altri. Nella lettura che andrete a fare ci viene offerta anche una fotografia di questa Italia, avvitata intorno a se stessa per via della difficile crisi economica che stiamo attraversando , raccontandoci di incontri, di luoghi e con riflessioni sue personali che toccano le corde dell’anima. Concludo col mio personale grazie a Marco che mi ha consentito di pubblicare questo suo reso conto, buona lettura.
scritto da Marco C.

Spinto dal desiderio di fare qualcosa di alternativo, in un mese non certo ideale per fare "passeggiate" a lungo raggio, ho deciso comunque di seguire il mio istinto alla ricerca di qualcosa che spezzasse i consueti folli ritmi della Brianza a cui da 50 anni, in crescendo, sono sottoposto.
Gli ultimi amici a cui ho avuto il coraggio di chiederlo….mi avevano risposto se fossi diventato, matto del tutto…. Così, in buona compagnia di me stesso, con l'incoraggiamento di mia moglie e delle mie figlie e qualche predica di mamma e papà e di tanti moderati, sono partito da Meda, il primo di novembre, sulle orme degli antichi pellegrini, per raggiungere Roma, in bicicletta, attraverso un antico percorso denominato “la via Francigena”.
Questo percorso, conduceva i viandanti in preghiera provenienti dalla parte nord occidentale dell'Europa che si dirigevano alla tomba di San Pietro a Roma per ristorarsi alle radici della propria fede. Nei tempi in cui ci si vanta della velocità di tutto, ci si è dimenticati di quanto è bello andar piano.
E siccome il mezzo che ho scelto….coi carichi delle borse…non mi consentiva di andar veloce….ho potuto ammirare tanta natura, e incontrare tanti volti.Ho incontrato molte salite, la pioggia, il vento, la fatica. Ma ho trovato anche discese, il sole, i colori, la natura, tanti sorrisi. Ho trovato una semplice ma calda accoglienza in conventi e parrocchie. Ho percorso circa 800 km, visitando tanti borghi, unici nelle loro architetture, ma uniti in un’Italia incantevole, un’Italia preoccupata, un Italia alluvionata. Alla fine mi ha atteso la Basilica di San Pietro, che da tempo non vedevo, maestosa, bella come la nostra capitale. Ad accogliermi anche un gentile Monsignore che mi ha dedicato una inaspettata attenzione donandomi una pergamena Vaticana, testimonial del pellegrinaggio "Ad Limina Petri". Un percorso di 9 giorni come sintesi di un cammino che è poi il cammino della vita.
Un pellegrinaggio che mi ha dato modo di pensare, di riflettere, di vedere, fuori e dentro me stesso. così come nella vita si dovrebbe avere il coraggio di fare ogni giorno. Forse c’è più pazzia nelle nostre quotidianità, avvolti nelle abitudini della fretta che ci divora per arrivare a mete superflue o addirittura inutili.
Fig.1. San Miniato -  Piazza del Duomo
Molti mi hanno fatto i complimenti….in realtà a me basta essere contento di aver fatto questo “viaggio”. Tra i tanti ricordi uno speciale ad Andrea. . 31 anni e un viaggio lunghissimo e meraviglioso alle spalle anche se le gambe non lo reggono e da sempre non riesce a camminare. Il suo un viaggio interiore, illuminato da una fede grandissima. L'ho incontrato in una delle tappe, e siamo divenuti amici.
Mi sono domandato se prima di partire ne valesse la pena. Ma per un viaggio si parte con la fiducia, senza a volte pianificare tutto, senza navigatore, senza essere allenati, umilmente e desideroso di scoprire con la curiosità di un bambino quello che incontri.
Un pò come il mistero del viaggio della vita.
A volte qualche pazzia e uscire un po’ dal gregge può fare solo bene. Perdersi magari, per poi ritrovarsi. Tanto ...siamo tutti qui...
Nelle pianure lombarde, così come tra le colline toscane o i tufi di Sutri, si nota che le stagioni combiano, e la terra solcata dagli aratri,
assumerà altri colori nelle prossime stagioni quando ai colori succederanno altri colori e altra vita. . Dopo essere stata bagnata dalla pioggia e accarezzata dal sole, la crescita e la rinascita lasceranno posto all’apparente morte del paesaggio.
Il volto delle stagioni della natura è un pò come il volto delle stagioni della vita.
Ho scoperto attraverso questo parte d'Italia, monumenti bellissimi, tantissime chiese con un'arte infinita. Ma la speranza è che molte chiese travestite da museo possano tornare ad essere pietre vive nei cuori di ognuno.
Attraverso il Bel Paese noti che gli argomenti sono spesso simili. La crisi che oggi ci preoccupa così tanto, il PIL, il debito, il lavoro, le leggi dei numeri che governano le vite degli uomini e di famiglie sempre più afflitte. Non sarà facile uscire da questa crisi. E probabilmente dovremo cambiare stile di vita. Forse sarà ipocrisia, ma mi viene in mente anche che non di solo pane vive l’uomo. Con tutto il rispetto, la comprensione, la condivisione dei poveri vicini e lontani...non sarà che sulle tante auto di lusso, siamo così tristi  perché tra il corpo e l’anima….ci hanno convinto di curare e nutrire solo il primo? Un aforisma Indiano così si esprime: "se hai due pezzi di pane, uno regalalo ai poveri. L’altro vendilo e con il ricavato compra due giacinti per nutrire l’anima." Saremo probabilmente costretti a curare questa bulimia consumista e forse ...con qualche giocattolo in meno...potremo tornare a ridere un pò di più. e tornare a camminare ...sulle strade della vita a piedi o in bicicletta magari con un pizzico in più di serenità.


Auguri di Buon Cammino a tutti.

 
Marco C.

mercoledì 9 novembre 2011

UNA GRANFONDO ALL'OMBRA DELLA ROCCA?

scritto da Fabio Cappelli

Fig.1 San Miniato - vista panoramica

      A quando una Gran Fondo di mountain bike a San Miniato? I tempi non sono forse maturi per arricchire il panorama delle tante manifestazioni che si sviluppano durante tutto il corso dell'anno in Toscana anche all'ombra della torre di Federico II ? 
     Una Gran Fondo che sono certo non sfigurerebbe di fronte alla concorrenza di altri eventi simili sparsi un po' ovunque sul territorio regionale, una Gran Fondo da gestire in sintonia con i vari attori che potrebbero aiutare a dar lustro ad una iniziativa di questo tipo e che di riflesso potrebbero da essa trarne dei benefici!
Fig.2. Estratto da una competizione in mountain bike
     Una Gran Fondo che deve trovare l'unità d'intenti fra i vari gruppi locali che hanno a cuore la diffusione della mountain bike, un quadro d'insieme che metta quindi al centro l'evento e le sue positive ricadute su quella che è l'immagine sportiva e turistica di San Miniato, un motivo quindi di unione che faccia anteporre l'interesse per la manifestazione piuttosto che una frammentazione di idee, punti di vista, e campanilismi che avrebbe un unico risultato certo, l'immobilità.
     Del resto i presupposti per crederci non mancano e posso testimoniare che in molti di quelli che salgono in sella nei fine settimana auspicherebberò che prendesse forma  prima o poi una  manifestazione di tale livello! Del resto gli apprezzamenti sulle nostre belle colline fatte da biker di fuori zona non mancano e i primi a crederlo siamo proprio noi che le percorriamo in lungo e in largo! 
    Le idee sul tracciato non mancano, ci sono zone e località che si prestano benissimo a questo particolare genere di competizioni ciclistiche, le colline sanminiatesi infatti con le loro bellezze paesaggistiche, hanno le carte in regola per accogliere un'iniziativa di questo genere; strade bianche, mulattiere e single track, talvolta affacciate su pittoreschi scorci panoramici altre  volte invece immerse nel fitto della boscaglia, possono trasformarsi per una domenica in un palcoscenico d'eccezione per gli appassionati delle ruote artigliate.
Fig.3. MTB100% in azione
Questo inserto termina qui rimandando tuttavia ai lettori, agli appassionati dello sport in genere e della mountain bike in particolare a considerare quanto appena scritto  come  un tavolo di discussione, un punto di partenza intorno al quale lavorare per un progetto futuro, un input per chiunque come me aveva già in testa qualcosa di simile, un passo avanti contro quella immobilità precedentemente citata.   


A questo proposito ho indetto un sondaggio dove chiunque può mettere il proprio voto.

mercoledì 24 agosto 2011

BENVENUTO A IOSONOMTBCENTOPERCENTO

di Fabio Cappelli

COGITOERGOSUM100 da' il proprio benvenuto, nell'infinito universo dei blog, a IOSONOMTBCENTOPERCENTO (vedi nei link), questo nuovo blog nasce per iniziativa dell'amico Filippo Gazzarrini, che approfittando del periodo di riposo estivo, ha trovato il tempo e le parole per dare forma alla sua creatura.
L'intento, fin dai primi post che sono stati inseriti risulta essere abbastanza delineato, parlare di mountain bike nel contesto territoriale del Comune di San Miniato e aree limitrofe, illustrando e approfondendo peculiarità legate a percorsi che si sviluppano all'interno di quest'area, di più, fornire informazioni sul calendario e sui risultati delle gare, e perchè no, una vetrina tecnica dedicata appunto a novità sul settore mountain bike.
Per capire qualcosa di più del blog è forse utile sapere qualcosa di più anche sul suo ideatore, il quale sta dedicando molte delle sue energie per questa coinvolgente attività ludica.
Filippo Gazzarrini, che conosco praticamente da sempre, ha iniziato ad andare con assiduità in mountain bike da almeno 6 anni, entrato nel mondo delle ruote grasse con un'iniziale titubanza, ha dimostrato nel corso del tempo una progressiva e irrefrenabile passione alla bicicletta da fuori strada, dotato ai suoi esordi di un mezzo più da grande magazzino che non da negozio specializzato, ha intrapreso pian piano una metodica e accurata conoscenza di tutto ciò che orbita intorno a questo tipo di bici, tale da farlo divenire un riferimento per tutti coloro che desiderino avere aggiornamenti sulle ultime novità che il mercato offre.
La prima vecchia bicicletta, è stata sostituita a più riprese nel tempo da modelli sempre più tecnologici ed evoluti, facendo scendere di pari passo il peso complessivo del mezzo, fino a porlo, almeno all'interno del gruppo degli MTB100% come colui che è in possesso della mountain bike più leggera in assoluto (sotto i 9kg!!!).
Parallelamente alla passione di carattere tecnico-meccanica si è evoluta in lui e in maniera direi esponenziale la capacità di stare in sella, e non solo in riferimento alle distanze coperte che via via son diventate sempre maggiori, ma anche per le capacità di guida che lo portano ad amare tutti quei tratti di bosco che presentano asperità tali che in pochi riuscirebbero ad affrontarle senza scendere di sella, single track in salita o in discesa, con pendenze talvolta impossibili, con fondi incoerenti, con pietre affioranti e radici contorte, insomma più le cose si fanno difficili e più si fanno divertenti, chiaro esempio di come una dote innata riesca a sovvertire il normale ordine delle cose che trasformano la naturale paura di cadere rovinosamente a terra in una scarica adrenalinica che gli consente invece il superamento di ostacoli estremi.
Il tema precedente fa da spunto all'altro argomento che sul blog, di quando in quando farà capolino, la manutenzione/creazione dei sentieri, la dedizione dimostrata infatti da F.G. nel provvedere sia in compagnìa che da solo, al mantenimento di tutto quel dedalo di sentieri presente nelle macchie del nostro comprensorio, è paragonabile a un dopo lavoro; questi infatti necessitano di una periodica manutenzione per estirpare rovi, erbe, rami e piccoli smottamenti, che diversamente andrebbero ad ostruirne il passaggio e divenendo così impraticabili per le biciclette, quando poi necessita, egli non esita a mettersi li a disegnare ex novo tracciati per ottimizzare la viabilità.
Sperando di aver dato un quadro generale che combaci il più possibile con la realtà, non resta che attendere nuovi post che arricchiscano questa nuova vetrina per gli amanti della mountain bike vicini e lontani.

giovedì 11 agosto 2011

DIES VENIT:LA MIA ASCESA AL SAN PELLEGRINO IN ALPE

di Fabio Cappelli

SAN MINIATO 10 agosto 2011
Per arrivare a scrivere questo post, ci sono voluti mesi di ripensamenti, date fissate e poi all'ultimo secondo annullate, articoli a tema letti su internet, ricognizioni sul campo e ancora dubbi e certezze fino poi ad arrivare appunto ad oggi, quando sulla spinta di un impulso incontenibile per troppo tempo covato dentro, ho rotto gli indugi tentando per la prima volta, in solitaria, l'ascesa ad una delle salite che, almeno in ambito regionale, incutono timore solo al nominarle, il San Pellegrino in Alpe.
In realtà la decisione è stata presa in parte con la pancia ma, innegabilmente anche con un po' di testa, infatti, nei giorni che hanno preceduto l'impresa, su consiglio di persone fidate, ho pensato bene di installare sul pacco pignoni della mia bicicletta un bel padellone da 28, che con le aspre pendenze che presenta questa salita si rivela utilissimo se non si vuol rischiare di farsela a piedi, inoltre ho cercato di adattare  l'allenamento in maniera opportuna, alternando nei giri che hanno precedeto l'impresa, salite lunghe con pendenze abbordabili, ad altre più brevi ma con pendenze assai più dure, tanto per creare una memoria muscolare e non trovarmi cosi spiazzato di fronte ad un tracciato che come difficoltà presenta sulla carta un po' di tutto e di più.
Tutto ha avuto inizio intorno alle ore 9:30 dal parcheggio antistante il ponte della Maddalena, meglio noto come ponte del diavolo, il tempo di fare gli ultimi preparativi e poi in sella, la giornata è bellissima, non si può sperare di meglio, in cielo il sole è ormai alto, la visibilità ottima, la temperatura è calda ma gradevole, niente vento, attraversato con bici alla mano il ponte parte ufficialmente il giro col primo colpo di pedale, percorrendo la SP2; il primo obiettivo è quello di raggiungere Castelnuovo in Garfagnana, il ritmo è blando, sia per svolgere un adeguato riscaldamento sia per preservare la gamba da ciò che mi aspetterà di qui ai prossimi 41 km!
Mentre, senza nessuna fretta costeggio la sponda destra del Serchio, poco prima di Barga, ho la fortuna di incontrare un amico ciclista, Fullcarbon, (di cui questo blog è gemellato col gruppo amiciperlabici) che in veste di vacanziero con famiglia, si prodiga nello snocciolare utili consigli visto che lui il San Pellegrino in Alpe lo ha già fatto in tempi non sospetti, dopo i saluti e gli incoraggiamenti del caso il viaggio riparte.
La strada sale dolcemente, con pendenze che non superano il 2%, attraverso uno dietro l'altro i nuclei abitati del fondo valle lasciandomi dietro traffico, rumori e chilometri, mentre sempre di più, metro dopo metro il “mostro” si avvicina, la strada per Castelnuovo in G. è sempre più prossima, non manca molto, ancora poche pedalate e da dietro una curva spuntano gli avamposti del paese, la cittadina brulica di vita, i suoi abitanti e i turisti si mischiano in questa giornata d'agosto, attraverso l'abitato, d'ora in avanti si fa sul serio, le energie risparmiate fin qui vanno convogliate la dove servono di più, e cioè sulle gambe, sui polmoni ma più che altro nella testa, proseguo in direzione passo delle Radici, all'altezza di un bivio in località Campori svolto, ed è proprio qui che appare per la prima volta, sinistro il toponimo tanto temuto, “San Pellegrino in Alpe 13km”, è iniziata!
Fin da subito le pendenze si attestano entro un intervallo compreso tra il 7% e 12%, adotto un ritmo regolare, tranquillo, da qui in poi l'imperativo è non esagerare, risparmiare quanto più possibile per il gran finale della salita che sarà da cardiopalma, la strada sale orlata dalla vegetazione, interrotta di quando in quando da squarci panoramici sulle vallate sottostanti e più in la sulle stupende vette delle vicine Apuane; qui le pendenze non sono impossibili, l'andatura si mantiene intorno agli 11 km/h, quello di cui c'è da temere è invece la lunghezza che, subdola, farà accumulare acido lattico nelle gambe, un logoramento lento che rischia di far arrivare ai piedi dell'ultimo tratto di percorso senza più benzina in corpo.
Arrivo a Chiozza, per entrare in paese la strada serpeggia fra la case inasprendo le pendenze intorno a un 15% che collocati più o meno a metà salita iniziano a farsi sentire, chiedo a qualche abitante quanto manca ancora per arrivare in cima, ed egli mi conferma altri 6 km, che effettivamente coincidono con il rapido conto mentale che ho fatto grazie anche all'aiuto del mio inseparabile Garmin, qui l'altitudine è intorno ai 770m slm, procedo oltre lo sparuto gruppo di case, sempre più vicino al gran finale, l'andamento delle pendenze non cambia!
Panoramica delle Apuane dal San Pellegrino in Alpe
Continua la scalata, ora la vegetazione è meno fitta rispetto a qualche chilometro più a valle, lasciando ampi margini di visuale tutta intorno, gli Appennini in questa zona sono bellissimi, un misto di montagne ora coperte di folta boscaglia, ora di prati uniformi, con tonalità di verde variabili, ogni tanto emergono speroni di roccia grigiastra, qui la natura regna sovrana, aspra e rassicurante al tempo stesso.
Intanto procedo, mi godo il magnifico scenario, conscio che di qui a poco non avrò molto tempo di lanciare sguardi a destra e a manca, intanto le pendenze iniziano a farsi meno irte, la strada si fa pianeggiane, anzi, addirittura c'è un tratto in discesa, breve ma utile per alleggerire le gambe, l'altitudine qui è intorno ai 1100 m slm, spunta un cartello, Boccaia, ancora pochi metri e arriverà il momento della verità, e infatti dopo poco un altro cartello di pericolo con su scritto 18% di pendenza media fa la sua comparsa ai piedi d'una rampa minacciosa!
San Pellegrino in Alpe: il paese
una sosta in vetta
E' giunta l'ora, ancora 2 km al San Pallegrino, ma saranno lunghissimi, innesto il 28 fin da subito senza indugio, seduto sulla sella mi piego sul manubrio senza alzare troppo la testa! Il rilevatore di pendenza inizia a salire inesorabile, 12% , 15%, 16%.... fino ad un 20%, l'andatura si fa legnosa, incerta, a volte le pendenze oltrepassano anche il 20%, la strada sale fra rettilinei e tornanti secchi, mi alzo sui pedali, mi risiedo, quando sembra che le pendenze addolciscano un po' fa la comparsa un secondo cartello di pericolo, il tema non cambia, ancora 18% di pendenza media, rampacce cattive si profilano davanti ai miei occhi, qui anche le auto vengono su di prima, e i motori arrancano; le energie conservate in precedenza qui servono tutte, la velocità è bassissima, mai oltre i 6 km/h, talvolta restare in sella diventa un gioco da equilibristi, il Garmin sembra impazzito, qui siamo ben oltre il 20%!! Ad ogni modo vedo approssimarsi l'obiettivo e questo mi basta per non cedere allo sconforto, sotto il crocifisso in legno appena sotto il santuario la gente, seduta sui prati, mi guarda divertita e commenta; è fatta! Ancora pochi giri di pedivella ed entro in paese, quota approssimativa 1400 m slm, faccio una breve sosta, getto, con poca lucidità, il mio sguardo un po' ovunque, le montagne, la valle, la gente, le case, altri ciclisti sono già arrivati, probabilmente partiti dal versante modenese, mi godo ancora un po' il frutto di tante fatiche e risalgo in sella, c'è ancora da affrontare un ultimo tratto in salita, ne lunghissimo ne durissimo, ma che ora dopo tanto affanno sembra una pugnalata a quadricipiti e polpacci.
Giunto al passo delle Radici svolto a sinistra nuovamente in direzione Castelnuovo, mi si prospettano finalmente 30 km di discesa da far scorrere sotto le ruote, una bella strada ampia e panoramica sulla Garfagnana, una lunga lingua d'asfalto sulla quale si aprono scenari mozzafiato, qui scendo veloce, con punte prossime ai 60 km/h, la quota inesorabilmente torna a diminuire, costeggio impianti sciistici, case isolate, paesi pittoreschi come Castiglione in Garfagnana, incrocio ciclisti che salgono a piccoli gruppi, trattori con carrelli al traino, motociclisti e donne a piedi.
Giunto nuovamente a Castelnuovo sono stati percorsi circa 75 km, ne restano altri 25 km per tornare alla macchina, apparentemente i più facili, ma non è proprio così, la fatica accumulata inizia a presentare il conto, è vero che non ci sono più salite di rilievo, ma questa strada di fondo valle alterna discese leggere a leggere salitelle, e non sembra passare mai, la lucidità inizia a venire meno, le auto mi sfrecciano accanto e io cerco di sfruttare un po' della loro scia, la velocità è discontinua, tratti fatti in scioltezza a oltre 40 orari a tratti dove a malapena si sfiorano i 30!
Sembrerà un luogo comune, ma gli ultimi chilometri non passano davvero mai! Solo, sopra a un trabiccolo che pesa poco più di 8 kg, con addosso solamente un paio di pantaloncini corti e una maglietta, mi sento un bruscolo in mezzo a enormi pareti di roccia che mi sovrastano, per quanto possa andare veloce sembra sempre troppo poco per sperare di ritornare la da dove sono partito quasi 5 ore prima, ma poi i pensieri lasciano spazio ai numeri, all'inesorabile conto alla rovescia che certifica l'approssimarsi della meta, curva dopo curva, cerco di scorgere il ponte della Maddalena, manca poco, riconosco lo svincolo, si ci siamo, vedo la campata centrale dell'elegante struttura, ormai, all'approssimarsi del centesimo chilometro tutto si è davvero compiuto, anche quest'ennesima sfida per troppo tempo rimasta irrealizzata, adesso sta per essere archiviata come è già accaduto molte altre volte in passato


numeri:
distanza     100km
dislivello    1680 m
tempo        4:43:00