giovedì 29 novembre 2012

CICLOTARTUFANDO 2012




scritto da Fabio Cappelli

Fig.1. Il gruppo si riunisce in piazza del Sombrero (foto di Sonia Gemignani)
Fig.2. Alcuni componenti dell'escursione (foto di Sonia Montagnani)
Diciamolo subito, quella di domenica scorsa 25 novembre, è stata una girata in bici veramente atipica; in calendario c'era Ciclotartufando 2012, un'escursione in mountain bike organizzata dal CAI di Pontedera sulle splendide colline nei dintorni di San Miniato, proprio nel giorno in cui nel centro storico della città medievale giungeva al suo epilogo anche la mostra mercato del tartufo bianco.
Fig.3. Veduta panoramica di San Miniato.
Dunque ho premesso che è stata una giornata atipica, è lo è stata fin dall'inizio, da quando la sveglia per scendere giù da letto non è suonata, al suo posto ha suonato invece il telefono! All'altro capo del filo c'era l'amico Michele che nell'avvisarmi che erano le 9:00 (ora prevista della partenza), mi chiedeva quanto tempo c'avessi per giungere al punto di ritrovo (vale a dire in piazza del Sombrero a San Miniato Basso), a quell'affermazione un brivido freddo mi è scivolato lungo la schiena, non ricordo esattamente cosa gli ho farfugliato nell'orecchio, di fatto fra il confuso e l'incredulo son saltato come un grillo giù da letto, ho fatta colazione con l'imbuto, mi sono imbacuccato in tre balletti, e dopo aver buttato un po' d'olio sulla catena son saltato in sella e …. via!
Fortunatamente niente di compromesso, il caso ha voluto che l'itinerario prestabilito passasse a poche centinaia di metri da casa mia, quindi, anche con un po' di anticipo, ho atteso che il gruppo mi venisse incontro; a far da apri pista era Alessandro che, membro del CAI-Pontedera ha rivestito nella giornata odierna il ruolo di accompagnatore designato della comitiva.
Fig.4. La Chiesina di San Genesio.
All'altezza del cavalcavia della FIPILI di via Trento, dopo il meritato abbajone da parte dei miei compagni abituali di pedale, che per l'occasione sono stati Attilio, Michele e Stefano B., abbiamo proseguito verso gli scavi archeologici di San Genesio, il gruppo, composto da circa una ventina di partecipanti, si è dimostrato molto eterogeneo, in sintonia con lo spirito più ecumenico che la mountain bike è in grado di attrarre a se; la giornata, meteorologicamente parlando, è stata davvero gradevole, senza un filo di vento, con temperature miti e un bel sole in cielo, un clima se vogliamo anomalo per il mese di novembre, ma tant'è a noi non è dispiaciuto!
Giunti a San Genesio, contravvenendo fortunatamente a quello che il tracciato originale imponeva, abbiamo attraversato la Tosco Romagnola e imboccato immediatamente la via di Montorzo, aggredendo, su un bel pezzo di sterrato, la collinetta verso il podere del Grillo e su fino a Calenzano, percorrendo di fatto il tratto non ufficiale ma a dire il vero “autentico” (secondo l'itinerario di Sigerico) della via Francigena; la viottola, che passa tra filari di viti, presenta in alcuni tratti pendenze aspre, che qualcuno ha dovuto affrontare piede a terra.
Giunti a Calenzano, il gruppo, allungato in fila indiana, ha proceduto per le piscine di San Miniato, da li verso il Poggio Tagliato, costeggiato a gas aperto Canneto per poi ricompattarsi all'inizio della via della Dogana, da li abbiamo proceduto verso la suggestiva via di Meleto.
Chi conosce la via di Meleto avrà sicuramente avuto modo di apprezzarne i magnifici scorci che spaziano da San Gimignano alle Alpi Apuane, la strada si snoda lungo un crinale che fa da spartiacque fra i comuni di Castelfiorentino e San Miniato, essa è totalmente sterrata, e non è un breve tratto! Il color rosa pallido della strada, il verde austero dei cipressi, il grigio delle colline d'argilla e l'azzurro del cielo, regalano in questo tratto di pedalata la classica effige da cartolina che ha reso la nostra regione unica nel mondo, per qualcuno si inizia ad entrare nel vivo del giro, gli amanti delle ruote grasse si esaltano lontano dalle lingue nere di catrame, alcuni invece, pur godendo dei luoghi iniziano a sentire il peso sulle gambe, in realtà non siamo ancora a metà giro, e in scaletta lo spettacolo prevede delle salite di prima categoria, e tutte nel finale... ci sarà da soffrire!
Fig.5. Foto di gruppo in località Campriano.
Comunque il morale è alto e oggi la parola “fretta” è bandita dal dizionario! Si prosegue imperterriti, prossimo snodo cruciale sono le case sparse di Campriano, dove, in attesa che tutto il gruppo rientri, ci dedichiamo a qualche fuori programma e ad alcune foto che immortaleranno questa giornata per i posteri; inoltre queste brevi pause ci consentono di familiarizzare, e scopro così che ci sono persone di Buti, di Pardossi, di Pontedera etc, autentici sostenitori del viver sano e del contatto con questa bella e troppo bistrattata natura, tutti compagni di viaggio magari d'un sol giorno ma che hanno contribuito con la propria presenza, le loro parole e le loro azioni a rendere una giornata di autunno inoltrato altrimenti anonima, in una giornata fuori dall'ordinario.
La traversata prosegue, percorsa tutta la via di Meleto svoltiamo per Gello, Michele che per esigenze d'orario non può continuare, insieme ad altri amici di Ponte a Elsa, fra cui Adriano, si avviano verso casa, per tutti gli altri però Ciclotartufando 2012 continua; Alessandro ci indica la strada da prendere e da Gello puntiamo decisi, complice anche la bella ed eccitante discesa, verso Collebrunacchi, primi a scendere siamo io e Francesco, un quindicenne che in compagnia del babbo ha deciso di prendere parte a questa iniziativa, e devo dire che il ragazzo ha buone carte da giocare, resistenza e tecnica non gli mancano, con un allenamento mirato si potrebbe levare tante soddisfazioni! Finita la discesa ci lasciamo dietro lo sterrato, e su asfalto proseguiamo alla volta dell'incantevole borgo di Cusignano, lo attraversiamo e ci precipitiamo nella sottostante valle di Cafaggio, dove a mezza discesa incrociamo col suo completo grigio a scritte blu Mr. Stefano M., che, intento a farsela in salita non regge alla tentazione, e messo da parte il proposito di giungere fino in cima fa dietrofront e si unisce almeno per un po' a noi!
Pilerno ci accoglie con la sua bella vallata verdeggiante, in località Volpaio ricomincia lo sterrato, una bella salita di media difficoltà attende di essere conquistata, qualcuno ingaggia battaglia a suon di scatti sulle pedivelle, qualche altro invece se la sorseggia con tutta tranquillità, poco più avanti, in località Capo di Vacca i primi del gruppo si fermano ad attendere gli altri, mentre Stefano M., in sella già da almeno un paio ore ci lascia e fa ritorno a casa.
Foto.6. Ristoro presso la Fattoria di San Quintino.
La prossima sosta, questa preventivamente messa in agenda è alla fattoria di San Quintino, dove ad attenderci sarà un ristoro; quando arriviamo ci accoglie un corpulento e gentile signore con barba folta e maglia verde, scendiamo di bici famelici, nel frattempo su una tavola già apparecchiata egli porta vassoi con panini e fettunte, nonché bottiglie di vino novello; è un vero toccasana, dopo almeno due ore in sella la stanchezza inizia a farsi sentire, e ingerire alimenti sostanziosi e genuini è proprio quel che ci vuole per ripartire a tamburo battente! Anche in questo frangente, la sosta diventa motivo per scambiar due parole e così capita che un signore mi si avvicina e chiede conferma della mia identità, non mi sembra una faccia nuova ma nell'immediato non realizzo, costui si chiama Domenico, lo avevo incontrato alcuni mesi prima proprio durante un' uscita in mtb, ci eravamo ripromessi di riandarci qualche volta insieme ma non si era più presentata l'occasione propizia, poi, senza accordi di sorta il caso ha voluto che fossimo qui oggi insieme!

Fig.7. Attimi al ristoro (foto di Sonia Montagnani)
Terminata la sosta, rifocillati e baldanzosi e avendo a malincuore salutato Maurizio e il suo amico dei Glemas che nel frattempo prendono la via di casa, noi altri si scende da San Quintino, chi ha fatto scorta di carboidrati ha fatto bene! Fra pochissimi chilometri ci si parerà dinnanzi la fantomaica salita di Pentola, un'erta breve, asfaltata ma con pendenze che si attestano intorno al 20%! Io la conosco ed è indubbio che saperlo è un bel vantaggio, altri invece avranno oggi il loro battesimo del fuoco, per chi ha un allenamento improvvisato questa è una salita che può fare male; infatti iniziandone l'ascesa il gruppo si allunga inesorabilmente, ognuno sale al meglio che può, i ritmi diventano blandi per tutti, si viene su a non più di 7-8 km/h, alcuni scendono e spingono!
Fig.8. Alcuni dei presenti a Ciclotartufando 2012.
Quando anche l'ultimo componente della spedizione si riunisce al gruppo, torna nuovamente il tempo del bel paesaggio, imbocchiamo infatti, poco prima di entrare nella frazione di Calenzano, la via sterrata che conduce in località Marzana, da questa bella strada bianca, che passa lungo tutto il crinale di una serie di colline che si susseguno, si ha una splendida panoramica di San Miniato, ed ecco così che sembra quasi di toccar con mano la Rocca federiciana, poco più in basso la Torre di Matilde e poi tutte le mura degli edifici della cittadella antica; ma questa immagine appagante per la vista farà sicuramente balenare nella testa di qualcuno un'inquietante dilemma, “ma noi dobbiamo arrivare fin lassù?” risposta:“Si”.
Lasciate ogni speranza o voi che pensate che le fatiche sian finite”, dopo Pentola c'è ancora una sfida da superare, essa porta il nome di erta del Cenni, anche qui, come per la precedente salita, le pendenze non ci vanno di scartino, con l'aggravante che la via è sterrata e con un fondo in condizioni proibitive, io vado del mio passo e mi affianco a Sonia, una coriacea componente del CAI-Pontedera che ha prestato le sue gambe, (che per sua stessa ammissione sono più votate alle scarpinate in montagna) alla bicicletta, e se è giunta fino qui può ritenersi a buon diritto soddisfatta, adesso infatti quei circa 45 km preventivati dall'organizzazione stanno volgendo al termine, in cima alla salita del Cenni, anche uno dei protagonisti della mattinata, il volenteroso Attilio, si stacca dal gruppo per tornare verso casa, i restanti proseguono per San Miniato, in piazza Bonaparte si spendono le ultime parole ufficiali di Ciclotartufando 2012, qualcuno di li a poco se ne andrà verso Montopoli, l'inesauribile Stefano B., vista anche ormai l'ora tarda, decide di lasciarci per puntare subito verso una bella doccia calda in quel di La Scala, io decido di continuare ancora per un po', accompagno i superstiti di questa avventura fin quasi a San Miniato basso, fra gli ultimi saluti ci congediamo con la speranza di ripetere il prossimo anno con lo stesso spirito una 2° edizione di Ciclotartufando 2013.

hanno partecipato:

Adriano e gli amici da Ponte a Elsa
Alessandro da Isola
Attilio da Ponte a Elsa
Domenico da La Scala
Francesco e suo babbo da Montopoli
Maurizio col suo amico del gruppo dei Glemas da Montopoli
Michele da Ponte e Elsa
Sonia e tutto il gruppo CAI di Pontedera e dintorni
Stefano M. da Ponte a Egola
Stefano B. da La Scala

martedì 23 ottobre 2012

SVALVOLATI MA CON LA TESTA SULLE SPALLE

scritto da Fabio Cappelli




E' di domenica 18 novembre una bella uscita in mtb con due degli elementi di punta del gruppo degli Svalvolati in mountain bike, questo è infatti il nome che si sono dati questi nuovi e intraprendenti amanti delle ruote grasse che risiedono in Ponte a Egola.
Da qualche tempo infatti, nel panorama locale della mtb si sono affacciati, fra i numerosi gruppi e singoli che sempre più spesso scelgono di percorrere sentieri e strade bianche del comprensorio, anche questi amici che amano il contatto con la natura, la buona compagnia e qualche bella ora passata su una bici piegati sul manubrio.
Si chiamano Svalvolati è vero!! Ma sono ragazzi con la testa sulle spalle, domenica erano appunto in due Andrea e David, gli avevo garantito un giro tranquillo, e del resto era quello che avevo in programma, poi, all'ultimo istante si è aggregata una vecchia quanto temibile conoscenza dell'off road sanminiatese....Stefano M.; a quel punto gli schemi sono saltati, e nel rispetto che si deve a chi come lui ha qualche luna e molti chilometri in più sulle spalle, ho lasciato con piacere che il ruolo di condottiero passasse nelle sue mani.
Aggregandoci un po' alla spicciolata, domenica il gruppo contava i seguenti componenti, oltre a sottoscritto e ai già citati Andrea, David e Stefano M., erano altresì presenti sia una conoscenza ormai consolidata dei pedalatori del week end che è naturalmente David A.F. e un neo-fanatico dei rapporti corti... Attilio! Che da solo con la sua loquacità fa metà del gruppo!
Affidato quindi lo scettro del comando a Stefano, ho sperato che non ci sarebbe andato giù troppo peso; avendo infatti sperimentato in tempi non sospetti i suoi ritmi, ho temuto che ci avrebbe sacrificati un po' tutti, ma nella realtà è rimasto entro gli argini di una girata abbordabile, e, ad essere sinceri è stato un tracciato bello e inusuale, molti dei sentieri infatti era tantissimo che non li facevo neppure io, mentre per qualcuno del gruppo erano addirittura una novità assoluta.
L'incontro clou è stato all'interno del single track detto degli Stalloni, dove abbiamo incrociato Filippo e il suo gruppo di irriducibili mastini intenti a togliere di mezzo un grosso tronco di pino che ostruiva il normale transito attraverso quella burella; il piacevole imprevisto ha dato il tempo di scambiare qualche battuta, qualcuno di noi si è pure prodigato nel fornire un aiuto, e una volta eseguita l'operazione di riapertura ci siamo rimessi subito in sella per non far ghiacciare i muscoli e continuare, ognuno secondo le proprie tabelle di marcia, il giro messo in programma.
Il giro come dicevo è risultato all'altezza di tutti, ma nella realtà non ci siamo fatti mancare nulla, dalle discese alle salite, dai tratti pedalabili a quelli molto più tecnici, l'intero percorso si è sviluppato lungo una serie assai varia di diverse e divertenti situazioni, il fondo nel complesso è risultato essere in un ottimo stato di percorribilità, eccezion fatta per qualche pozzanghera qua e la, il terreno era ben battuto e senza troppe insidie.
......si dice che quando il tempo passa via veloce, è un tempo trascorso felicemente, e mi sembra che a fine giro la sensazione fosse proprio questa.

mercoledì 10 ottobre 2012

LA FRANCIGENA: UNA VIA CHE UNISCE


Fig.1. Foto di gruppo alla pieve di Coiano sulla via Francigena


scritto da Fabio Cappelli



La Scala di San Miniato - Domenica 7 ottobre 2012:“C'è più gente oggi sulla Francigena che sulla FIPILI!?” Forse, nella giornata odierna, questa affermazione sarà scappata di bocca a qualcuno, che trovandosi a passare in quel suo segmento compreso tra Campriano e Coiano ha visto un intenso quanto inusuale andirivieni di persone! Effettivamente, devo ammettere che anche io stesso, che in quel tratto di strada bianca ci sono passato tante volte, non ero mai stato testimone di un numero così nutrito ed eterogeneo di cristiani tutti in una volta; piccini e grandi, donne e uomini, a piedi, in bicicletta o a cavallo, tutti intervenuti per onorare un appuntamento in calendario già da qualche tempo, che ha visto unire le forze di vari enti locali per dar modo alla gente di conoscere il territorio in cui vive e dar lustro ad un'istituzione millenaria, come lo è la via Francigena.
Ed ecco appunto che l'uomo si riappropria di una cosa per lui assai preziosa, autentica, concreta e insostituibile, che c'era già prima di noi e ci sarà anche dopo..... la Terra! E devo dire che è ben augurante osservare che siano in tanti a volersi riavvicinare a questa culla primordiale, poiché forse, il paradosso, è che più si sta a contatto con la Terra e più ci si sente ricchi d'umanità, sarà anche perché vicino ad essa si percepisce la limitatezza umana, facendo allo stesso tempo riguadagnare alle cose il loro giusto ordine e il loro giusto valore all'interno della nostra vita.
Finita la filosofia ecco un po' di cronaca.


Sono molti coloro che, partiti da Castelfiorentino, sono andati a convergere sull'antica via dei pellegrini, ognuno col proprio mezzo, ognuno col proprio passo, e mentre questo pacifico esercito marciava verso il punto nodale della pieve di Coiano, anche noi, da San Miniato, in sella alle nostre mountain bike abbiamo puntato dritti verso quell'obiettivo.
La partenza ufficiosa fissata per le ore 8:30 dal piazzale Trieste di La Scala, ne ha vista una seconda, questa volta ufficiale, per le ore 9:00 da piazza Buonaparte in quel di San Miniato, con la fusione di 3 realtà locali, la più cospicua proveniente da Ponte a Elsa, e le altre da La Serra e La Scala; potete star certi che il Granduca Leopoldo, assiso sul suo piedistallo, era compiaciuto nel vedere tanti biker's gironzolarglisi attorno e in procinto di dar vita a questa bella iniziativa; con i quadricipiti già caldi dopo aver affrontato l'ascesa del Poggio, e con qualche minuto di ritardo sul rullino di marcia, ci siamo avviati verso la meta prefissata, la Pieve di Coiano, la giornata non è, meteorologicamente parlando bellissima, nuvoloni si rimescolano grigi in cielo e si frappongono fra noi e il sole, ma tutto sommato la temperatura e gradevole e tra le foglie non passa un filo di vento; le ruote artigliate iniziano a rotolare fra asfalto e selciato, usciamo fuori dal centro storico di San Miniato, il gruppo che siamo riusciti a mettere insieme è vivace e variegato, ottimo connubio fra pedalatori e passionisti, fra noi ci sono veterani e nuove leve.
Poco oltre il Poggio Tagliato abbiamo svoltato a destra per iniziare lo sterrato, questo pezzo di strada per quanto inflazionato, è sempre bello da fare, in cima allo scollinamento infatti, la visuale che si apre è davvero appagante per gli occhi, qui siamo in località Capo di Vacca, si continua a salire ancora per un po', poi di nuovo una strada in terra battuta sul crinale, ancora pochi chilometri e la via Francigena, che mai, da quando siamo partiti da San Miniato abbiamo lasciata, convergerà in località Campriano, con la via di Meleto, dal quale stanno giungendo gli amici del gruppo Vallerbike di Castelfiorentino.
L'incontro previsto, almeno per il momento non ci sarà, giunti infatti a Campriano sfiliamo senza trovare anima viva, mentre all'altezza del trivio Castelfiorentino-Coiano-San Miniato, “raccattiamo” gli ultimi due amici che faranno toccare alla nostra comitiva il numero massimo di 16 biker's; ora siamo al completo, non resta che dirigerci verso la meta, e cosi è! Poche pedalate e siamo ai piedi della scalinata che porta alla bella, quanto trascurata, pieve di Coiano, che questo sia un punto di ritrovo non coglie di sorpresa nessuno, molte sono infatti le auto parcheggiate, e un tavolino con due membri della Misericordia locale, prodighi nel darci informazioni, non lasciano spazio ai dubbi, il punto di ritrovo è li. Si ok ma la gente? Dove sono tutti, e più che altro, dov'è l'altro gruppo di biker's con il quale ci dovremmo incontrare?
Qui non si vede e non si sente nessuno! Attendiamo qualche istante, poi l'impazienza di qualcuno ha il sopravvento... non resta che ripartire lasciando sfumare così quest'incontro tanto decantato, peccato, un'occasione persa! Il viaggio riprende, ed ora la strada, sempre sterrata, inizia a farsi davvero bella, non solo! Più proseguiamo e più si iniziano a vedere, prima alla spicciolata, poi in gruppi sempre più consistenti, ivi inclusi quelli a cavallo, file interminabili di persone che ci passano accanto! Sono tantissime, ci salutano in maniera amichevole; gli scenari cambiano continuamente, dalla strada bianca si passa al sottobosco in terra battuta, per giungere, immersi nel verde intenso delle colline, ad un viottolo in cui a malapena si riuscirebbe a passare in due affiancati.
Fig.2. la via Francigena in val d'Orlo.
Terminato questo lungo pezzo di sterrato e abbandonando, per adesso, anche la via Francigena, rifacciamo capolino sulla strada asfalta della via dell'Orlo, qui il gruppo subisce la sua prima scissione, una parte infatti prosegue verso sinistra e quindi per Castelfiorentino, anticipando il rientro a casa, l'altro gruppo, del quale il sottoscritto fa parte, prosegue a destra in direzione Corazzano; dobbiamo rifare il punto del percorso da seguire, varie sono le proposte, alla fine prevale quella di risalire dall'erta che ci riporta verso Coiano, la salita è impegnativa e fa una certa selezione, si arriva su col gruppo allungato, per giungere di nuovo ai piedi della Pieve, è qui, che con stupore e sorpresa, vediamo arrivare uno alla volta, i componenti del gruppone di Castelfiorentino che avevamo, in precedenza, dato per dispersi; chi pedalando, chi spingendo la propria mtb nell'ultimo strappetto prima dello spiazzo asfaltato, arrivano tutti coloro che hanno aderito a questa singolare iniziativa.
Ci fermiamo a far due chiacchere con loro, socializziamo mentre qualcuno ha avuto la brillante idea di imbandire un tavolino con vassoi pieni di cantuccini e bruschette, bravi! E del resto nessuno ha fatto segreto di apprezzare la cosa, vista la rapidità con il quale sono stati spolverati! Abbiamo preso anche spunto dal momento per immortalare quest'attimo a memoria perenne dei posteri scattando qualche foto, infine, salutati i nostri “colleghi di sellino”, ci siamo riavviati verso casa... si ho detto verso casa, ma il giro è proseguito con ancora davanti diversi chilometri e salite, ed ecco a voi il resto!
All'andata il trivio che ci aveva dato due componenti da sommare al resto del gruppo, ora se li riprende e con gli interessi, sono in tre infatti, all'altezza di questo snodo, che sotto gli occhi incuriositi di cavalli e cavalieri, decidono di defilarsi dal gruppo per tornare a casa lungo la via più breve.
Siamo meno ma pur sempre in nove, e sempre con ancora energia da spendere, si arriva a Gello, e attraversando una veloce discesa sterrata, fra panorami sulla valle e passaggi nel bosco, arriviamo dopo una serie di curve e controcurve da cardiopalma, nella frazione di Corazzano; qui qualcuno si è esaltato, e se dopo il suo battesimo del fuoco non ha proprio promesso amore eterno alla mountain bike, almeno un anellino di fidanzamento glielo ha comprato!
Attraversiamo il ponticello dietro l'abitato di Corazzano, e percorso tutto lo sterrato di fondovalle, ai piedi della salita di Balconevisi c'è spazio per un altro saluto a Maurizio, Ivan e Riccardo Magno che ci hanno tenuto compagnia in questa mattinata d'inizio ottobre; è a questi punti che mi salta in testa un'idea perversa, un'idea dal nome Romilda!! Nessuno dei superstiti di quest'uscita sa cosa ho in serbo per loro! Essi mi precedono, e all'altezza del Genovini, dando per certe le mie intenzioni piegano verso sinistra, li faccio illudere ancora qualche secondo, poi indico con la mano di andare a destra, mi guardano e mi seguono disorientati, li faccio entrare per una stradina sterrata, che forse nessuno di loro conosce, finché appare alla nostra vista Romilda appunto, che non è un'avvenente ragazza dalle curve sinuose e vestita in abiti succinti (magari), no proprio non lo è! Si para dinnanzi a noi una collina, tagliata da una “strada” appena accennata fra i campi con fondo insidioso e pendenze taglia gambe! Qualcuno è incredulo sul fatto che si debba e si possa veramente passare da li, ma per dissipare ogni dubbio apro per primo le danze.
La difficoltà pratica nell'affrontare Romilda è, oltre ad una buona preparazione fisica, l'essere anche dotati di una discreta componente di tecnica di guida; la viottola, perché di questo tratta, sale lungo la linea di massima pendenza di un poggetto, essa è solcata da rivoli profondi formati dalle piogge, in alcuni tratti questi rivoli si incrociano, rendendone difficile l'attraversamento, costringendo spesso a mettere il piede a terra, inoltre vanno affrontate delle contro pendenze ed infine non è neppure una salita così breve, specie se si considerano l'entità delle pendenze, che oltrepassano tranquillamente il 20%!
Ad ogni modo nessuno cede, ognuno giunge in vetta salutato anche dalle incitazioni di una coppia di turisti tedeschi che, trovatisi li per caso, non si aspettavano di veder sbucare gente, per giunta in bici da quella stradella!
Ma non è finita!
Dopo la salita, ora ci attende la discesa, all'altezza di Moriolo infatti imbocchiamo il single track omonimo, perfettamente percorribile, questo è, (a parte per il sottoscritto) una novità assoluta per tutti, faccio strada, uno dopo l'altro tutti seguono la mia scia, chi con fare deciso chi un po' più titubante si scende verso il fondo valle.
Il transito attraverso questa burella che s'infila in una macchia di modeste dimensione, non è per nulla facile, essa è caratterizzata da discese ripide, sentieri stretti ed esposti su profondi canali d'acqua, rapidi cambiamenti di direzione, questi fattori sommati insieme, rendono ostico il passaggio, però quando si inizia a prenderci confidenza, diventa davvero elettrizzante, che quasi si spererebbe in un impianto di risalita tipo pista da sci per fare in modo che il divertimento non finisse subito!
Ora il giro volge al termine, nonché le energie, questo l'elenco degli ultimi rimasti che si accingono ad affrontare l'ultima fatica di giornata, in ordine alfabetico per cognome essi sono: “Adorni Fontana, Bia, Cappelli, Musetti, Scali Jr, Scali Sr.” ed ora passo a presentare anche l'ultima fatica: “erta del Cenni”.
L'erta del Cenni, consigliata da Scali Sr, è una strada totalmente sterrata che se qualcuno di voi avesse interesse a documentarsi sui dettagli, potrà farlo sul post Salite/Discese sempre questo blog.
La stanchezza, almeno per quel che mi riguarda inizia a farsi sentire, un giro di pedale dietro l'altro e i metri verso casa sono sempre meno, e quando si intravede la fine di questa greppa, si può affermare che la via verso una doccia calda è ormai spianata; resta, nell'arco di quattro ore di pedalata in gruppo, la soddisfazione di aver passato del tempo sereno in compagnia di persone con le quali condividere una passione che ci porta a conoscere una innumerevole quantità di angoli nascosti del nostro affascinante territorio, speriamo di replicare quanto prima!


mercoledì 3 ottobre 2012

PREGHIERA DEL CICLISTA



scritto da Michele Musetti

Carissimi appassionati ciclisti e non,

non posso esimermi nel proporvi, qui di seguito, le magnifiche righe dell'autentica "Preghiera del ciclista", gentilmente preparata, proposta e donata in occasione della benedizione dei ciclisti nella mattina del 30 settembre 2012 presso il Santuario della Madonna di Montenero a Livorno; e anche quest'anno, come ogni anno (e ne sono passati ormai cinque dalla mia prima volta), che in concomitanza di tale ricorrenza, ho deciso di offrire alla fede, la "sofferenza" di 137 km (tanto dista infatti il Santuario da casa mia, fra andata e ritorno) alla velocità media di 30.3 km/h!.  
Fig.1 - I nostri eroi Michele, Attilio e Andrea
Nel compiere quest'impresa sono stato supportato dall'aiuto di 2 gregari d'eccezione, l'impavido Attilio e l'eroico Andrea che hanno superbamente collaborato alla riuscita di un grande evento atletico e culturale all'insegna della simpatia che li contraddistingue. 
Siamo partiti alle 7:30 con brutti presagi meteo visto i nuvoloni minacciosi che imperversavano, ma soprattutto dopo che la sera prima eravamo andati a nanna con la compagnia di tuoni e fulmini, tuttavia mai dubitare della divina provvidenza, la quale al contrario di quanto anzidetto, ci ha regalato una giornata spettacolare e soleggiata. 
Siamo arrivati a Montenero alle ore 9:45 scortati da un folto gruppo di ciclisti (25/30) acciuffati per caso durante il passaggio lungo l'Arnaccio, ci siamo fidati di costoro e della loro presunta  conoscenza dei luoghi, e la nostra fiducia non è stata affatto mal riposta, essi infatti ci hanno regalato la possibilità di godere di scorci panoramici di una città di Livorno lungo strade a noi ignote e che altrimenti avremmo senz'altro evitato. 
Dopo una breve sosta per mangiare, bere, fare due foto di rito e dedicare qualche minuto alla Madonnina, ci siamo rimessi in cammino, e, aiutati questa volta, sempre casualmente, da un nuovo gruppo di "colleghi" composto di circa 20 unità, questi ci hanno scortato fino a Pontedera dopo una gran prova di valore che ci ha visto sudare le pene per riacciuffarli, e poter così fruire delle loro scie; alle ore 12:30 circa eravamo già a sotto la doccia .
Vi regalo queste parole che ci hanno veramente toccato, perché esse rispecchiano il nostro stato d'animo ogni volta che saliamo sulle nostre amate bici, è come se qualcuno avesse scrutato nel profondo dei nostri pensieri e avesse tradotto in versi quello noi non saremo in grado di esprimere in maniera altrettanto efficace.



PREGHIERA DEL CICLISTA

Grazie Signore,
per avermi fatto conoscere e amare la bicicletta
che mi fa sentire libero sulle strade del mondo.

Fa' o Signore
che la fatica del pedale non sia solo evasione
ma più motivo di ringraziamento
per le bellezze della natura che attraverso.

Aiutami Signore
a trovare il comportamento e le parole adatte
per chi incontro stanco e sfiduciato
come trovo il buon rapporto sulle dure salite
che affronto con coraggio anche se ho forza limitata.

Spero Signore
che tu mi aiuti a finire bene la corsa
per meritare il Tuo giusto premio.

Affido questa speranza alla Tua Madre Santa
che mi protegga sempre con tutti i miei cari.


lunedì 7 maggio 2012

IL CINQUE MAGGIO

scritto da Fabio Cappelli
           
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Fucecchio: poco prima del via.
Ei fu siccome immobile, così inizia una celeberrima poesia di Alessandro Manzoni “Il Cinque Maggio”, dalla sua stesura sono passati 191 anni, ed oggi a distanza di quasi due secoli da allora,  la prima riga dell'opera letteraria potrebbe iniziare così:”Ei son siccome mobili”.
Ore 8:30 del giorno 5 maggio 2012, piazza G.Montanelli, Fucecchio, come da calendario è in programma l'escursione sulla via Francigena da Fucecchio a Gambassi organizzata dalla UISP, è ancora incerto il numero e l'identità di coloro che onoreranno con la propria presenza questo bell'incontro a base di sport, natura e storia, ciascuno dei potenziali adesori, ancora chiuso fra le mura domestiche sta ultimando i preparativi per giungere pronto all'appuntamento; una colazione abbondante, le vettovaglie da mettere nello zainetto, una pulitina alle lenti degli occhiali, la borraccia a riempire sotto la cannella di cucina e l'ultimo controllo alla mountain bike affinché non vengano fuori spiacevoli sorprese a pedalata già iniziata.
In viaggio
Sulla piazza arriviamo in due gruppetti distinti per formarne un unico pronto a macinare chilometri lungo tutto il tragitto ufficialmente riconosciuto dell'itinerario di Sigerico, in ordine rigidamente alfabetico i presenti all'appello sono: David, Fabio, Massimo, Michele, Paolo, Riccardo, Roberto, Roberto, Stefano; la giornata, meteorologicamente parlando non è delle migliori, un cielo prevalentemente coperto, che a tratti sembra minacciare anche pioggia, ci da il benvenuto in questa mattinata di ormai primavera inoltrata, la temperatura dell'aria non sarebbe neppure così male se non fosse per il fatto che una brezza tesa contribuisce a farne percepire una più bassa! Comunque non ci lamentiamo, poteva anche andare peggio.
Alle ore 9:05 viene dato il fischio d'inizio all'escursione, ci si prospettano, tanto per gradire, circa 30 km certi per arrivare a Gambassi, e mentre l'andata sarà ragion forza dettata dagl'obblighi di tracciato preventivamente conosciuti, il ritorno sarà studiato sul momento anche in base alle esigenze dei partecipanti; ad ogni modo alla fine saranno come minimo sindicale 60 km.
Usciamo da Fucecchio e attraversato il ponte sull'Arno, svoltiamo subito a sinistra come la segnaletica dedicata c'impone, i primi chilometri sono su asfalto, oltrepassata la frazione di San Pierino, ultimo avamposto del comune di Fucecchio, si entra in territorio Sanminiatese, all'incrocio principale del paese di San Miniato basso, in una viucciola praticamente sconosciuta a tutti, che s'incunea fra un palazzone e la vecchia chiesa del paese, inizia il primo tratto in fuori strada della giornata e con esso anche la prima salita, è solo un assaggino di ciò che ci attenderà più avanti, nel senso di bellezza del paesaggio, ma quanto meno ci consente di lasciarci alle spalle catrame e tubi di scappamento che già iniziavano a farci venire l'orticaria!
Saliamo per San Miniato, ovviamente non si scappa, qui c'è da sudare! Le pendenze non sono impossibili, ma siamo tutti ancora coi muscoli freddi e le pendenze sono pur sempre degne di rispetto; un po' alla spicciolata, uno dopo l'altro conquistiamo la cima, passiamo sotto le poderose mura di San Francesco, poi piazza Buonaparte e via, fino a lasciarci dietro anche i vicoli medievali della città del tartufo bianco.
Uffa ancora asfalto! E' vero; ma gli scenari già sono mutati, le strade son praticamente sgombre di auto e  il mare verde di colline che si estende a sud del Valdarno inferiore si apre, con tutta la sua arcaica bellezza sotto ai nostri occhi.
Coiano: l'incontro con una pellegrina
I chilometri scorrono sotto le ruote tassellate fino a giungere ad imboccare nuovamente lo sterrato poco oltre il Poggio Tagliato, finalmente s'inizia a fare sul serio, ciascuno dei presenti conosce benissimo queste strade, ma di fatto è sempre un piacere percorrerle da tanto che sono belle; inoltre oggi il fondo è ottimale, non c'è fango e ciò consente di godersi appieno, dopo la neve, il gelo e la pioggia delle settimane precedenti, un terreno ben compatto che agevola tantissimo l'aderenza dei pneumatici.
Arriviamo a Capo di Vacca, proseguiamo in direzione Campriano, qui la Francigena coincide con la sempre affascinante via di Meleto, sempre su sterrato ci dirigiamo verso Coiano; questo luogo è un nodo importante nell'ottica della via Francigena, la Pieve qui costruita infatti, dedicata a San Pietro e Paolo, è indicata come XXI tappa secondo l'itinerario di Sigerico, quindi, giunti anche noi ai piedi dell'antica struttura decidiamo di fare una sosta; è qui che abbiamo incontrato una pellegrina molto speciale, una ragazza di cui ignoriamo il nome, la quale ci ha detto che era partita da Loreto circa una settimana prima per giungere, a piedi e in assoluta solitudine a Santiago de Compostela, non so se leggera mai queste righe, ma, e credo di poter parlare a nome di tutti, le auguriamo un buon viaggio, con la speranza di raggiungere la meta che si è prefissata, sia essa di natura fisica che spirituale.
Via Francigena tra Coiano e via d'Orlo
E' tempo di ripartire! Ci lanciamo in picchiata per una discesa veloce e moderatamente tecnica, lo scenario tutto intorno si fa veramente suggestivo, le continue piogge dei giorni precedenti  hanno reso la campagna di un colore verde vivido, talvolta cangiante per via del vento che soffia sui pendii dei colli, nubi cinerine si aprono e si chiudono sopra di noi, lasciando a tratti filtrare dei caldi raggi di sole; al termine della discesa ci troviamo a transitare per poche decine di metri sulla via dell'Orlo per poi tornare subito dopo su sterrato sempre più vicini al nostro obiettivo, si torna a salire su bellissime strade bianche, costeggiamo case sparse dal sapore antico, recinti d'allevamento di ovini, qualcuno ci saluta col sorriso in faccia, procediamo su crinali ondulati che consento di spaziare lontanissimo con lo sguardo.
La salita sterrata per tornare sulla direttrice di Gambassi, è, nella parte finale più impegnativa, ma nessuno della comitiva demorde, ed eccoci tutti in cima col gruppo che si ricompatta un po' alla volta in corrispondenza della strada asfaltata, giungiamo così all'ultima sosta ufficiale sulla via Francigena, la Pieve di Santa Maria Assunta a Chianni, nonché XX tappa secondo l'itinerario di Sigerico, quando vi giungiamo si sta celebrando un matrimonio, approfittiamo per fare gli auguri ai novelli sposi e al tempo stesso per  visitare il magnifico edificio.
Le verdi colline tra Coiano e Gambassi
Terminato il tratto prestabilito della via Francigena c'è ora da pianificare il viaggio di ritorno, intanto c'è da salire fino allo scollinamento di Gambassi che non è proprio una passeggiata, il segnale stradale parla chiaro, pendenza media 10% ma in fin dei conti i rapporti corti da mountain bike agevolano abbastanza l'impegno che devono sopportare le gambe, più tosta invece se fatta con una bicicletta da corsa (provare per credere!), in cima al valico, mentre attendiamo che il gruppo si riunisca, iniziamo a pensare alla pausa pranzo, mezzogiorno è passato da un po' è le energie iniziano ad entrare in riserva, urge riempire lo stomaco e ci mettiamo d'accordo di sostare qualche chilometro più avanti in corrispondenza dei ruderi della vecchia cisterna romana di Montaione, devo dire che non è una vista usuale quella di 9 biker's stesi su un prato in un clima conviviale, con panini e barrette; fra un morso e l'altro c'è tempo per qualche battuta di spirito, l'atmosfera è rilassata, insomma sono proprio quei momenti che da soli valgono l'intera escursione!
Gambassi: chiesa di Santa Maria Assunta a Chianni
La pausa finita! Risaliamo in sella, ci aspetta il discesone asfaltato fino a Montaione, scorrevolissimo ce lo beviamo in un sorso, ormai l'atmosfera è rilassata, in paese ci concediamo anche il tempo di un caffè, poi via di nuovo verso la stupenda strada di Santo Stefano, questa si snoda su un crinale che riassume un po' tutta la bellezza della campagna toscana, colline verdi e grigi calanchi, borghi sullo sfondo e casolari in stile rustico, davvero un bel paesaggio.
Fatta anche l'ultima discesa, ai piedi della tenuta di Santo Stefano, ci reimmettiamo sulla via d'Orlo e puntiamo decisi per Corazzano, si torna verso casa! Ora l'allegra scorribanda prosegue in surplace, giunti al Genovini imbocchiamo la via di Mugnana e Scorno alla fine della quale iniziano i primi saluti, Riccardo infatti lascia il gruppo e prosegue da solo verso Bucciano, lo salutiamo e proseguiamo da via delle Gronde verso Molino d'Egola, qui il gruppo si sfoltisce ulteriormente, l'escursione sta volgendo al termine, la fatica si fa sentire, fra trasferimenti e quant'altro abbiamo sfiorato gli 80 km, stanchi certo! Ma soddisfatti, ognuno si dirige ora incontro ad una bella doccia calda e rigenerante, consapevoli di aver trascorso una giornata che ricorderemo per un bel pezzo!
           
  

lunedì 30 aprile 2012

L'AFFANNOSA RICERCA DI FONTI ALLE FATE



scritto da Fabio Cappelli


Fig.1. l'ultima parte del sentiero che conduce a Fonti alle Fate

San Miniato 25 aprile.

Saranno al massimo 4 i chilometri che separano l'uscio di casa mia dal luogo dove da molti secoli sgorgano le fresche e dissetanti acque di Fonti alle Fate, eppure per molto tempo ne ho ignorato l'esistenza, fin quando venutone a conoscenza ad opera del blog amico di Smartarc, mi sono ripromesso che un giorno o l'altro ci avrei fatto una capatina.
Mercoledì 25 aprile 2012, oggi, giorno solenne nella storia d'Italia, mentre in moltissime piazze del Bel Paese si commemora l'anniversario della Liberazione dai nazi-fascisti, un gruppetto di novelli Indiana Jones, che per la cronaca sono gli stessi della “passeggiata d'inizio anno alle leggendarie fonti di Pancole” si mettono alla ricerca del leggendario sito.
La giornata era iniziata con un cielo crespato di nuvole e un forte vento, ma nel primo pomeriggio, quando cioè decidiamo di metterci in cammino, le condizioni meteo tendono al miglioramento lasciando intravedere sempre più ampi spazi di azzurro sopra le nostre teste.
Siamo ben consapevoli che l'obiettivo si trova nei pressi del parcheggio del bastione di San Miniato, che nella realtà, e non a caso, nella toponomastica ufficiale risulta essere quello di Fonti alle Fate, quindi ci basterebbe arrivar fin li con l'automobile e, con un po' di senso di orientamento e pochi passi avremmo già partita vinta, ma a noi non basta! Come si suol dire in questi casi, il bello del viaggio è proprio viaggiare, così parcheggiata l'auto nel piazzale antistante il palasport di Fontevivo a San Miniato basso, c'incamminiamo senza un preciso itinerario verso il luogo anzidetto.
I primi metri sono incerti, c'è chi vorrebbe andare da una parte e chi dall'altra, risultato sbagliamo subito strada; chiediamo ad un signore che abita nelle vicinanze del parcheggio di Fontevivo consigli sul percorso più adatto, ci indica quella che per lui è la via migliore, ovviamente non seguiamo il suo consiglio e facciamo di testa nostra, ma non è un male! Mi viene infatti in mente che non troppo lontano da li si può salire verso il colle di San Miniato passando per un tratto suggestivo e immerso nel verde della Via Francigena, l'unico dubbio è l'esatta rotta da seguire e la distanza effettiva per intercettarla, ma non ci scoraggiamo, andiamo per tentativi, il primo fallisce miseramente, convinti di seguire il giusto tracciato, finiamo per entrare nel resede di un'abitazione privata, la cui proprietaria, che sembrava aspettarci al varco, ci invita con fare poco accomodante ad alzare i tacchi e fare dietro front, obbediamo!
Ecco che inevitabilmente prende corpo il piano B, ci immettiamo in una strada vicinale sterrata sottostante, una di quelle belle stradine di campagna che ispirano al solo vederle; per quanto strano a dirsi, i luoghi, poco distanti da casa, risultano sconosciuti, un angolo del nostro territorio rimasto a noi nascosto fino ad oggi; costeggiamo i muri di confine di belle case in stile toscano, qualche cane abbaglia al nostro passaggio, la campagna tutta intorno, dopo le piogge intense dei giorni precedenti, è un tappeto color verde smeraldo di erba rigogliosa.
Camminiamo, senza troppa fretta ma con incedere inesorabile, ancora non son certo della veridicità del percorso, ma più andiamo avanti e più mi convinco che la direzione è quella giusta, fin a quando la deduzione non si fa certezza! Imbocchiamo, senz'indugio di sbagliare il tratto di V.F. che  condurrebbe verso il convento San Francesco, la strada è asfaltata ed in salita.
Fig.2. Logo identificativo della Via Francigena
Giungiamo a un bivio, a sinistra, ancora in salita è sempre V.F. a destra la direzione è ignota, in tutti e due i casi ci si parano innanzi a noi due bei sentierini di campagna, noi tanto per non contraddirci imbocchiamo quello con direzione ignota, ma in questo frangente e all'improvviso spunta da sotto un ciglione un signore che ci sconsiglia il passaggio da quella viottola, visto che a suo dire non porta da nessuna parte, col mugolo fra le labbra gli diamo retta e quindi ci ributtiamo nuovamente sulla V.F.  che da qui lascia intravedere un panorama insolito di San Miniato, sotto i nostri occhi si spalanca la cosi detta valle di Cencione, mentre alzando lo sguardo domina maestosa la Rocca.Con ogni probabilità siamo adesso a metà del guado, ma in realtà ora arriva il pezzo più duro, usciti infatti dalla V.F. (davanti al golf) individuiamo un'altra stradina sterrata a destra che conduce nella sottostante valle di Cencione, la prendiamo, consapevoli che giunti in fondo la dobbiamo di nuovo risalire, e qui la salita si dimostra veramente arcigna; manco a farlo apposta, proprio nel punto in cui si dovrebbe iniziare l'ultima ascesa troviamo un altro signore che ci dissuade caldamente dall'affrontare la faticaccia tant'è dura l'erta, inoltre sostiene che la via d'accesso all'antico manufatto è malmessa se non addirittura inaccessibile e per chiudere in bellezza in tema di argomenti incoraggianti, ci dice peraltro che non vale neppure la pena andare fin lassù, che tutto sommato, secondo lui, non c'è nulla da vedere! Per contro e di buono ci da una dritta che risulterà preziosa nel finale, ci dice infatti che se proprio siamo convinti di voler andare avanti, ci conviene  di seguire, indicandoci un tubo di gomma nera, il suo tragitto lungo la collina, questa arriva dritta dritta a Fonti alle Fate!! Ringraziamo e c'incamminiamo con lo spirito dei condannati ai lavori forzati, qui addirittura la strada è appena accennata nel folto dell'erba alta, si inizia a salire su pendenze abbordabili, tagliamo di traverso la collina, poi ineluttabilmente ci troviamo ai piedi di una greppa allucinante, secondo me qui siamo ben oltre il 35% di pendenza! Ci facciamo coraggio e passo dopo passo conquistiamo la cima, che porta in prossimità di una bella abitazione di nuova costruzione e attualmente non abitata; aggiriamo la casa, di fatto siamo a pochi metri dal parcheggio del bastione, e se l'acqua avesse un odore, probabilmente già ne sentiremmo il profumo tanto siamo certi di essere vicinissimi al traguardo! Ma per definizione l'acqua è incolore, insapore e soprattutto inodore, quindi nessun aiuto sotto questo punto di vista, per di più non abbiamo neppure riferimenti precisi sull'esatta ubicazione delle fonti, che immerse nel folto della macchia sono difficilmente individuabili.
Iniziamo così a perlustrare l'area dove presumibilmente potremmo trovarle, costeggiamo una scarpata che coincide col margine esterno del boschetto, ognuno a proprio modo cerca di trarre indizi utili per giungervi, dall'alto del ciglio buttiamo il nostro sguardo verso valle, tutto sembra un'inestricabile concentrato di piante spontanee, alberi, arbusti e cespugli ci negano il passaggio, mentre ognuno continua nella propria caccia al tesoro, io mi isolo dal gruppo, continuando a guardare in basso vedo un angolo di bosco appena appena più pulito, scendo da un punto più accessibile sul piano sottostante, in questo punto la collina è lavorata a gradoni un indubbio segno dell'opera umana, mi sembra di scorgere un sentiero, forse mi sbaglio, poi ci ripenso, torno indietro, la mia attenzione è catturata dal fatto che affiora da fogliame una porzione di cemento messo li a mo di scalino, guardo meglio e ne intravedo un altro e poi un altro ancora, sono ben mimetizzati ma ci sono! Scendono lungo il costone della collina, poi, ancora più avanti sembra addirittura che il piccolissimo sentiero sia ancora più battuto rispetto al piano soprastante, mi sporgo ancora per dare uno sguardo al gradone sottostante, mi torna a mente l'indicazione del signore incontrato ai piedi della salita, “seguire il tubo nero di gomma”, lo vedo! È proprio li sotto, in realtà i miei piedi si trovano già sopra “il tetto” delle fonti, il quale, totalmente ricoperto di terra e fogliame è reso assolutamente invisibile.Continuo per un'altra decina di metri, c'è un'altra curva a scalini piuttosto agevoli da scendere,  poi finalmente mi trovo davanti all'antico manufatto, chiamo il resto del gruppo che si precipitano a vedere questo luogo così vicino alla civiltà moderna eppure così ben isolato da questa.
Fig.3. L'ambiente centrale di fonti alle fate
Purtroppo, contrariamente alla precedente spedizione alle fonti di Pancole manchiamo di stivali impermeabilizzati che ci consentirebbero di fare un indagine più approfondita all'interno della struttura, ci limitiamo pertanto ad un'ispezione esterna; la vegetazione la fa da padrona, la costruzione è immersa totalmente nel verde, è composta a prima vista da 3 volumi con soffitto a volta (almeno così è per quello centrale che è facilmente ispezionabile), l'acqua ristagna sul pavimento, le incrostazioni calcaree sono ovunque e ben evidenti, in fondo, nella parete opposta, da una finestrella sulla muratura sembra esserci una polla sorgiva, è un brutto giudicare, ma la logica porterebbe a questa conclusione, s'intravede al suo interno un blocco calcareo piuttosto lucido, segno che l'acqua, sgorgando dalla terra lo mantiene perennemente bagnato; i comparti di fianco non sono visitabili, desumiamo si trattino, anche memori dell'esperienza di fonti di Pancole, di cisterne per la raccolta dell'acqua.
Il castello è espugnato! Perseveranza e spirito d'indagine l'hanno avuta vinta sul resto, ora, dopo il dispendio di energie ci attende una passeggiata più tranquilla e rifocillante per le vie del borgo vecchio che pullula di vita e di colori, ma questa è un'altra storia...
  

      

mercoledì 21 marzo 2012

DUE SPECIALITA’ DELLA MOUNTAIN BIKE: CROSS COUNTRY E GRANFONDO

scritto da Fabio Cappelli

E' tempo di gare, di gare vere, il conto alla rovescia che ci separa da Londra 2012 è infatti iniziato, carico di quella spasmodica attesa che ci porterà a gioire, tifare ed emozionarci per le prodezze olimpiche degli atleti, un'attesa trepidante, tipica di quel periodo ormai prossimo che ci separa dall'inizio di un evento di portata planetaria; è in attesa di quei giorni che il mondo delle ruote grasse, come ogni anno, inizia ad entrare nel vivo della stagione agonistica, ovunque in Italia i campi di gara pullulano di biker's che si promettono battaglia fino all'ultimo metro, qui di seguito ho voluto fare una descrizione sintetica di due specialità del mondo della mountain bike che attraggono a se un numero di concorrenti che di anno in anno è sempre più consistente, le gare di Cross Country e le Granfondo.  


CROSS COUNTRY (XC):
Fig.1. Estratto di una gara di XC (con la maglia tricolore M.A.Fontana)

E’ la gara delle gare, quella che indossa per antonomasia la corona di regina assoluta.
La gara di XC, inserita a pieno titolo nel calendario delle competizioni di Londra 2012, è specialità olimpica dal 1996, in quella edizione, che si tenne ad Atlanta partecipò anche una giovanissima quanto determinata atleta italiana, Paola Pezzo la quale riuscì a conquistare la medaglia d’oro facendo sventolare il tricolore sul pennone più alto della cerimonia di premiazione; Paola Pezzo replicò l’impresa anche quattro anni più tardi nell’Olimpiade di Sydney, salendo nuovamente sul gradino più alto del podio.
Il XC è per definizione una gara nervosa che si sviluppa su circuiti brevi e ad anello da ripetersi più volte con sviluppo generalmente non superiore ai 40 km; si snoda su tracciati al limite della pedalabilità, all’interno di boschi ma anche in spazi aperti, in ogni caso ben delimitati anche dall’ausilio di fettucce e nastri; in genere i dislivelli totali che i concorrenti devono affrontare non hanno gli stessi numeri di una Granfondo , ma contrariamente a queste è l’estrema discontinuità del profilo altimetrico a fare la differenza, salite tecniche dalle pendenze micidiali si alternano a discese altrettanto esasperate, il tutto condito da sentieri tortuosi e stretti (single track) che non agevolano affatto il sorpasso degli inseguitori, da qui se ne deduce l’assoluta importanza di poter contare, in fase di partenza, di un buona posizione in griglia.
Il fondo di una gara di XC può essere variabilissimo, si può partire su asfalto o strada bianca, per poi subito dopo essere dirottati dentro la fitta boscaglia, dove, tra gli alberi che fanno da cornice, si devono superare grandi pietre affioranti e sassicaie, radici attorcigliate e guadi d’acqua, non di rado accade che l’organizzazione della corsa, al fine di spettacolarizzare ulteriormente la manifestazione predispone anche degli ostacoli artificiali, concernenti generalmente in gradoni e salti; le condizioni di per se stesse già difficili, possono ulteriormente complicarsi in seguito a precipitazioni che rendono il fondo fangoso e viscido.
La gara di XC mette a dura prova l'organismo di coloro che vi partecipano per via dei cambi repentini di pendenza, obbligando il cuore a lavorare spesso fuori soglia, necessita inoltre di un ottima padronanza della bicicletta, i continui adattamenti ad un fondo estremamente irregolare non ammettono infatti improvvisazione, la preparazione della gare deve prevedere un giusto mix di allenamenti tecnici, di resistenza e di potenza.
La mountain bike da utilizzare in questo tipo di specialità è essenzialmente la front (ovvero una mountain bike con forcella ammortizzata solo anteriormente), più raramente una full suspended (con sospensione sia anteriore che posteriore), infatti coloro che partecipano a questo tipo di competizioni ricercano, in maniera quasi maniacale, biciclette dai pesi contenuti (nell’ordine degli 7,5 ÷ 9 kg).
  
GRANFONDO E MARATHON
Fig.2. La partenza di una Granfondo

In linea di massima le difficoltà tecniche rilevabili su di un campo di gara di una Granfondo sono essenzialmente simili a quelle riscontrabili in una gara di XC, anche qui infatti si ritrovano gli stessi elementi tipici di quella specialità, strade bianche, mulattiere, single track, pietraie, guadi etc.
Quello che invece le differenzia rispetto alle gare di XC sono le distanze e dislivelli che gli atleti si trovano ad affrontare, i circuiti in genere hanno tracciati che non scendono mai al di sotto dei 40 km ma possono superare tranquillamente anche i 70 km, in egual misura i dislivelli si attestano intorno ai 1200÷2000 m, anche nelle GF i circuiti sono normalmente ad anello, ma eseguiti un’unica volta; viste le notevoli distanze è normale imbattersi in salite con pendenze moderate (7 ÷ 10 %) ma molto lunghe, prevale in genere la strada bianca rispetto ai single track, non di meno però i tratti tecnici possono risultare egualmente difficili.
Mentre nelle gare di XC si assiste, per ovvi motivi, ad una partecipazione circoscritta di concorrenti, nelle GF al contrario si contano un gran numero di iscritti, divenendo spesso eventi spettacolari per la variopinta marea umana che vi affluisce, queste gare, inoltre snodandosi su tracciati così lunghi cambiano spesso scenario, lasciano intravedere scorci di grande bellezza paesaggistica, tipico esempio sono le manifestazioni che hanno come teatro le cime dolomitiche, non di meno anche in terra di Toscana si disputano gare alle quali fanno da sfondo teatri naturali di indiscutibile pregio 
Fig.3. Frammento di una gara dolomitica 
Le peculiarità del tracciato di una GF si ripercuotono inevitabilmente anche sulle caratteristiche atletiche dei partecipanti, ferme restando infatti le qualità tipiche di chi pratica le XC, in queste gare occorre anche una resistenza straordinaria, nonché una tenuta mentale ferrea specie se si intende affrontarne la variante più dura, la Marathon, di norma infatti le Marathon si eccedono nei numeri, con distanze che possono oltrepassare i 100 km e con dislivelli superiori ai 3000 m (es. sellarondahero , dolomitisuperbike).
Seppure in questo tipo di kermesse siano previsti dei punti di ristoro, conviene, per buona regola, pianificare un proprio programma di integrazione alimentare e idrica per non rischiare di andare incontro a drammatiche “crisi di fame”.    
Così come nel XC la tipologia di mountain bike che meglio si presta a questo tipo di gara resta sempre la versione front, tuttavia anche una full sospended dai pesi contenuti (8,5 ÷ 10 kg) può rivelarsi ottimale per non affaticare eccessivamente la schiena, costretta come è a mantenere anche per più di 4 ore una posizione in sella obbligata e scomoda.