lunedì 30 settembre 2013

SAN BARONTO: IL GIORNO DELLA CONSACRAZIONE.

scritto da Fabio Cappelli




Era dal 1921, anno della sua prima edizione, che la bella terra di Toscana è rimasta pazientemente in attesa che le sue strade finissero un giorno sotto i riflettori planetari per l'appuntamento ciclistico più atteso dell'anno: il Mondiale Uomini Elite; ieri, domenica 29 settembre 2013, alle ore 10:00 quell'attesa è finita.

I giorni che hanno preceduto l'evento clou dei Campionati del Mondo di ciclismo su strada, hanno visto una settimana intensa di gare e di emozioni e dell'immancabile strascico di polemiche per gli inevitabili disagi alla viabilità che manifestazioni di questa grandezza portano con se, ad ogni modo tutto è filato liscio; ma torniamo a noi, la Toscana, terra per le quali le parole si sprecano, regione affascinante con la sua ricchissima storia, le sue grandi città d'arte, i piccoli e incantevoli borghi disseminati nelle campagne, i paesaggi dalle mille sfaccettature, della buona cucina e del buon vino, tutti tratti distintivi che ne fanno uno dei luoghi d'attrazione turistica fra i più visitati al mondo; e poi parallelamente alla Toscana degli itinerari classici c'è questa Toscana, quella che ha creato un sodalizio con le due ruote, quella in cui la bellezza, talvolta aspra delle sue colline, ha abbracciato come in un binomio inscindibile la fatica della bicicletta, quella in cui piccoli uomini sono stati forgiati da queste strade e che da qui se ne sono andati, in giro per il mondo, per ritornarvi da giganti:” Bartali, Magni, Martini, Nencini, Bitossi, Cipollini, Ballerini, Bartoli, Bettini e molti altri ancora”; e poi ci sono i semplici appassionati, quelli cioè che pacificamente invadono le strade nei fine settimana, quelli che non vincono ne medaglie ne un titolo sulle prime pagine dei quotidiani sportivi, quelli che devono far conciliare la vita d'ogni giorno con il fuoco sacro della passione, quelli che in sella non ci salgono neppure più gravati da altri impegni ma che con altrettanta energia sacrificano volentieri il poco tempo libero a far crescere le giovani generazioni con i valori sani dello sport per strapparli magari a chissà quali inciampi cui la vita gli riserverebbe e infine a coloro che senza prendere un centesimo mettono in piedi eventi con le poche risorse che le varie società ciclistiche dispongono, sovente senza ricevere mai un grazie, anzi!.

E' anche a tutti costoro che con un pizzico di romanticismo, vorrei pensare che fosse dedicata questa storica giornata.

Dicevamo dunque che sono occorsi più di novant'anni perché il sogno di tanti ciclisti toscani divenisse realtà, un premio meritato e che ha trovato il suo epilogo in una giornata da lupi, con un cielo che fin dal tardo pomeriggio di sabato 28 settembre non prometteva nulla di buono, promessa peraltro avallata già da qualche giorno dai vari bollettini meteo che indicavano acqua a catinelle... e acqua è stata, e pure a catinelle!! Il tracciato è noto a tutti, partenza dalla splendida città di Lucca e passaggi sugli scollinamenti di Montecarlo prima e San Baronto poi per lasciar campo libero agli atleti di giocarsela nella parte finale nel circuito iridato della meravigliosa Firenze.

Chi ha seguito la gara sui canali Rai con la lunghissima diretta televisiva sa già come è andata a finire, resta per i tifosi italiani il rammarico per il quarto posto di un grandioso Vincenzo Nibali e un autentico grazie da indirizzare a tutta la squadra azzurra per aver combattuto con la testa e con il cuore e dimostrando un carattere indomabile nonostante che la sorte non ci abbia agevolato per niente con una sequenza incredibile di cadute! 272 km di pioggia battente hanno, per la cronaca, incoronato il portoghese Rui Costa come nuovo Campione del Mondo, seguito in ordine di podio dagli spagnoli Rodriguez e Valverde.

Ciò detto vorrei chiudere queste mie parole soffermandomi su una delle località attraversate dai corrdiori lungo il percorso mondiale, tanto cara per gli innumerevoli appassionati dell'empolese-valdelsa e del valdarno inferiore, e non solo naturalmente! Ne avevo fatto cenno poche righe sopra e mi riferisco alla mitica salita del San Baronto.

Fin dagli albori di questo sport, per gli appassionati del circondario, la salita del San Baronto ha assunto un valore simbolico, vuoi per la vicinanza, per la centralità rispetto a vaste zone densamente popolate, la facile raggiungibilità, le molteplici varianti che essa offre per raggiungerne la cima con le relative e differenziate pendenze, vuoi per la vista di cui si gode da lassù, o semplicemente perché è a portata di tutti; le quote sono poco più che collinari, niente di minimamente paragonabile agli interminabili passi alpini e neppure agli insidiosi valichi appenninici, per tutta questa serie di ragioni sulle strade del San Baronto ci si trova davvero chiunque, ciascuno accomunato da quell'unica grande passione che è la bicicletta, dal principiante al campione, dal goffo pedalatore all'elegante scalatore, insomma la salita del San Baronto è una naturale catalizzatrice di ciclisti, una vera istituzione locale che da ieri e divenuta mondiale, ricevendo la giusta consacrazione, un sigillo permanente che premia ognuno di tutti coloro che nel tempo e nello spazio, con dedizione e sudore l'hanno percorsa lungo ogni suo metro, domenica 29 settembre 2013 si scriveva un'altra pagina di storia del ciclismo e chiunque fosse stato lassù, sotto quella gorgogliante distesa di nubi nere, una fitta pioggia e i fulmini che illuminavano un giorno che sembrava notte, può a buon diritto sentirsi parte di essa, domenica all'apice dello scollinamento erano davvero in tanti ad attendere l'arrivo della carovana iridata, uomini e donne, vecchi e bambini, sportivi o semplici appassionati, insomma uno spaccato variopinto d'umanità che ha raccolto il testimone da un passato per trasmetterlo alle generazioni future; domani sarà un nuovo giorno e forse i ricordi sbiadiranno lentamente sotto il peso degli affanni della quotidianità, ma sia come sia l'importante è stato esserci.


mercoledì 31 luglio 2013

GRANFONDO DEL CASTELLO 09.06.13 DI ROSIGNANO MARITTIMO

introduzione di Fabio Cappelli

Quello che sto per scrivere a molti potrà sembrare un'ovvietà, ma forse meglio di chiunque altro potrà capire quel che intendo dire chi come Michele Musetti, autore del prossimo articolo, è sceso almeno una volta su un circuito di una gara in bicicletta; la sensazione che spesso ho avuto, quando in passato ho preso parte a manifestazioni di questo genere, è che una volta tagliato il traguardo, il momento della partenza apparisse ormai lontano, benchè nella realtà fossero passate al massimo 3 ore dal via! Sembrava cioè che la stanchezza fisica e mentale accumulata, avesse distorto la cognizione del tempo, una sensazione simile l'ho ritrovata anche in qualche impegnativa girata domenicale, tuttavia il potere amplificante di una gara è indubbiamente maggiore.
La cosa può suonare come un paradosso, più si cerca di correre verso l'arrivo e più il tempo non sembra passare mai con l'inevitabile idea di farci apparire più lento lo scorrere dei minuti e dei chilometri, di fatto è l'esatto opposto!
Una spiegazione può essere riconducibile al fatto che ci sono situazioni, tipiche di una gara, che si concentrano tutte in fila, una dietro l'altra, tanto che appunto il tempo sembra dilatarsi; in gara si può partire con il sole e arrivare con la pioggia, tagliare il traguardo col caldo dopo aver valicato cime gelide, attraversare scenari molto diversi anche racchiusi in una manciata di chilometri, si può cadere, si può forare, si può dare una mano a un amico in difficoltà, si può agonizzare in salita e avere il terrore della discesa, si accelera e si rallenta, si gioisce e si impreca, si sorpassa, si sta a ruota, si lotta col mal di schiena, la cervicale, e si lotta contro le voci interne che ci soffiano facili soluzioni come quelle di mollare tutto, ci si automotiva e si stringe i denti.... e poi c'è la foga che fa il resto, si la foga! Quel sacro fuoco che brucia dentro e che, nonostante l'allenamento improvvisato e una carta d'identità impietosa ci spinge comunque a dar fondo a tutte le nostre energie.... e tutto questo ripeto, potrebbe accadere appunto in appena 3 ore!!
Forse, fermandosi un po' a riflettere, sulla base di quanto appena scritto, si potrebbero ricavare anche da una gara ciclistica, gli spunti per farne una metafora sulla vita, gli ingredienti ci sono tutti!! Per il momento mi basta aver scritto queste righe introduttive alle parole che Michele ha trovato per parlarci della sua ultima fatica atletica e letteraria, ci sono aneddoti interessanti e dediche fatte col cuore; una gara è uno spaccato di umanità in movimento che da quando si mette in moto fino al traguardo, crea un microcosmo di cui di seguito ne avrete un degno assaggio.



vissuto, ideato e scritto da Michele Musetti

Anche se ormai è passato un pò di tempo, e anche se non ero sicuro di proporre questi righi, mi sono deciso e vi racconto questa mia esperienza !!



Avete mai provato la sensazione di essere gli ultimi durante una manifestazione ciclistica tipo una granfondo? No? allora ve la racconto io........



Rosignano Marittimo 09.06.13 Granfondo del Castello. ore 7:30 iscrizione. Numero di pettorale 451. Squadra inedita composta da 2 unita', il sottoscritto e il gregario d' eccezione Dimitri. Partenza ore 9:00. la nostra griglia di partenza come al solito era l'ultima. Meteo alla partenza accettabile. All' ora prestabilita viene sancito il via che (come annunciato dallo speaker) dovra' mantenere un'andatura iniziale blanda per tutta la discesa fino a Castiglioncello e solo una volta fuori dall'abitato la vettura della giuria scatenera' la competizione. Questo giustamente per dar modo di non rischiare subito l' osso del collo sui tornanti della prima discesa fino a Castiglioncello, ma per permettere ai concorrenti di scaldare i muscoli e stare tranquilli tranquilli per un breve tratto evitando velocita' pericolose che avremmo potuto raggiungere. Difatti dopo 100 metri dal via la velocita' si stabilizzava inesorabilmente sui 60 km. orari, in c...o all' organizzazione e ad ogni buon intento sulla sicurezza!! in 5 minuti raggiungiamo, sempre in gruppo compatto, l'inizio della salita verso Nibbiaia e quindi Castelnuovo Misericordia. Salita non tanto dura con pendenze dolci, ma se affrontata a tutta potrebbe compromettere il resto della corsa. Intanto Dimitri mi aveva sicuramente dato quei 4/5 minuti di distacco, mentre io ero costretto anche a fermarmi per togliere dalla ruota un fastidioso pezzo di nastro adesivo, rimediato accidentalmente, che mi batteva sul telaio durante il movimento. Per far cio' mi ero portato in testa al mio gruppetto in modo da anticiparmi, fermarmi e rimuovere celermente tale appiccicume per poi riportarmi con un rapido gesto in coda. Tutto sembrava filare liscio, stavo abbastanza bene, avevo dato anche un paio di cambi in testa con la presunzione di riprendere il gruppo base, e tutto sommato avrei anche potuto dare di più, ma l’incubo che i miei amici crampi mi avrebbero fatto visita prima dell’arrivo mi portava a modulare gli sforzi e la fatica. L’impiccio del nastro adesivo però era un campanello d’allarme su quello che il proseguio della corsa mi avrebbe riservato. Prima di arrivare a Pomaia infatti una subdola, indesiderata e altrettando maledetta gocciolina si andava a depositare sul mio braccino destro e di rimando un piove, piove, piove tra gli altri corridori echeggiar s’udiva nell’aria. Di li a poco acqua a secchiate. Riesco a infilarmi la mantellina di protezione appena in tempo, ma lo sforzo del movimento mentre spingevo sui pedali in salita senza mani lo raccomando a chi avesse dubbi in simili frangenti se bagnarsi o proteggersi dalla pioggia. Tutti insieme raggiungiamo Castellina Marittima nella bufera e ci accingiamo ad affrontare la lunga ed estenuante discesa che porterà alle Badie. Premetto che durante il tratto Pomaia-Castellina un paio di ambulanze ci avevano superato a sirene spiegate per andare a soccorrere qualcuno di cui al momento non conoscevo l'identita', ma soprattutto non mi rendevo conto di cosa fosse successo. Una volta intraprersa quella micidiale discesa a folle velocità con asfalto bagnato, mentre pioveva, notando ai lati e sparsi ovunque nella carreggiata borracce, pompe, barrette ecc. con anche un ciclista che davanti a me si andava ad infilare in una siepe drizzando una curva a sx, mi sono reso conto di dover dare un taglio a quell’ atmosfera race che fino a quel momento mi aveva galvanizzato. Non e' che mi manchi il coraggio per affrontare situazioni "estreme" come questa, anzi ho molto coraggio, coraggio da vendere, purtroppo e' la paura che mi frega! Rallentando mi vedevo sfilare uno dopo l’altro tutti i componenti del gruppo di cui facevo parte. Pensavo che avrei proseguito la corsa con uno dei gruppetti arrettrati ai quali avrei voluto aggregarmi una volta raggiunta la pianura. Ebbene, sul finire della discesa un ritorno di lucidita' mentale mi riportava a pensare sulla mia posizione per giungere lentamente ad una atroce conclusione: il gruppo che se n' era appena andato era l'ultimo e dietro di me solo la macchina del fine corsa, che puntualmente mi superava avallando la mia amara supposizione. Ecco, in quel momento guardando dietro di me non vedevo nessuno, ERO IO LA MAGLIA NERA su circa 400 corridori. Potete immaginare il mio stato d' animo, ho pensato anche di togliermi il numero di pettorale e fingermi turista! che figura! A circa 300/400 metri scorgevo una sagoma e poi un' altra e un' altra ancora. Deciso a recuperare quei concorrenti spingevo sui pedali nella pioggia e nel vento per poter riagguantare qualcuno con cui condividere tale sofferenza e portare a termine la corsa. Dopo circa 5/6 km riesco a raggiungere i miei futuri compagni di avventura nonche' di sofferenza con i quali ho affrontato e superato le ultime asperita' della tabaccaia per Guardistallo e poi la salita finale di Rosignano. Tre uomini e una donna. Oramai isolati, dispersi, scordati dall' organizzazione il nostro orgoglio ci portava a collaborare per portare a termine il giro. Forse sono io un po' ficoso, ma le situazioni che si verificavano erano queste: se mi mettevo in testa a tirare tra pioggia e vento andavo in soglia dopo un minuto e schiantavo, se mi mettevo in scia e oltre alla pioggia che cadeva da sopra mi dovevo sorbire anche l'acqua che veniva dalla ruota posteriore di quello davanti. Picchia e mena dopo una sessantina di km e dopo aver abbozzato varie strategie con le quali giustifiacre il nostro ritardo, (foratura, sbaglio di strada, passaggi a livelli chiusi, boing 747 precipitato e soccorso superstiti ecc...) giungiamo finalmemte in prossimita' del traguardo. Classifica finale 201^ su 219 in 3 ore e 53 minuti alla media di 29.58. Un ringraziamento/saluto a Massimiliano e Sara fedeli alleati di questa dura battaglia. Un grande applauso al mio gregario Dimitri che essendo alla sua prima mediofondo e vedendo il suo capitano in difficolta' si e' accollato la responsabilita' di un buon piazzamento riuscendo ad ottenere la 130^ posizione in 3 ore e 30 minuti alla media di 32.81. ...Un augurio di pronta guarigione a Saccomanni E. che in quella fatidica discesa verso le badie e' stato vittima di una caduta riportando danni alla spalla e alla scapola, prontamente soccorso dalle ambulanze mensionate in precedenza.........E' ormai passato quasi un mese dall' evento e solo adesso ho trovato la voglia di descrivervelo, spinto anche dalla volonta' di voler dedicare tale esperienza condita da giuste dosi di sofferenza, di adrenalina, di armonia, di legami fugaci con gli altri partecipanti, ma soprattutto di gioia nell' averla portata a termine, a un ponteaelsese doc che dello sport ha fatto uno stile di vita, per il rispetto dell'avversario l'amicizia e la disponibilita' che non negava a nessuno. La dedica e' tutta x lui, seguita anche da un ringraziamento da parte di un bimbo (ormai sono passati quasi 33 anni da quel giorno in cui ebbi l'occasione di conoscerlo x la prima volta) al quale fece credere ed assaporare, seppur per qualche istante, la felicità di essere un piccolo campione fingendo di non riuscire a parare i tiri che al campo sportivo di ponte a elsa, con immenso impegno tale fanciullo gli calciava, riempiendolo di orgoglio, gioia e di speranza. Lui era un giovinotto di 15/16 anni, io un bambino di circa 7 anni. Aveva 47 anni quando il 29 giugno un malore improvviso lo ha colpito. Lui era e restera' per sempre "Acciuga”.

domenica 23 giugno 2013

UN PARADISO A QUOTA 1706

scritto da Fabio Cappelli

 Base della Tranquillità - Quota 1706

Quella del 22 giugno 2013 è stata un'autentica full immersion nella rigogliosa natura della Garfagnana, all'indomani del sisma che ha scosso, fortunatamente senza vittime ne grossi danni, questa straordinaria zona della Toscana, ci siamo avviati di prima mattina io e David L. nel pittoresco abitato di Barga in attesa di congiungerci con gli Amici Per La Bici di Ponte a Greve.

 Barga - Duomo di San Cristoforo
Nell'attesa del loro arrivo ci siamo concessi una passeggiata in salita per le vie antiche del borgo, fino al culminare del poggio che ospita l'imponente duomo di San Cristoforo e da dove si gode di una vista privilegiata del panorama circostante.

Gli Amici Per La Bici arrivano e noi li seguiamo in auto fino al luogo in cui scaricheremo le nostre mountain bike fissato in località Renaio, un minuscolo avamposto di case abbarbicate sul monte, raggiungibile con una strada irta e tortuosa immersa nel verde; si parte in salita! Prima su asfalto e poi su fondo naturale, si sale in questa via di mezza costa, totalmente ombreggiata con pendenze medie del 10%.

Gli Amici Per La Bici
Il viola di cui son colorate le maglie del gruppo di Ponte a Greve spadroneggia sull'insieme dei partecipanti che in tutto siamo una quindicina; la salita fa selezione, e inesorabilmente chi ha meno garretti retrocede nel fondo della fila, di quando in quando una salutare sosta consente di ricompattarci per ripartire subito dopo alla conquista del traguardo successivo!
David L.

La montagna della media valle del Serchio è bella! Bella e selvaggia, con le sue cime smeraldine dalle forme ardite, queste
svettano dalla boscaglia per consentire a gli audaci che si spingono fin quassù di godere di viste mozzafiato.

 San Pellegrino in Alpe
Si continua a colpi di pedale per raggiungere, attraverso un veloce single track il valico del San Pellegrino in Alpe, famoso per la sua leggendaria salita che ha messo in crisi anche i ciclisti più quotati per via delle micidiali pendenze che la contraddistinguono, da li ci siamo portati rapidamente allo scollinamento del Passo delle Radici, dove, dopo una breve sosta ci ributtiamo nel bosco, e qui si inizia davvero a soffrire! Il sentiero che inizialmente sale senza troppe difficoltà, diventa praticamente un muro qualche centinaio di metro più avanti, qualcuno tiene duro e cerca di non scendere di sella, altri devono arrendersi e iniziano a spingere a mano, raggiunto, dopo l'immane faticaccia un tratto pianeggiante, molti ne approfittano per tirare un po' il fiato, poi, ricompattate le fila si entra in un single track bello e molto tecnico che si snoda nel fitto del bosco, con tratti anche esposti su profondi precipizi; dopo tutto questo periplo di difficoltà arriva infine la doccia fredda, un errore ad un punto del passaggio nel bosco ci riporta di nuovo ai piedi della salitaccia, tutto da rifare!!!

Il secondo tentativo è senz'altro più fortunato, il brutto è che live motive non cambia, salite impossibili e sentieri coperti da uno strato di fogliame incoerente ci obbligano a formare lunghe catene di biker che spingono i propri mezzi in luoghi ameni, sembra quasi di vedere quelle pellicole sbiadite della prima guerra mondiale quando file interminabili di eroici soldati erano costretti, zaino in spalla a salire sui fronti dolomitici per rifornire le prime linee; comunque sia, come in una lenta processione, uno dopo l'altro arriviamo di nuovo ai limiti del bosco, laddove prati di erba e di mirtilli ci consentono di ammirare la natura in tutta la sua straordinaria bellezza, si sale ancora un po' ed arriviamo in cima ad un promontorio svettante, forse il monte Giovarello, che fa segnare agli altimetri quota 1706m slm, senza dubbio il punto più alto dell'intero giro, qui una sosta è d'obbligo, su un crinale esposto all'incessante sferzare dei venti il verde della montagna si sposa con l'azzurro del cielo, le nuvole, alte, si rincorrono e formano infinite figure, il panorama è impagabile, le fatiche della mattinata sono ripagate in questo momento, a nord l'Emilia e il Reggiano, da dove si scorge la pietra Bismantova e la pianura Padana che si perde a vista d'occhio, a sud-est il profilo tagliente delle Alpi Apuane, ad ovest il maestoso monte Cimone con i suoi 2165 m di solitudine.

sentiero sul crinale
Si scattano foto, si fanno considerazioni sui luoghi, qualche battuta e tanta soddisfazione per la dura prova superata giusto pochi attimi prima, ora archiviato anche questo momento è giunto il tempo di scendere, ma anche la discesa riserva qualche insidia, si imbocca infatti una mulattiera d'alta montagna, il fondo è sconnesso, pietre che affiorano ora lisce ora appuntite, brecciolino incoerente, pozze d'acqua e fango, rettilinei veloci e curve a gomito, ingredienti che consigliano attenzione ed occhi bene aperti, ad ogni modo tutto fila liscio e cosi che arriviamo al Casone di Profecchia, dove una lunghissima pausa di rifocillamento consente a tutto il gruppo di staccare la spina prima del secondo tempo del film odierno; scendendo di altitudine l'aria si fa più calda ed un sole che gioca a nascondersi dietro le nuvole invita comunque a distendersi su un muretto per far scorpacciata dei suoi raggi.
Il Casone di Profecchia

La pausa è finita, le opzioni del ritorno sono due, io e David L. decidiamo quella più rapida visto anche i tempi per rientrare a casa, il grosso del gruppo si ributta nel bosco, con noi in questo lungo viaggio di ritorno ci sono il Presidente degli Amici Per La Bici e Cecco, storico componente del gruppo, la loro compagnia è preziosa sia a livello mentale che pratico; i primi 15 km di strada da affrontare sono tutti in discesa, scorrevoli e panoramici sulle valli adiacenti, purtroppo pochi chilometri dopo siamo obbligati a rinunciare alla compagnia di Cecco che in una sfortunata manovra per evitare un auto, cade ed è costretto a farsi soccorrere dall'ammiraglia al seguito della spedizione, nel rammarico di aver perso la sua gradita compagnia in questo giro, gli auguriamo una rapida guarigione!! Per noi invece l'Odissea continua, attraversiamo Castiglione Garfagnana prima e Castelnuovo Garfagnana poi; nella strada di fondo valle il caldo si fa asfissiante, l'ora è tarda e il pensiero di dover coprire, giunti a Barga, ulteriori 9 km di distanza e 800 m di salita sotto il sole per raggiungere il parcheggio di Renaio, lanciano un'ombra sinistra sul finale di questo già impegnativo giro, che a Barga appunto conta già 67 km e 1280 m di salita! Fortuna che il buon cuore del Presidente ci viene incontro offrendomi un passaggio in auto fino a Renaio, in compagnia del suocero che si dimostra oltremodo gentile e prodigo di interessanti notizie sulle genti garfagnine.

Scampato il pericolo insolazione o quello di tornare a casa a mezzanotte, io e David L. una volta caricate le mountain bike in auto abbiamo ringraziato il Presidente e tutta la sua famiglia per la loro disponibilità, dopo gli ultimi saluti ci siamo incamminati, esausti ma indubbiamente soddisfatti della lunga giornata appena trascorsa, lungo la via di casa.
Panorama da Barga
Il monte Cimone
verso il San Pellegrino in Alpe

Giovarello
potrete visionare altre foto dell'escursione sul sito gemellato degli Amici per la bici alla pagina:
http://www.amiciperlabici.it/2013/07/sul-crinale-tosco-emiliano-in-mtb-un-paradiso-a-1706-mt-1-parte/

sabato 4 maggio 2013

L'INCONTRO COL FRANCESE

di Fabio Cappelli


San Miniato 4 maggio 2013
Circa due chilometri prima mi aveva sorpassato, “ottimo” ho pensato io in quel momento! Mi metto alla sua ruota e mi faccio tirare, poi dopo un iniziale assenza di dialogo egli rompe il ghiaccio, “dove vai?” mi sento dire, “ma non lo so, sto improvvisando” rispondo io, e mentre dico questo lo affianco in modo da poter vedere meglio la sua faccia, lo guardo, sicuramente lo conosco, ma nell'immediato non realizzo dove, ci penso un secondo su e quando capisco chi è, lo stupore è ancor più grande, gli chiedo “ma tu sei il Francese?” con un'espressione di uno che è stato preso in contropiede risponde “Si!”.
L'arcano è presto svelato, trattasi di Patrice detto appunto il Francese, del gruppo fiorentino Amici Per La Bici con cui questo blog è gemellato; ma che ci fa lui qui? Si insomma lui è di Firenze città e direi che nelle Terre di Mezzo è decisamente fuori zona! Ora anch'egli mi ha riconosciuto, in altri tempi infatti col loro Presidente Lorenzo,avevamo pianificato un giro lungo e panoramico dalle mie parti, e lui vi aveva preso parte con tutto lo spirito agonistico che lo contraddistingue! Inizia così un dialogo e mi spiega che è partito da Firenze per fare un giro tutto in pianura a causa di un infortunio patito a un ginocchio e che quindi ha preferito fare molti chilometri evitando però le salite, con l'occasione è passato a salutare Caruso di Ponte a Egola, noto e abile verniciatore di telai per biciclette; insomma si è sparato novanta chilometri di strada nelle gambe in lieta solitudine; già! Ma perché solo? E il resto del gruppo dov'è?
Il resto del gruppo è a fare pubbliche relazioni oltr'Alpe! Ma che dico?! Oltre Pirenei, una delegazione guidata dall'inesauribile Full Carbon (ovvero il Presidente), è partita infatti, con armi, bagagli e... un completo da ciclista speciale a seguito, da consegnare ad un fan del gruppo che vive a Barcellona e che avendo visionato il loro blog non ha voluto rinunciare ad indossare i colori di questa importante realtà ciclistica nata e cresciuta all'ombra della cupola del Brunelleschi!
Giunti a Montelupo Fiorentino le strade fra me e Patrice si dividono, ma prima di salutarci, approfittando della disponibilità di una coppia di mezz'età per farci scattare una foto ricordo.
“Vai Patrice, pedala pedala che di chilometri ne hai ancora tanti prima di casa, e non scordare di salutare gli Amici Per La Bici”. 
E mentre scrivo queste cose sulla televisione passano già le prime immagine della corsa a tappe più bella del mondo:

IL GIRO D'ITALIA


martedì 30 aprile 2013

LE TECNICHE D'ORO DELLA MOUNTAIN BIKE: SURPLACE, IMPENNATA E BUNNY HOP




 
scritto da Fabio Cappelli

PREMESSA

molti biker's come del resto il sottoscritto iniziano ad andare con una certa costanza in mountain bike quando non si è più bambini, quando cioè il germe dell'incoscienza ha lasciato pian piano spazio ad una più obiettiva e ponderata valutazione dei rischi a cui ci si espone praticando questo tipo di sport; è indubbio infatti che un fondamentale numero di automatismi, tecniche e modalità con il quale si deve imparare a padroneggiare questo mezzo, si apprendono, o perlomeno sarebbe auspicabile apprenderle in un'età dove il nostro corpo, e in particolar modo la nostra mente si dimostrano più recettivi nell'immagazzinare tutta una quantità di informazioni che diverranno un bagaglio permanente e inscindibile dell'individuo stesso.
Nella mountain bike la capacità di improvvisare, di adattarsi alle continue variabili ai quali sia il mezzo che l'individuo verranno sottoposti, diventa una discriminante fondamentale per far si che si possano affrontare con disinvoltura e con un ampio margine di sicurezza, percorsi caratterizzati da difficoltà tecniche che per altri risultano insormontabili.
Posso garantire per esperienza che l'allenamento paga, esso infatti e il miglior maestro anche quando non si inizia da bambini; imparare a conoscere i propri limiti, ascoltare i segnali che il fisico ci invia e cimentarsi di volta in volta in difficoltà tecniche progressive, fa fare al corpo, ma principalmente alla mente, un salto qualitativo importante, tuttavia talvolta non è sufficiente, poiché a parte il conservare in noi stessi quella sopracitata vena d'incoscienza che c'è l'hai o non c'è l'hai scritta nel tuo DNA, per il resto è tecnica acquisita in quel tempo della vita dove gli errori hanno un peso diverso.
Di seguito riporto alcune tecniche utili, anzi fondamentali per la pratica della mtb che, specie se acquisite in tenera età si dimostreranno preziose per la conduzione della bicicletta entro una amplissima varietà di situazioni nelle quali ci possiamo imbattere nel momento in cui decidiamo di intraprendere la “via del biker”.



IL SURPLACE

Apparentemente la tecnica del surplace può sembrare superflua non quando addirittura contraddittoria rispetto alle capacità tecniche che dovrebbero distinguere un biker, qualcuno infatti si potrà chiedere a cosa mai possa servire imparare a stare fermi e in equilibrio in sella ad una bicicletta, quando poi, proprio la bicicletta ha come scopo quello di farci spostare viaggiando, da un posto all'altro!
Nella realtà il surplace è nato proprio con la bicicletta, specie nelle gare su pista, questa particolare tecnica è parte integrante della competizione, gli atleti si sfidano in lunghissimi ed estenuanti testa a testa nell'attesa che uno dei due contendenti rompesse gli indugi e scattasse in maniera fulminea nella speranza di prendere di sorpresa l'avversario.
A prescindere dal fatto che esercitarsi nel surplace è propedeutico con qualsiasi tipo di bicicletta, nella mountain bike esso diviene addirittura fondamentale! La mountain bike infatti a causa dei tipi di tracciati che vengono affrontati, necessità di una notevole capacità di equilibrio, su salite sconnesse, caratterizzate da solchi, avvallamenti e terreno incoerente, che costringono il biker ad effettuare dei continui cambi di velocità , diventa utilissimo saper padroneggiare la bicicletta, non di meno la stessa cosa vale in discese tecniche, o di fronte ad imprevisti lungo il percorso.

Esecuzione del Surplace:

Il surplace si può eseguire sia stando seduti in sella che in piedi sui pedali, qualcuno sostiene che il surplace non serve esclusivamente per non mettere il piede in terra in corrispondenza di un semaforo rosso, l'affermazione mi trova d'accordo, però aggiungo, visto che rado si monta in bici proprio per imparare/migliorare questa tecnica, il semaforo rosso diventa un ottimo momento per far pratica, piuttosto che appoggiarsi ad un lampione o peggio ancora attraversare!
Per spiegare come si esegue il surplace si possono spendere mille parole più o meno esaustive, io dirò semplicemente che bisogna salire in bicicletta e cercare di stare in equilibrio (piedi sui pedali), stando il più fermi possibile per un tempo illimitato, e affidandosi il meno possibile all'aiuto dei freni.....facile no?!




IMPENNATA

La tecnica dell'impennata rientra a pieno titolo nell'ABC del vocabolario della mountain bike, non è infatti neppure immaginabile un approccio a questa disciplina senza conoscerne i rudimenti.
Attenzione! C'è da fare una netta distinzione fra un'impennata acrobatica, esibita per dar spettacolo e che naturalmente presuppone ottime capacità di equilibrio, preparazione, automazione del gesto, ed un'impennata al servizio del biker in funzione dell'utilità del momento, come può essere ad esempio lo scavalcamento di una radice affiorante dal terreno oppure l'attraversamento di un solco poco ampio oppure ancora di un gradino o una roccia; mi fermo qui, ma le casistiche sono infinite!
In questi casi, e quindi più sovente di quanto pensiamo, in maniera del tutto istintiva, di fronte a queste situazioni utilizziamo l'impennata! Ovviamente la sua esecuzione non lascia a bocca aperta nessuno per la meraviglia, ma ad ogni modo la base di quel gesto è già tutta li, altrettanto ovviamente un modo di interpretare l'impennata in termini così limitati ne svaluta la sua efficacia di fronte a ostacoli appena appena più minacciosi, esponendoci al facile, ma poco elegante rimedio, di mettere piede a terra, o peggio facendoci perdere l'equilibrio e cadere! Si dimostra quindi molto utile razionalizzare e fare nostro un movimento che già il nostro inconscio utilizza di base!
Ecco in sintesi i passaggi essenziali per svolgere un'impennata efficace, che con dedizione e perseveranza può portarci a compiere autentici giochi di funambolismo:
Gioco forza di questa tecnica è quella di trovare un punto di equilibrio sulla ruota posteriore della bicicletta, si procede eseguendo in simultaneamente due azioni distinte, 1) trazione del manubrio all'indietro con le braccia semiflesse e 2) una pressione col piede sul pedale più avanzato, conviene a tal proposito usare dei rapporti corti.
Una volta staccata di circa 30 cm da terra, si continua a pedalare mantenendo questa posizione, e se ci accorgiamo che la bicicletta inizia ad impennarsi troppo si agisce con tempismo e leggerezza sulla leva del freno della ruota posteriore.
I più bravi riescono a stare in equilibrio un tempo “infinito”, anche con mezzi che per loro stessa natura mal si presterebbero a certe acrobazie, i video qui riportati chiariranno meglio quel che dico!




BUNNY HOP

Il bunny hop, ovvero, letteralmente tradotto "il salto del coniglio", è un singolare tipo di tecnica utilizzata nella mountain bike il cui nome ci da un'idea abbastanza precisa in merito alla sua esecuzione e che ha come scopo quello di saltare anche in corsa, degli ostacoli altrimenti insormontabili. 
Quando si parla di ostacoli insormontabili si possono intendere grossi rami caduti, fosse, manufatti artificiali, pietroni e più in genere tutti quegli ostacoli che non consentono un loro attraversamento con la classica impennata, limitandosi poi a “trascinare” la ruota posteriore sull'ostacolo; no! In questo caso la natura dell'ostacolo, vuoi per la sua eccessiva sporgenza dal terreno, o per la sua ampiezza, non renderebbero sufficiente una semplice impennata, essa non garantirebbe infatti uno scavalcamento agevole e sicuro, con il conseguente rischio di un arresto improvviso e pericoloso della marcia; è proprio in queste circostanze che può tornare utile il bunny hop! 
Niente paura!! Se è vero infatti che la tecnica del bunny hop risulta di non facile apprendimento, nella normalità delle escursioni fra amici è pressoché inutilizzata poiché non indispensabile a causa del tono semiserio che queste uscite intendono avere, essa infatti è indirizzata più che altro ai campioncini in erba, che fin dalla tenera età vengono avviati a tutte le sfaccettature delle ruote grasse, più raramente diventa oggetto di studio da parte di atleti più adulti che lo fanno semmai per una normale propensione ad apprendere tecniche via via sempre più evolute. Ben inteso, tanto per non essere fraintesi, il bunny hop non è una finezza o uno sfizio fine a se stesso, utile per strappare qualche l'applauso dei presenti! Esso entra a pieno titolo del protocollo dei corsi dei svolti dai maestri di mountain bike, che devono trasmetterlo in maniera ottimali alle nuove leve, e chiunque e ad ogni età dovrebbe quanto meno capirne i rudimenti.
Ma veniamo alla sua esecuzione:


La tecnica del bunny hop si sviluppa in 3 fasi distinte:
  1. Salto: una volta individuato l'ostacolo, il corpo si rannicchia leggermente verso il basso, giunti a pochi centimetri dall'ostacolo solleviamo con un azione rapida il manubrio tirandolo a noi e mantenendo le braccia tese, spostando il peso all'indietro, facendo alzare così la ruota anteriore.
  2. Volo: La parte del volo è, con ogni probabilità il segmento più difficile nell'esecuzione del bunny hop. Il corpo dovrebbe distendersi in avanti e con un'operazione sincronizzata e fulminea dovremmo spingere sui pedali per far si che la ruota posteriore si stacchi, così come l'anteriore, anch'essa da terra.

  1. Atterraggio: la linea di pensiero relativa a come si dovrebbe atterrare nel bunny hop non è univoca, chi sostiene con la ruota posteriore, chi con l'anteriore e c'è chi in ultimo sostiene di privilegiare un contatto del suolo con ambedue le ruote contemporaneamente.
    Molte sono, a mio modesto parere, le variabili che incidono sulla scelta di ognuna di queste versioni d'atterraggio, es: il tipo di ostacolo, la velocità, la natura del terreno, la padronanza della tecnica etc... il consiglio è di trovare la soluzione più congeniale a noi stessi con un sistematico allenamento e ricordate è che solamente giunti con esito positivo in questo segmento del bunny hop che potrete dire che l'esercizio è stato ben svolto, diversamente è probabile che assaggerete la nuda terra.

domenica 10 marzo 2013

UN COLPO DA KO

Sono riconoscente nei confronti di tutti i miei amici di bicicletta vecchi e nuovi che, venuti a conoscenza dello spiacevole inconveniente accadutomi nel pomeriggio di sabato 9 marzo, non mi hanno fatto mancare la loro solidarietà.

Ancora grazie                                                                                 Fabio