domenica 30 gennaio 2011

CASTELVECCHIO: LA CITTA' PERDUTA

di Fabio Cappelli

la prima parte del sentiero
La Toscana come sappiamo è una regione che ha conosciuto sul suo territorio l'avvicendarsi di molte civiltà ed epoche storiche, dal remoto passato etrusco per passare al dominio romano e ancora il Medioevo, il Rinascimento e così fino ad arrivare all'epoca contemporanea.
Ogni epoca ha regalato ai cittadini del XXI secolo un patrimonio dal valore inestimabile del quale troppo spesso si è portati a dimenticare, gioelli di arte urbanistica e archiettonica che sono il risultato del genio dei nostri predecessori, della loro necessità di trovare un'armonia con un'ambiente che già porta con se un valore intrinseco immenso e che dall'ambiente hanno ricavato le materie prime semplici e durevoli per costruire grandi città, castelli, borghi e insediamenti che sono giunti fino a noi.
il mastio
Ci sono città che a fasi alterne hanno conosciuto periodi fiorenti ed altri di decadenza, borghi un tempo al centro di una vivace attività commerciale, che col cambiare dei baricentri dell' economia  hanno conosciuto un progressivo calo demografico,  mentre al contrario villaggi semi-disabitati, hanno ritrovato, in sintonia anche con le recenti tendenze di un ritorno al vivere slow una nuova vitalità!
La città di cui però vi voglio parlare non rientra in nessuna di queste categorie, questa città è ormai tornata a far parte della natura, inghiottita da essa ormai da lungo tempo, una città che ha conosciuto intorno al 1200 un periodo di splendore e che ora è solo un insieme di rovine in balìa degli elementi, vi voglio parlare della città perduta di Castelvecchio.
Quando mi ci hanno portato per la prima volta, nel momento esatto in cui, alla fine di un sentiero sconnesso nel folto della selva mi sono trovato davanti agli occhi una torre che svettava da una mare di verde sono rimasto meravigliato, una meraviglia dettata dal fatto che semplicemente non te l'aspetti!
La prima sensazione che pervade l'osservatore è lo stupore, non di rado infatti, per chi ama fare lunghe passeggiate in mezzo alla natura capita di imbattersi in ruderi di vecchie fortificazioni medievali, di pievi isolate, o di qualche avamposto d'avvistamento, ma Castelvecchio no, qui c'è molto di più, scendendo dal sentiero per poi risalire lungo lo sperone roccioso che ospita  il mastio, si offre infatti al visitatore la vista di un'autentica città perduta, una Angkor in piccolo nelle foreste di casa nostra!
La chiesa
Posta attualmente entro i confini del Comune di San Gimignano, Castelvecchio è stata in epoche passate contesa dalla stessa San Gimignano e dalla vicina Volterra, aspre battaglie combattute dalle due potenze rivali fecero scivolare a più riprese entro in confini dell'una o dell'altra parte la città fortificata che per un breve periodo provò anche a ergersi al ruolo di libero comune, tuttavia troppo debole per garantirne una duratura indipendenza schiacciata com'era dalle mire egemoniche di vicine tanto ingombranti, in breve, alla fine del 1300 entrando sotto la definitiva sfera d'influenza di San Gimignano, Castelvecchio, ormai non più caposaldo strategico, impoverita dai precedenti saccheggi e decimata la sua popolazione dalla peste nera, conobbe un rapido declino, al punto tale che le cronache ci riportano che dalla fine del 1600, quello che un tempo fu il grande castello ormai era solo un villaggio che la natura, unica vera vincitrice, stava riprendendo a se.
Cisterna per l'acqua
Oggi, come ho avuto modo di anticipare, Castelvecchio è una città perduta, invisibile ai più, se non addentrandosi per quache chilometro a piedi nella macchia selvaggia e lussureggiante, una volta arrivati potrete osservare i resti di un villaggio che la civiltà contemporanea ha purtroppo smarrito, un luogo surreale al cui passaggio sembra ancora di sentire l'eco delle voci e  dei rumori delle persone che vi hanno abitato, girovagando per i ruderi si può volare con la fantasia provando a immaginare quale fosse la vita di chi vi risiedeva più di 600 anni fa!
Ora come allora, le case, ormai crollate, erano lo spazio quotidiano entro il quale si svolgeva l'attività delle famiglie, al suo interno avremmo visto bambini e adulti che animavano  l'intimità del focolare, mentre affacciandosi per le strade prendeva vita ogni giorno il via vai dei cittadini che movimentavano la piazza, le botteghe, i luoghi di culto e gli edifici dedicati alla vita istituzionale, avremmo visto certamente mercanti e artigiani, maestranze impegnate nelle loro attività, guardie di presidio sulle mura di cinta, uomini di chiesa intenti a diffondere il Vangelo; ma tutto ciò, se mai corrispondesse anche alla realtà di quei tempi, prende forma solo nelle menti più fantasiose,  di fatto, di tutta questa vita decantata non resta nient'altro che la fredda pietra, rovinata su se stessa dopo secoli di silenzio e solitudine, interrotta sporadicamente dalle voci sommesse dei rari visitatori del luogo.
L'ultima considerazione ha un sapore amaro, dettato dalla constatazione che un sito archeologico di così alto valore culturale e storico conosca ancora ai giorni nostri il quasi totale abbandono da parte di tutti quegli organi preposti a mantenere, sorvegliare e valorizzare un luogo che è testimone diretto del nostro passato, confidando in un rapido cambio di rotta prima che anche le ultime tracce vadano perdute per sempre, invito chiunque a dedicare un ritaglio del proprio tempo per andare a vedere le rovine di Castelvecchio! 



sabato 15 gennaio 2011

IL DELITTO DEL CORPUS DOMINI

 di Fabio Cappelli

Come direbbe lo scrittore Carlo Lucarelli, "...quella che vi sto per raccontare è una storia vera, una di quelle storie che mettono paura, una di quelle storie che fanno scendere un brivido freddo lungo la schiena, questa è la storia del delitto del Corpus Domini...".
E' una storiaccia di cronaca nera ormai persa fra i ricordi di una Italia che non esiste più, a dispetto del suo nome che potrebbe rievocare qualche assassinio perpetrato nelle misteriose stanze di una sagrestia ai danni di qualche prelato, questa storia invece parla di un intreccio di amore, gelosia, orrore e bellezza! 
Ma veniamo ai fatti, questa più che la storia del delitto del Corpus Domini, è in primo luogo la storia della bella Elvira, al secolo Elvira Orlandini, una ragazza poco più che ventenne che abitava a Toiano, un isolato e tranquillo borgo d'origine medievale sperduto fra le ondulate colline della campagna fra Palaia e Volterra, circondato in alcuni punti anche da una folta selva, questa è la storia di un delitto appunto, non è una storia romanzata ma un vero fatto di sangue che riempì  all'epoca pagine di giornali, e accese, come sempre accade in questi casi, le morbose esigenze della gente di costruire ipotesi di dietrologismo che oggi come allora accompagnano fatti tanto gravi quanto coperti da un alone di mistero impenetrabile.
Le fonti raccontano che Elvira in quella mattina di un ormai lontanissimo 5 giugno del 1947,  giorno di festività per la ricorrenza del Corpus Domini, si recò ad una fonte d'acqua poco distante da casa sua per riempire delle brocche in una località della quale già il nome evoca delle atmosfere cupe, "il botro della lupa".
Da questo momento in poi il tempo sembra fermarsi, e quando ricomincerà a scorrere lo scempio si è ormai consumato, infatti solo qualche ora dopo che la giovane si era allontanata di casa, i parenti ormai ragionevolmente preoccupati nel non vederla rincasare, decisero di addentrarsi nel fitto della macchia facendone di li a poco la terribile scoperta, Elvira infatti ormai esanime, fu ritrovata in una pozza di sangue e con un profondo fendente alla gola ben assestato da una mano assassina.
Elvira Orlandini
Successivamente a tale evento, che sconvolse profondamente una comunità fatta di persone semplici, si scatenò un'autentica caccia all'uomo, ci furono anche indagini su persone molto vicine alla giovane, si parlò di un amore non corrisposto da parte di qualche uomo della zona che aveva in questo modo deciso di vendicare il rifiuto da parte della ragazza, si parlò di gelosia da parte del fidanzato che con un gesto tanto orrendo avrebbe, almeno nei suoi distorti pensieri, tenuto per sempre con se l'amata donna;  la cronaca nera di allora riempì pagine di giornali, perchè in quell'Italia appena uscita dalla catastrofe della guerra andava bene ogni argomento che facesse evadere la mente dalle ferite ancora fresche delle distruzioni morali e materiali che la popolozione, allora prevalentemente di estrazione contadina, aveva dovuto subire negli anni del conflitto, e così anche la storia di un delitto tanto efferato come quello di Elvira Orlandini poteva paradossalmente servire a far ritornare  lentamente le persone ad una sorta di "normalità".
In seguito, passato il momento comprensibilmente più emotivo, non rimaneva che scoprire la nuda verità, ma col trascorrere dei mesi tutto il ventaglio di ipotesi formulate in maniera più o meno razionale non condussero a niente di certo, la ricerca del colpevole divenne sempre più difficile, fino a sprofondare nella palude dei tanti processi conclusi senza una verità definitiva.
Col tempo quella storia che aveva destato tanto scalpore, che era stata presa a spunto anche da romanzieri e registi per scrivere pagine letterarie e cinematografiche, divenne sempre meno interessante, i giornali trovarono sicuramente qualcosa di più intrigante da portare a gli "onori" della cronaca e alla fine, così come fu per il borgo stesso di Toiano, decadente e ricoperto dai rovi, anche la storia di Elvira scivolò nell'oblio, viva solo nella memoria dei parenti e dei compaesani testimoni diretti di quei tragici avvenimenti.
Sul luogo del misfatto, a ricordo di quella giovane donna prematuramente strappata alla vita fu eretto un cippo commemorativo dove ancora oggi qualcuno passa a deporre un fiore, l'iscrizione su di esso riporta le seguenti parole:

QUI
IL 5 GIUGNO 1947
GIORNO SACRO AL SIGNORE
CADDE
ELVIRA ORLANDINI 
DI ANTONIO
DI ANNI 22
BARBARAMENTE UCCISA
DA MANO ASSASSINA

mercoledì 5 gennaio 2011

PASSEGGIATA D'INIZIO ANNO ALLE LEGGENDARIE FONTI DI PANCOLE

di Fabio Cappelli

LA SCALA - SABATO 1 GENNAIO 2011 

La prima giornata dell'anno si è aperta in un' atmosfera sonnacchiosa, conseguenza delle ore piccole della notte appena trascorsa.
Esattamente 12 ore dopo da quando si erano salutati in direzione letto, si sono ritrovati alle 14:30 per iniziare la camminata post-cenone di Capodanno, tanto per abbattere le calorie di troppo, notte tempo assimilate!.
I protagonisti: Io, Francesca, Leonardo, Oana, Linda e Leone (cane fifone), destinazione le misteriose Fonti di Pancole.
il Parterre sulla sinistra
Prendendo spunto da un articolo apparso su di un blog amico, i nostri argonauti hanno obbligatoriamente dovuto calzare stivali in gomma perfettamente impermeabili,  questo per due ottimi motivi, 1° le incessanti piogge dei giorni scorsi hanno reso i campi  dei pantani, 2° motivo è che per poter compiere la visita del sito si deve entrare e sostare in un ambiente con uno strato d'acqua sul pavimento che in alcuni punti può avere un'altezza di 10cm!
Dall'abitato di La Scala, ci siamo diretti in località le Fonti, che se anche non sono le Fonti di Pancole, dal nome sembrano comunque promettere bene!!!
Passando davanti allo stabilimento della Generosa, un tempo adibito all'imbottigliamento delle acque (che ivi sgorgavano e tutt'ora sgorgano purissime) e che ormai da molti anni è in uno stato di abbandono, abbiamo proseguito verso il trivio le cui strade conducono in ordine da sinistra a destra a la chiesa di S.Pietro alle Fonti, casa Mori, chiesa di S.Lorenzo a Nocicchio, e siccome la verità come dicevano gli antichi romani sta nel mezzo, l'allegra comitiva ha imboccato la via centrale, iniziando un percorso sterrato in leggera salita.
In questo primo tratto, in prossimità di un gruppo di case sulla sinistra, sono state anche notate delle fondamenta su cui poggiano le abitazioni, caratterizzate da arcate in laterizio di manifattura antica, tanto pregiovoli quanto sconosciute nella loro origine.
Tirando innanzi, finalmente siamo in prossimità di casa Mori, qui la strada principale (sterrata ma ben battuta), svolta a 90° verso sinistra, ma va ignorata, infatti il tratto d'interesse del gruppo è in direzione opposta, con una salita che inizia a perdersi nel verde dell'erba dei campi e fra le toppe di fango che qua e la affiorano, talvolta rendendo poco agevole il cammino!
Fonti di Pancole - ingresso
Infine le Fonti di Pancole, una struttura in mattoni, visibilimente antica, in buona parte coperta da vegetazione e in uno stato, a mio dire, di colpevole abbandono vista l'importanza storica del manufatto, che taluni fanno risalire addirittura ad epoca etrusca!
Arrampicandoci per una viscida rampa di terra intrisa d'acqua e dall'acqua percorsa, entriamo; posiamo lo sguardo un pò ovunque per beneficiare della vista di un ambiente fuori dal tempo.
Ah! se i mattoni avessero voce!!
Fonti di Pancole - cisterna
Chissà quanta vita è passata la dentro, quante generazioni hanno attinto a quella fonte per dissetare anime e gole!
Fonti di Pancole - volta a crociera
Ad ogni modo, le indicazioni di portare un buon paio di stivali in gomma erano più che giustificate, il fondo del primo ambiente in cui entriamo, è uno scorrere incessante d'acqua limpida che ci sommerge fino ai piedi, di fronte un piccolo anfratto da cui l'acqua sgorga copioso, in pratica si tratta della fonte vera e propria, che ancora oggi dopo tanti secoli è viva e zampillante; in terra, una serie di motori elettrici in disuso, residuati d'un tempo non lontano, usati per incanalare il prezioso liquido, sulla destra una cisterna dalla profondità stimabile in 2,5 ml, colma ,di un bel colore azzurro, il soffitto è fatto a volte dal quale pendono piccole stalattiti calcaree!
Terminata questa affascinante quanto inusuale visita ad un luogo ricco di tanto fascino, proseguimo tra erba e fango verso un altro luogo che sembra sospeso in un limbo, il Parterre, per qualcuno di noi un ritorno sul luogo del delitto, vecchia conoscenza di scampagnate e merende in età adoloscenziali, un'isola di verde circondata da campi coltivati, uno di quegli strani luoghi che sembrano far convergere a se delle linee di energia, sostiamo qualche minuto, il tempo di far riemergere qualche ricordo legato al posto e poi di nuovo in cammino, oltre il giro di boa, direzione casa.
Il ritorno vede una variante al percorso, che anzichè ricalcare a ritroso la via dell'andata fa una deviazione a la Villa, luogo anch'esso legato all'infanzia di molti scalesi, questo poderoso edificio che domina la valle sottostante racchiude in se chissà quali segreti!
Ci passiamo davanti, lo costeggiamo rispolverando qualche aneddoto legato ai suoi inquilini  più famosi e proseguiamo giù, per quello che un tempo era conosciuto come il campo del Circolo, infatti qui fino a pochi anni fa erano organizzate le feste de l'unità e le feste d'estate che vedevano riunita molta della popolazione scalese, ora tutto ciò è passato alla storia, di quei terreni non rimane niente se non la memoria, quello spazio è stato occupato da nuovi edifici e nuovi abitanti.
Chiesa di S.Pietro alle Fonti
Continuiamo con incedere deciso verso il sottobosco, altro luogo dei ricordi, all'ombra del campanile di San Pietro infatti si sono consumate battaglie fra clan di giovani scalesi a colpi di fionde e nuvoloni di polvere, tra fortini improvvisati e gallerie nella terra, scavate da chissà chi! L'ultimo sforzo per le gambe, vede l'ascesa verso la chiesa da dove possiamo godere di una visuale completa del paese e che di fatto mette fine alla nostra passeggiata, sotto un cielo increspato di nuvole e dai toni arancioni dell'ormai prossimo tramonto.



venerdì 31 dicembre 2010

....A PROPOSITO DI SMARTARC

di Fabio Cappelli

E' circostanza recente la mia partecipazione ad una escursione con Smartarc, per chi non fosse a conoscenza di cosa sia Smartarc e di conseguenza non sapesse di cosa stia parlando, è invitato a visionare il blog al quale è possibile accedere dai link del mio(blog), ciò premesso vorrei tornare alla escursione guidata in località Moriolo, alla ricerca del leggendario castello che ivi era stato eretto a guardia e difesa dei confini di San Miniato.
Il punto di partenza è stato in corrispondenza della chiesa di Moriolo dove ci ha accolti il parroco, Don Luciano, il quale si è di buon grado unito alla nostra compagnia per recarci appunto alla ricerca di ciò che  restava di questa fortificazione medievale.
Il gruppo nel complesso ha contato 8 partecipanti; queste escursioni vale la pena sottolineare, non hanno un tono accademico, e seppure si prefiggano lo scopo di divulgare conoscenza e cultura del nostro territorio, non tendono a divenire lezioni noiose e sterili, bensì ricognizioni sui luoghi d'interesse, aperti a chiunque, e a titolo gratuito
Giunti in corrispondenza di un edificio non troppo distante dalla chiesa, sono stati letti dei passi, tratti da documentazione storica atti ad avvalorare l'autenticità del sito, sono state distribuite anche copie di antichi stradari riportanti la viabilità e i nuclei abitati dell'epoca, a tutto ciò ha corrisposto un riscontro tangibile relativo alla struttura che ha messo in evidenza quelle che sono con ogni probabilità le uniche parti ancora in piedi del castello.
L'edificio, oggi proprietà privata e in fase di ristrutturazione, mostra una porzione con mattoni fortemente usurati che ne dovrebbero garantire un'origine medievale, in particolare salta all'occhio un contrafforte posto in un angolo del probabile maniero, a tal proposito questo elemento architettonico potrebbe indicare una struttura a torre, forse una rocca, e non un vero castello così come vuole l'immaginario colletivo, verosimilmente una guarnigione di soldati con preminente funzione d'avvistamento in prossimità del passo di Moriolo.
La visita è poi proseguita all'interno della struttura, scendendo in un piano seminterrato, caratterizzato da pareti in pietra e mattoni e da bellissime volte a soffitto, in particolare  mi sono soffermato a guardare quella che apparentemente sembrava una normale porta di accesso verso un piano di livello inferiore e che in realtà si è dimostrato poi essere un pozzo, il che nella logica militare del tempo, caratterizzata anche da lunghi assedi, era un' indispensabile fonte di autonomia, che permetteva agli assediati di asserragliarsi dentro le mura in attesa dell'interevento di forze amiche.
Salendo ai piani superiori abbiamo potuto vedere ed apprezzare l'importante attività di recupero, attuando per quanto possibile, una fedele opera di conservazione.
Fra una spiegazione e l'altra, un commento e una domanda, questa mattinata gelida di fine novembre e volata via velocemente, non prima però di aver visitato la chiesa e la cononica di San Germano a Moriolo. 
A quanto fin'ora scritto, aggiungo un doveroso ringraziamento all'organizzazione di Smartarc e al suo fondare Francesco, che con dovizia di particolari e qualità d'indagine fuori dal comune ci ha regalato dei flash di storia, un grazie anche a tutti gli altri partecipanti Alessio, Don Luciano, Massimo, Meri, Rita e la piccola Matilde.

domenica 26 dicembre 2010

IL TRIO DELLE MERAVIGLIE SUL SELLA RONDA

di Fabio Cappelli

Campitello di Fassa - 23-27 giugno 2010 - La 4 giorni tridentina, che ha conosciuto la sua degna apoteosi nel Sella Ronda bike day, ha visto sullo scenario impareggiabile delle vette dolomitiche un trio di assoluta eccezione! Dimitri, Michele e il sottoscritto, esibendoci in una full immersion ciclistica dando sfoggio di capacità atletiche inusitate.
E' iniziata con l'arrivo in loco, scarico dei bagagli e presa di possesso delle camere presso l'albergo Enrosadira, che si è dimostrato all'altezza delle aspettative con camere ben ordinate, colazioni e cene commisurate alle tante fatiche, e personale cortese e pronto ad assecondare le nostre richieste.
La prima giornata e volata via in attesa dell'indomani, e il domani è arrivato! Sveglia presto, ma non troppo, un'adeguata colazione, un'ultima verifica a pneumatici e catene e via in sella! Con un pò di spirito d'improvvisazione ci siamo avviati verso il primo passo dolomitico, il Fedaia, obiettivamente abituati alla pressione atmosferica di casa nostra l'arrivo all'ombra della Marmolada si è dimostrato più affannoso del previsto, ma è stato sufficiente dare tempo al tempo per il giusto adattamento all'alta quota e tutto è filato via bene.
il trio delle meraviglie sul p.so Fedaia
Il giro è proseguito con la ripida discesa verso Malga Ciapela, da li ,dopo pochi chilometri, in località Rocca Pietore abbiamo virato per Livinallongo del Col di Lana e successivamente proseguito in direzione Arabba per trovarsi ai piedi del passo Pordoi, un nome che mette soggezione e rispetto per essere stato il teatro di innumerevoli sfide ciclistiche fra campioni che hanno fatto grande questo sport. 
Tra un colpo di pedale e l'altro anche il Pordoi è stato portato a termine e con esso il primo giro di ricognizione/avvicinamento all'importante evento di domenica 27.
In albergo, la sera, abbiamo pianificato l'itinerario del giorno dopo, e complice un gestore del medesimo, abbiamo incautamente accettato la sua proposta che prevedeva l'itinerario Campitello-P.so Costalunga-P.so Lavazè-Campitello, un percorso ignoto a tutti noi, sulla carta non presentava partocolari difficoltà e dopo qualche titubanza abbiamo deciso di accettare il guanto di sfida, gran bell'azzardo! Intendiamoci, il giro paesaggisticamente parlando, così come tutti quelli affrontati prima e dopo si è dimostrato bellissimo, ma sul fisico ha lasciato il segno, un'autentica odissea verso l'ignoto, un tragitto affrontato all'insegna del "chissà che troveremo!" di certo tanta salita, dapprima quella per scollinare il P.so di Costalunga, confine  tra Trentino e Alto Adige, poi dopo una breve sosta a rimirar le acque turchesi del lago di Carezza, abbiamo puntato veloci nella valle sottostante con una discesa interminabile, giunti all'altezza di Nova Ponente, abbiamo  svoltato per il P.so del Lavazè, da noi ribattezzato del Vuvuzela, ma no in onore delle terribili trombette che proprio in quei giorni risuonavano negli stadi sud africani, ma per via degli incredibili sciami di mosche che come le trombette ci hanno ronzato nelle orecchie fino in cima ai 1808 m s.l.m. del passo.
Vale la pena sottolineare che il P.so di Lavazè affrontato da Nova Ponente presenta una lunghezza di ca.12 km per una pendenza media del 7,7% che mette a dura prova gambe e testa, di bello c'è che è un tratto di strada poco trafficato e quindi libero da tubi di scappamento, ma per il resto, tra il sole, la fatica già accumulata, l'incertezza dei chilometri che ancora ci attendevano ha fatto assistere a scene di ordinaria follia, come la faccia da psyco di Michele che credevamo di aver già perso a metà salita!
Giunti allo scollinamento abbiamo preso per la discesa, una picchiata assai più irta rispetto alla parte atesina, da qui siamo passati per il piccolo abitato di Stava, frazione del comune di Tesero e per il quale vale la pena spendere due parole in memoria delle vittime di una delle più gravi catastrofi causate dall'uomo che nel 1985 causò un'immane distruzione e la morte di 285 persone, un tragedia evitabile della quale si è parlato poco e che sarrebbe giusto invece trasmettere alle future generazione a perenne monito di cosa possa provocare l'incuria umana.
Chiusa la triste parentesi della Val di Stava, il giro è proseguito all'insegna dello sfinimento fisico per i tanti km ormai sul groppone e per i molti ancora da fare per ritornare a Campitello.
Vittima illustre di tanto faticare ne è stato Dimitri, che attanagliato da una tremenda crisi di fame ha superato se stesso dovendo attingere a ogni risorsa energetica rimasta per tornare all'albergo; in breve il giro è proseguito per una parte della val di Fiemme e praticamente tutta la val di Fassa, un costante falso piano che sembrava non dovesse avere mai fine.
Con questo sforzo sovrumano si è chiuso anche il secondo giorno, con la certezza che quello successivo sarebbe stato caratterizzato dal riposo assoluto in vista del Sella Ronda e infatti così è stato! 
La mattina del terzo giorno è iniziata con la passeggiata in scioltezza nella val Duron, fra l'altro in quel giorno campo di gara della Sella Ronda Hero, una massacrante gara di mountain bike su distanze e dislivelli pazzeschi, e poi proseguita con una puntata a Canazei e da li in auto su per i tornanti del Sella, così, tanto per assaggio a ciò che ci sarebbe toccato da li a poche ore! Conclusa la giornata abbiamo preso confidenza col letto per l'ultima sera, quella che ci avrebbe portati dritti dritti sulle strade dei mitici 4 passi del Sella.
E' arrivò il Giorno, uno di quelli che entrano nella storia atletica di un individuo, quelle giornate di cui si parlerà ancora negli anni a venire, l'aria è frizzante, il sole splende già alto e il cielo è di un azzurro terso, le bici vengono portate fuori per l'ultima volta dal loro deposito, una controllata veloce e poi si parte, direzione Canazei, da li il traffico stradale è stato interdetto dalle ore 8:30 è lo rimarrà fino alle 15:30, quando varchiamo le transenne che danno il via ufficiale all'impresa, sono già molti quelli che in sella a qualunque cosa che abbia 2 ruote (purchè spinte da trazione umana) si stanno arrampicando per i sinuosi curvoni dolomitici, la compagnìa è d'eccezione, uomini e donne, di ogni età di ogni estrazione sociale e in ogni stato di forma prendono confidenza con con le prime pedalate, la strada da fare è molta ma e molto anche l'entusiasmo che ci accompagna, un carosello di colori, di dialetti, di stravaganze portate a spasso con più o meno convinzione, consapevoli che non conta il risultato ma conta esserci, a godersi per una volta l'anno una serie di prospettive panoramiche che hanno fatto di quest'angolo d'Italia un autentico paradiso.
I 4 passi si sono susseguiti nel seguente ordine, Sella, Gardena, Campolongo e Pordoi, che complice una bellissima e temperata giornata di fine giugno, sono stati apprezzati nel migliore dei modi, con un ritmo ciclo turistico e con un' atmosfera tipica dei grandi eventi, vissuta in un clima di festa collettiva, con incontri anche d'eccezione come quando sul Sella prima e appena fuori Corvara poi, abbiamo avuto il piacere di incrociare il nostro cammino con quello del grande Gilberto Simoni, uno fra i molti personaggi illustri che con la propria presenza ha deciso di onorare questa variopinta girandola con il suo numero complessivo di partecipanti che ha dell'incredibile! Si parla infatti di circa 20000 presenze!!
Bè cosa aggiungere di più se non il mio personale ringraziamento ai miei compagni d'avventura, con l'auspicio che si possano ripetere in futuro repliche di tale levatura e di non perdersi ovviamente neppure sui circuiti di casa nostra.

domenica 19 dicembre 2010

E' nato

di Fabio Cappelli

Finalmente è nato!

Stanotte poco dopo le 24:00 ha emesso i sui primi vagiti il mio blog, timido e impaurito, impacciato e senza le idee troppo chiare si è affacciato a questa vita virtuale! Con l'auspicio che possa essere nel tempo motivo di orgoglio e di tante belle cose, il suo creatore, si congeda stanco per un parto così difficile e travagliato.

sabato 18 dicembre 2010

LORENZO VS FABIO

di Fabio Cappelli

Riporto di seguito un articolo inserito all'interno di un sito amico che consiglio a tutti di visionare, http://www.amiciperlabici.it/ con tanto di introduzione fatta dal presidente della società medesima, risale a fine agosto, ma visto che il mio blog è stato aperto molto più tardi, ho ritenuto comunque opportuno inserirlo adesso:

Ciao a tutti cari amici,
questa pausa estiva sta davvero finendo, ma per quanto mi riguarda ….. si chiude in bellezza.
Venerdi scorso, ottimo giro in bici di 100 km tra le le campagne del buon vino, del tartufo e dei funghi dietro la guida sicura di un nuovo acquisto per la nostra squadra…. Fabio. (un biker prestato alla bici su strada).
In qualita’ di Presidente, devo farmi davvero i complimenti per l’ottima e corposa campagna acquisti estiva, sforando ampiamente il tetto ingaggi (ben 8 nuovi acquisti e nessuna cessione) fronteggiando bene  situazioni di infortunii e ciclisti ancora non inseriti nel gruppo ma che li aspetto a braccia aperte con in mano la maglia  nonostante proposte di auto-radiazione.
foto pixTornando a Fabio, e al bellissimo giro in strade toscane a me sconosciute lascio alle sue parole la descrizione della bella giornata di sport e amicizia:
…..”Il giorno:
27 agosto 2010
i protagonisti:
Lorenzo AMICI PER LA BICI – GREVE’S BRIDGE
Fabio MTB 100% – SAN MINIATO
gli antefatti: ….. e quindi si erano persi di vista qualche mese prima per cause di forza maggiore, con la promessa di far si che quel minimo comun denominatore che è la bicicletta, li avrebbe fatti ritrovare presto o tardi spalla a spalla per chissà quali strade d’Italia.
Ci erano andati vicini già in occasione del Sella Ronda bike day tenutosi alla fine di giugno sullo sfondo di quel superlativo scenario naturale che sono le Dolomiti, ma in quell’occasione un problema di carattere logistico aveva impedito l’incontro dei due, che avevano dovuto accontentarsi di percorrere solo a distanza le stesse strade in compagnìa di una giostra variopinta di amici su e giù per i tornanti delle valli tridentine.
I fatti: Entrambi ci avevano sperato, entrambi ci stavano pensando da un po’, ma ogni volta subentrava un impedimento che faceva sfumare una salutare uscita in bici, pareva proprio, volendo scomodare riminiscenze di manzoniana memoria, che quell’incontro non s’avesse a fare, ne ora ne mai, il principale ostacolo ovviamente era la distanza, poi una coincidenza favorevole ha fatto sì che alla fine l’incontro ci sia stato, con tanti chilometri divorati sotto un sole cocente, immersi in un palcoscenico di prim’ordine, la sinuosa campagna toscana a cavallo fra le province di Firenze e Pisa.
la cronaca: il rendez-vous è stato fissato per le ore 9:00 all’incrocio semaforico sullo stradone che da Empoli porta a Montespertoli, dopo i consueti saluti ha preso il via ufficialmente il tour di questa calda e umida giornata di fine agosto, l’inizio è stato naturalmente tranquillo, fra una parola e l’altra i due hanno iniziato a scaldare le gambe, mentre i polmoni hanno preso confidenza con aria davvero pesante.
L’asfalto è scivolato sotto le ruote e così si sono ritrovati ben presto ai piedi della prima salitella di giornata, che conduce ad Ortimino, poi giù verso Castelfiorentino, dopo una sosta obbligata, causa passaggio a livello chiuso, hanno proseguito in direzione Gambassi, qui ad aspettarli la vera grande salita del giro, una lunga e interminabile striscia di catrame, esposto per gran parte al sole e con pendenze che nel tratto finale hanno oltrepassato il 10%.
E’ iniziata la lenta e affannosa ascesa verso il culmine del poggio di Gambassi, la calura ha reso il manto stradale un forno ribollente e qui non si ragiona in chilometri ma in metri, uno dietro l’altro, in esercizio di costante sopportazione, chissà cosa è passato nella mente dei due scalatori, sgomento? Rassegnazione? Chi puoi dirlo? Sono saliti, con un senso del dovere sono saliti! Son arrivati a Pillo, circa a mezza strada prima dalla vetta e hanno sfilato d’innanzi la bellissima pieve romantica già citata da Sigerico come sosta lungo la via Francigena, e ancora si sale, ora lo scenario cambia, sembra un breve tratto di un raccordo autostradale, i due sono piccoli su questa larga lingua d’asfalto, le pendenze non lasciano scampo, ombra!? Neppure a parlarne, ancora poche pedalate, chi in sella chi sui pedali, finalmente in cima! E seppure manchi ancora un bel po’ per la via del ritorno, vi è la consapevolezza di aver messo alle spalle il tratto sicuramente più ostico di tutto l’itinerario.
Il periplo a questi punti si snoda sulla direttrice che congiunge Gambassi a Montaione, lo scenario è quello tipico della campagna toscana, fra strade bianche punteggiate di cipressi, casolari in pietra sui crinali e tutto il fascino di una terra che racchiude in se tutte le epoche che si sono avvicendate nel corso della storia.
Ma torniamo alla cronaca, indubbiamente i muscoli ora sono caldi, la pelle trasuda da ogni poro fiumi di liquidi mischiati a sali minerali, e i nostri argonauti sono in procinto di entrare a Montaione, qui una piccola sosta tecnica e qualche minuto per osservare la bella vallata che si apre ai loro occhi dalla terrazza di paese, purtroppo la visibilità non è delle migliori, non di meno però lascia intravedere il magnifico orizzonte circostante.
Usciti da Montaione finalmente una lunga e ventilata discesa, arriva come una benedizione! Dopo tanto salire concede una tregua ai nostri intrepidi girovaghi, peccato che da questo punto di vista le discese non siano mai troppo lunghe!
Ma il viaggio prosegue e ai piedi della discesa hanno svoltato a destra diretti verso la frazione di Corazzano, primo avamposto della provincia di Pisa, fuori dall’abitato ad attenderli è un lungo rettifilo che giunti al termine del medesimo, il percorso svolta a sinistra, prosegue tutto pianeggiante fino ad attraversare la frazione del La Serra, e ancora a sinistra lungo un altro dirizzone che si ricollega con la provinciale che da Palaia porta a Montopoli, e proprio questo borgo sarà il successivo snodo che hanno attraversato i nostri ormai esausti protagonisti.
Altra salita fino al centro del paese e una sosta rifocillante sotto la torre della Maddalena per immettersi poi nel tratto più verdeggiante di tutto il tragitto, la macchia di Montebicchieri, un’area caratterizzata da una fitta vegetazione e da un tracciato distante dalle arterie trafficate non molto lontane da qui, eppure in quest’oasi di pace sembra che la vita scorra a un ritmo diverso, sembra quasi che qui la natura reclami per se un piccolo ritaglio di selvaggia bellezza, lasciando fuori i rumori delle vicine aree industrializzate, ma bando ai romanticismi, e tempo di riprendere la strada maestra, incontro alla ultima fatica di giornata, l’ascesa a San Miniato, il sole ora non da davvero tregua, ogni respiro è aria rovente che finisce dritta nei bronchi, e anche se si iniziano a intravederne la fine, il giro a questi punti sembra un’ odissea, e chi fa ciclismo sa di cosa parlo!!
foto sanminiatoComunque anche il castello Samminiatese è espugnato, dieci secoli di storia hanno accolto benevoli i due prodi viandanti sotto l’ombra della torre di Federico II, una sosta per ammirare i tratti caratteristici della cittadella e poi giù verso la valle per un ultimo mordi e fuggi culturale, gli scavi archeologici di San Genesio.
Ormai le gambe frullano per forza d’inerzia, son le ultime gloriose pedalate per ritornare laddove tutto era iniziato più di 4 ore prima, di certo stanchi, intrisi di sudore, con la mente offuscata, ma consapevoli di aver terminato un giro dai molti volti, e di aver onorato un appuntamento troppe volte rinviato, per concludere, volendo fare una sintesi anche di carattere numerico, alla fine il bilancio di questa uscita conterà, un totale di 83 chilometri (100 con i trasferimenti), un dislivello in salita di 1009 m, una velocità media di 20,9 km/h, un tempo complessivo di 3h 58′ 57” comprese le soste (ca. 4h 50′ includendo i trasferimenti), circa 3200 Kal bruciate.”
Grazie ancora Fabio e in bocca al lupo per tutto il resto…………..
a prestissimo Lorenzo.